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Attualità

Conflitto russo-ucraino: le sanzioni economiche dell’UE

Misure di attuazione italiane e possibili vie di ricorso a livello comunitario e nazionale

19 Luglio 2022

Claudio Biscaretti di Ruffìa, Of Counsel, Greenberg Traurig Santa Maria

Martino Basilisco, Trainee, Greenberg Traurig Santa Maria

Di cosa si parla in questo articolo

L’articolo approfondisce la tematica legata alle sanzioni imposte alla Russia e alla Bielorussia a seguito del conflitto in Ucraina, con particolare riferimento alla procedura di adozione e revisione a livello europeo e nazionale.


Sin dal marzo 2014, a seguito della caduta del governo ucraino di Yanukovic e all’annessione della Crimea da parte della Russia, l’UE ha imposto diverse misure restrittive nei confronti dell’economia russa e di persone fisiche e giuridiche russe.

Le sanzioni UE sono state successivamente ampliate, a partire dal 23 febbraio 2022, in risposta al riconoscimento da parte della Russia dell’autonomia degli oblast di Donetsk e Luhansk dall’Ucraina, nonché, in misura più significativa, con l’aggressione militare dell’Ucraina. Misure simili hanno colpito anche la Bielorussia, dato il suo coinvolgimento, sia pure indiretto, nelle operazioni militari. Complessivamente, nel corso del 2022, l’UE ha adottato sei “pacchetti” di sanzioni nei confronti della Russia e, in misura minore, della Bielorussia, oltre a un pacchetto dedicato alle misure di compliance. Tali misure sono state quindi attuate dagli Stati membri, ciascuno in ossequio alla propria disciplina interna.

Come già avvenuto in passato, le sanzioni economiche disposte in sede UE negli ultimi mesi hanno generato fin da subito un ampio contenzioso innanzi ai competenti organi di giustizia. Nel proseguo, dunque, si illustreranno sinteticamente le basi giuridiche e le procedure per l’adozione di tali sanzioni, nonché le possibili vie di ricorso esperibili in sede UE. Ci soffermeremo, inoltre, sulla disciplina italiana per l’attuazione delle sanzioni internazionali e sugli strumenti rimediali a livello nazionale.

1. Basi giuridiche e procedure di adozione delle sanzioni UE

Come è noto, la procedura definita dai Trattati per l’imposizione delle misure sanzionatorie in sede UE consiste nell’adozione di una decisione di politica estera e di sicurezza comune (“PESC”) del Consiglio ai sensi dell’art. 29 del Trattato sull’Unione Europea (“TUE”), a cui fa seguito un regolamento del Consiglio, su proposta congiunta dell’Altro rappresentante e della Commissione, ai sensi dell’art. 215 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (“TFUE”). Il Parlamento europeo è informato dell’adozione del regolamento, che viene adottato dal Consiglio a maggioranza qualificata. Al contrario, l’art. 31 TUE prevede, come regola generale, che il Consiglio deliberi sulla decisione PESC all’unanimità.

Le misure contenute nella decisione PESC, quali gli embarghi sulle armi o le restrizioni ai viaggi, vengono attuate dagli Stati membri. Le persone e gli enti soggetti a congelamento dei beni o a restrizioni di viaggio (inserite in un apposito elenco che accompagna i regolamenti del Consiglio) vengono informati delle misure adottate nei loro confronti, individualmente a mezzo lettera (se il loro indirizzo è disponibile) ovvero tramite un avviso pubblicato dal Consiglio nella serie “C” della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

2. Revisione delle misure e vie di ricorso in sede UE

Le misure restrittive in vigore adottate in sede UE sono sottoposte periodicamente a riesame, con cadenza almeno annuale, per garantire che continuino a contribuire al conseguimento dell’obiettivo dichiarato. Le decisioni del Consiglio hanno infatti una durata limitata, in genere per un periodo di 12 mesi, e possono essere rinnovate senza limiti, mentre i corrispondenti regolamenti del Consiglio non hanno scadenza. Prima di decidere di prorogare una decisione del Consiglio, quest’ultimo riesamina le misure restrittive e in qualunque momento può decidere di modificarle, prorogarle o sospenderle temporaneamente.

