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Giurisprudenza

Il Consiglio di Stato ammette l’annullamento in autotutela dei contratti derivati da parte degli enti locali

8 Settembre 2011

Consiglio di Stato, sentenza n. 5032 del 7 settembre 2011

Con una storica sentenza, il Consiglio di Stato si pronuncia a favore della possibilità per gli enti locali di annullare in via di autotutela i contratti derivati stipulati in occasione di operazioni di ristrutturazione del debito. Questo laddove emerga la presenza, al momento della stipula del contratto, di costi impliciti che impediscano all’ente di svolgere una corretta valutazione della convenienza economica dell’operazione stessa.

Sulla base di tale principio, il Collegio amministrativo risolve la vertenza fra la Provincia di Pisa e le inglesi Dexia Crediop S.p.A. e Depfa Bank Plc., le quali avevano contestato la legittimità dell’esercizio dell’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione in loro favore dell’operazione di ristrutturazione del debito dell’ente, nella parte relativa all’operazione in strumenti finanziari derivati, con effetto caducante sui contratti già stipulati.

Nell’accogliere le ragioni della Provincia di Pisa, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la decisione dell’amministrazione di riesaminare prima, e di annullare poi, tutti gli atti di affidamento della ristrutturazione del debito, fosse stata dichiaratamente determinata:

  • per un verso, dall’accertata violazione delle finalità dell’articolo 41 delle legge 28 dicembre 2001, n. 448, non risultando a tal riguardo rispettato il principio della convenienza economica, questo in quanto il contratto swap al momento della stipula non aveva un valore iniziale pari a zero, bensì negativo, senza che a fronte di tale elemento economico negativo fosse stata prevista in favore dell’amministrazione una somma di pari ammontare così da riequilibrare il contratto stesso;
  • per altro verso, dalla violazione dell’art. 3 C.M. 27 maggio 2004, nella parte in cui precisava che la vendita del floor doveva ritenersi ammessa solo per il finanziamento dell’acquisto del cap, in quanto il valore di mercato dello swap, calcolato al momento della stipula, indicava proprio che il valore del cap era inferiore a quello del floor ovvero il premio che l’amministrazione provinciale avrebbe dovuto pagare e che, implicitamente aveva pagato, per l’acquisto del floor era inferiore al premio che avrebbe dovuto incassare a fronte della vendita del floor;

così che in definitiva l’operazione si caratterizzava per la presenza di “costi impliciti” nello swap stipulato, non evidenziati né nella presentazione delle offerte, né all’atto della stipula dei contratti, ma appurati solo successivamente a quest’ultima.

Secondo il Consiglio di Stato, quindi, il potere di autotutela da parte della Provincia non sarebbe stato esercitato per sottrarsi puramente e semplicemente ad un contratto economicamente squilibrato, quanto piuttosto a causa della mancata corretta valutazione della convenienza economica che legittimava l’operazione di ristrutturazione del debito, ai sensi dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e che, come tale, non rientrava nella “causa” del contratto di swap, costituendone piuttosto il presupposto logico – giuridico.

Coerentemente, il Consiglio di Stato ha respinto anche l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ricordando come, ai sensi dell’articolo 4 della legge 31 maggio 1995, n. 218, la deroga alla giurisdizione italiana può riguardare solo le cause vertenti su diritti disponibili (Cass. SS.UU., 20 aprile 2010, n. 9308) e quindi solo le questioni di interpretazione ed esecuzione dell’accordo (agreement), ma non può estendersi fino a comprendere anche il sindacato sul corretto esercizio del potere amministrativo, non potendo ascriversi al novero dei diritti disponibili gli interessi pubblici alla cui cura è finalizzato l’esercizio dei poteri pubblicistici accordati alla pubblica amministrazione anche nell’ambito dei procedimenti di gara.


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