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Giurisprudenza

Conflitto di interessi in caso di gestione di portafoglio: obblighi informativi ex art. 27 Reg. Consob n. 11522/98

11 Aprile 2012

Tribunale di Torino, 27 febbraio 2012

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza del 27 febbraio scorso, il Tribunale di Torino condanna l’intermediario al risarcimento del danno in favore dei clienti investitori per violazione delle regole di condotta dettate con riferimento alle ipotesi di conflitto di interessi in caso di gestione di portafoglio.

In particolare, nel caso di specie, i clienti investitori stipulavano per il tramite della loro banca un contratto di gestione patrimoniale di portafoglio di investimenti con altra società appartenente al medesimo gruppo.

I clienti convenivano in giudizio sia la banca che la società gestore.

Per quanto attiene la prima, il Tribunale rigetta le richieste dei clienti sul presupposto che il conflitto di interessi fosse stato ritualmente segnalato dalla banca con apposita dichiarazione rivolta agli stessi clienti con la quale si informava che “la richiesta attiene ad un’operazione nella quale abbiamo direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, dal momento che il servizio di gestione da noi collocato viene offerto da soggetto appartenente al nostro Gruppo e che ci vengono riconosciute commissioni a fronte degli investimenti dei sottoscrittori”. Gli attori, preso atto dell’informazione, dichiaravano e sottoscrivevano che “tuttavia acconsentiamo espressamente all’effettuazione dell’operazione”.

Diversamente, il Tribunale di Torino accoglie le domande di risoluzione contrattuale (e relativa restituzione delle somme investite) avanzata dagli attori nei confronti della società gestore ed avente ad oggetto il contratto di gestione di portafoglio.

Infatti, come evidenziato dal Tribunale, l’art. 27, comma 2, Reg. Consob n. 11522/98 (ratione temporis applicabile), in materia di conflitto di interessi, prevedeva che “gli intermediari autorizzati non possono effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, […] a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l’investitore sulla natura e l’estensione del loro interesse nell’operazione e l’investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all’effettuazione dell’operazione”.

Nel caso di specie, la società gestore aveva un chiaro (e non contestato) conflitto di interessi nelle operazioni concluse dagli investitori, posto che tali linee di investimento vedevano la presenza, nella ripartizione del portafoglio, di circa il 90% di titoli appartenenti ad altra società sempre appartenente al medesimo Gruppo.

Nelle relative disposizioni di conferimento, tuttavia, alcun conflitto di interesse veniva minimamente dichiarato.

Ad assolvere l’onere informativo di cui al citato art. 27, comma 2, non basta, secondo il Tribunale, nemmeno la clausola di cui all’art. 9 del contratto quadro, secondo cui “l’investitore può, mediante espressa indicazione riportata nella sezione 2, autorizzare la Società di gestione ad eseguire, senza limiti in relazione al controvalore del portafoglio, le operazioni di sottoscrizione di quote o azioni di organismi di investimento collettivo aventi sede in Stati appartenenti all’OCSE, nelle quali questa ultima abbia un interesse in conflitto derivante da rapporti di Gruppo”.

Tale sezione del contratto, denominata operazioni in conflitto di interessi, conteneva la sottoscrizione dei clienti e la presa d’atto degli stessi che “nell’esecuzione dell’incarico […] potreste trovarvi in situazione di conflitto di interessi in quanto gli strumenti finanziari oggetto dell’investimento potranno essere emessi o collocati da Società facenti parte del medesimo Gruppo cui appartiene la Vostra Società […] ed autorizzano espressamente ad effettuare investimenti aventi ad oggetto gli strumenti finanziari di cui all’art. 9 comma 2 delle Norme, se acquistati, sottoscritti o venduti in conflitto di interesse. In particolare vi autorizziamo ad effettuare l’investimento in quote od azioni di Organismi di investimento collettivo del Risparmio aventi sede in Stati appartenenti all’OCSE ancorché istituiti o gestiti da voi stessi o da Società appartenenti al Vostro Gruppo o con cui intrattenete rapporti di affari, senza limiti quantitativi”.

Secondo il Tribunale di Torino, le suddette previsioni negoziali non potevano avere come effetto quello di esonerare il gestore dal rispetto degli obblighi discendenti dalla normativa regolamentare in materia di conflitto di interessi ex art. 27 Reg. Consob n. 11522/98.

Questo per tre ordini di motivi.

Il primo, riconducibile all’inderogabilità del precetto normativo, sicché l’art. 27 Reg. Consob n. 11522/98 statuiva, appunto, che la preventiva informazione e l’espresso consenso scritto del cliente dovessero riguardare le singole e specifiche operazioni distintamente individuate.

Il secondo, riconducibile al fatto che lo stesso contratto prevedeva che l’autorizzazione ad operare in conflitto di interessi dovesse riguardare l’ “espressa indicazione” (di cui alla sezione 2) delle “operazioni di sottoscrizione” nelle quali vi fosse un conflitto di interesse. Nella suddetta sezione 2, invece, vi era un’indicazione del tutto ipotetica (“potreste trovarvi in situazione di conflitto di interessi”) ed un’autorizzazione del tutto generalizzata (ed indistinta) ad investimenti in Organismi di Stati dell’OCSE in operazioni in conflitto di interessi e, inoltre, “senza limiti quantitativi”.

Il terzo motivo, consiste nella circostanza che il suddetto art. 9 del contratto, così come congegnato, contrastava con l’art. 33, comma 1, D.Lgs. 206/2005 (Codice del Consumo), il quale prevede che “nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.

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