Per quanto riguarda i rimedi disponibili in sede UE, in primo luogo, le persone e gli enti destinatari di sanzioni dell’UE possono presentare al Consiglio, unitamente ai documenti giustificativi, una domanda di riesame della decisione che le include nell’elenco. La domanda di riesame deve essere indirizzata al Segretariato Generale del Consiglio, DG C Unità Coordinamento, Rue de la Loi 175, B-1048 Bruxelles.

In secondo luogo, le sanzioni disposte dal Consiglio avverso persone fisiche o giuridiche possono essere impugnate dai soggetti “direttamente e individualmente” interessati dai provvedimenti, entro il termine di due mesi dall’adozione dell’atto del Consiglio, dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, sulla base degli artt. 275(2) e 263(4)(6) TFUE. La sentenza del Tribunale è impugnabile dinanzi alla Corte di Giustizia. Nell’ambito del ricorso diretto, il Tribunale ha affermato la propria competenza ad annullare le misure controverse, compresa la decisione PESC, nonché a pronunciarsi in merito a domande di risarcimento dei danni derivanti dall’adozione di misure restrittive in ambito PESC.

In aggiunta, la Corte di giustizia ha recentemente sancito la propria competenza in via pregiudiziale sulle decisioni PESC relative alle sanzioni finanziarie, potendo esercitare sulle stesse un controllo di legittimità ai sensi dell’art. 275(2) TFUE anche quando adita da un giudice nazionale che manifesti dubbi sulla loro validità ai sensi del diritto UE (Rosneft, C-72/15).

3. Impugnazioni delle sanzioni UE nel contesto del conflitto russo-ucraino

A partire dal 2014, numerosi soggetti hanno avviato azioni di annullamento innanzi al Tribunale dell’UE in merito alle sanzioni economiche disposte dal Consiglio nel contesto del conflitto russo-ucraino. Basti pensare che, fino al settembre 2020, le Corti UE avevano emesso quasi 40 sentenze relative a cittadini ucraini e 12 sentenze relative a cittadini russi. La maggior parte delle sanzioni riguardanti cittadini russi sono state mantenute, mentre la maggior parte delle misure nei confronti di cittadini ucraini sono state annullate (28 annullamenti in 32 cause, al settembre 2020). Una delle principali ragioni dell’annullamento era l’assenza di adeguata motivazione delle misure, in contrasto con l’art. 296(2) TFUE, già evidenziata nel precedente del Tribunale Ben Ali (T-200/14).

In seguito all’adozione delle ultime sanzioni contro cittadini e persone giuridiche russe e bielorusse, nel 2022 sono stati avviati numerosi procedimenti di impugnazione innanzi al Tribunale dell’UE da parte dei c.d. “oligarchi” (tra i quali Roman Abramovich, Mikhail Fridman e Alisher Usmanov) e di altri cittadini russi.

4. Normativa italiana sulle sanzioni economiche internazionali

Sul piano della disciplina interna, con il d.lgs. 22 giugno 2007, n. 109 (“Decreto Sanzioni”) l’Italia si è dotata di una propria legislazione in materia di sanzioni per il contrasto al finanziamento del terrorismo e all’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale. Il Decreto Sanzioni disciplina l’attuazione delle sanzioni economiche disposte dall’ONU o dall’UE e prevede un potere sanzionatorio autonomo in capo all’Italia, nelle more dell’adozione dei provvedimenti di designazione di matrice sovranazionale (artt. 4 e 4bis Decreto Sanzioni).

La sanzione imposta in via “autonoma” dall’Italia è disposta con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (“MEF”), su proposta del Comitato di sicurezza finanziaria (“CSF”), ed ha una durata di sei mesi, rinnovabili, senza un tetto massimo di durata, ma cessa di avere efficacia al momento della pubblicazione delle misure sovranazionali. Le misure possono essere disposte nei confronti di soggetti, persone fisiche o giuridiche, che “pongono in essere o tentano di porre in essere una o più delle condotte con finalità di terrorismo secondo quanto previsto dalle leggi penali, una o più condotte volte al finanziamento dei programmi di proliferazione delle armi di distruzione di massa ovvero una o più condotte che minacciano la pace o la sicurezza internazionale” (art. 4bis, Decreto Sanzioni).

