Con la sentenza di esame, la prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione (Pres. Didone, Rel. Di Virgilio) si è nuovamente espressa in materia di consecuzione di procedure (i.e. concordato preventivo e fallimento).
In particolare, la Cassazione, confermando il proprio precedente orientamento (ex multis, Cass. 18437/2010), ha affermato che, in caso di consecuzione, le procedure di concordato preventivo e fallimento devono essere equiparate in quanto la (successiva) dichiarazione di fallimento è conseguenza del medesimo stato di insolvenza, già valutato quale presupposto per l’ammissione al concordato preventivo. Ne consegue, pertanto, che i termini a ritroso per l’esercizio delle azioni revocatorie vanno calcolati tenendo conto non del momento in cui è stato dichiarato il fallimento, bensì di quello (necessariamente anteriore) in cui il debitore è stato ammesso alla procedura di concordato preventivo.
Il Supremo Collegio si è inoltre espresso in merito agli effetti della consecuzione delle procedure nei confronti dei soci illimitatamente responsabili di società prima ammessa al concordato preventivo e, solo successivamente, dichiarata fallita. Sul punto, la Cassazione ha affermato che il principio di consecuzione non è applicabile con riferimento ai crediti personali dei soci illimitatamente responsabili di società di persone, in quanto “l’efficacia del concordato preventivo della società nei confronti dei soci illimitatamente responsabili riguarda esclusivamente i debiti sociali”.