Il CSF può anche formulare proposte di designazione di individui o enti all’ONU e all’UE. Non è previsto alcun momento partecipativo/difensivo nella procedura che conduce all’inserimento o alla proposizione di un nominativo nelle liste. Il soggetto interessato riceve la notifica dell’avvenuto inserimento nelle liste da parte del CSF (tramite il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza) con le modalità degli artt. 137 ss. c.p.c. e degli artt. 3bis, 45 e 48 del D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

Dal punto di vista sanzionatorio, la violazione dei provvedimenti di congelamento dei beni o delle restrizioni disposte dai regolamenti comunitari ex art. 215 TFUE, salvo il fatto non costituisca reato, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 5.000 e 500.000 euro. La violazione degli obblighi di comunicazione determina una sanzione tra 500 euro e 25.000 euro.

Le predette sanzioni amministrative sono comminate secondo il procedimento di cui all’art. 13quater, Decreto Sanzioni, che ricalca in larga parte la legge n. 689/1981 sulle sanzioni amministrative, alla quale rinvia per quanto non diversamente disciplinato. In breve, vari soggetti, tra cui le autorità di vigilanza di settore, la amministrazioni interessate e la Guardia di Finanza, accertano e contestano le violazioni summenzionate, notificando il verbale di contestazione, ai sensi dell’art. 14, l. 689/1981. L’atto di contestazione è trasmesso al MEF, al quale possono essere presentati scritti difensivi e documenti, nonché richieste di audizione. Il MEF, entro due anni dalla ricezione del verbale, con decreto motivato, determina la somma dovuta e ne ingiunge il pagamento, notificando il decreto agli interessati, secondo quanto previsto dall’art. 18, l. 689/1981, nonché dagli artt. 137 ss. c.p.c. e degli artt. 3bis, 45 e 48 del D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

5. Revisione delle misure e ricorsi a livello nazionale

Analogamente a quanto accade in sede UE, il CSF riesamina e aggiorna periodicamente la posizione dei soggetti sottoposti a misure restrittive in quanto inseriti nelle liste internazionali, comunitarie e nazionali, sulla base dei principi e criteri determinati dall’ONU, dall’UE e dal MEF (art. 4quinquies, comma 4, Decreto Sanzioni). Il CSF può formulare al Comitato sanzioni dell’ONU o al Consiglio, di propria iniziativa o in seguito all’istanza del soggetto interessato, proposte di cancellazione di individui o enti dalle liste internazionali e comunitarie (art. 4sexies, comma 1, Decreto Sanzioni).

Inoltre, il soggetto designato in via autonoma dal MEF nelle more dell’adozione degli atti sovranazionali, può proporre al CSF una richiesta motivata di cancellazione dalle liste nazionali (art. 4sexies, comma 3, Decreto Sanzioni).

Avverso il decreto del MEF di designazione di un soggetto nelle liste, nelle more dell’adozione degli atti sovranazionali, il Decreto Sanzioni non prevede espressamente alcuna via di ricorso. L’impugnazione di un tale provvedimento dovrebbe poter essere presentata, dunque, innanzi al giudice amministrativo, in ossequio ai principi generali in tema di riparto di giurisdizione. In particolare, ai sensi dell’art. 13, comma 3, d.lgs. 104/2010, sarebbe competente il T.A.R. Lazio, sede di Roma.

Infine, il Decreto Sanzioni prevede espressamente che avverso il decreto motivato del MEF di cui all’art. 13quater, comma 6, Decreto Sanzioni, citato al punto IV. che precede – che impone il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione degli obblighi di congelamento e indisponibilità dei beni ovvero per la violazione degli obblighi di comunicazione – è possibile proporre opposizione innanzi al Tribunale di Roma, competente in via esclusiva ai sensi dell’art. 14, Decreto Sanzioni.

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