Con sentenza depositata in data 24 febbraio 2016, il Consiglio di Stato ha confermato l’annullamento della decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) che aveva sanzionato il circuito MasterCard e 8 banche per aver fissato le commissioni interbancarie in violazione delle norme a tutela della concorrenza.
I circuiti di carte di pagamento e le commissioni interbancarie
Una breve premessa su come funzionano i circuiti di carte di pagamento e cosa sono le commissioni interbancarie appare necessaria prima di esaminare il caso in commento.
I circuiti di carte di pagamento si distinguono in circuiti a tre o quattro parti. A differenza di quello che avviene nei circuiti a tre parti, come ad esempio American Express, il titolare della carta e l’esercente nei circuiti a quattro parti non hanno rapporti diretti con il circuito, ma solo con le proprie banche, denominate rispettivamente issuer e acquirer. Sono le banche ad aderire al circuito, che fornisce loro la piattaforma attraverso la quale vengono eseguite e regolate le transazioni effettuate con le carte di pagamento, secondo specifiche network rules stabilite dallo stesso circuito. MasterCard, come anche Visa, è un circuito a quattro parti.
Le commissioni interbancarie sono previste dalla maggior parte dei circuiti di carte di pagamento a quattro parti. Quando il titolare della carta effettua un pagamento la sua banca, l’acquirer trasmette i dettagli della transazione alla banca dell’esercente, l’issuer, che provvede a pagare all’acquirer l’importo meno una commissione, che trattiene. Questa commissione trattenuta dall’issuer è chiamata commissione interbancaria o MIF, acronimo di multilateral intechange fee. A sua volta l’acquirer accredita l’importo sul conto dell’esercente meno la c.d. merchant fee, una commissione che comprende il compenso dell’issuer, quello del circuito e la commissione interbancaria.
La giurisprudenza dell’Unione europea e la regolamentazione delle commissioni interbancarie
Le commissioni interbancarie da tempo suscitano l’attenzione delle autorità garanti della concorrenza ed in particolare della Commissione europea.
Con decisione del 19 dicembre 2007, la Commissione europea ritenne che le commissioni interbancarie applicate da MasterCard all’interno dello Spazio Economico Europeo restringessero la concorrenza tra le banche acquirer, aumentando artificialmente una componente del prezzo praticato agli esercenti. La Commissione giudicò MasterCard essere un’associazione di imprese, in quanto, anche dopo la sua quotazione, aveva rappresentato gli interessi commerciali delle banche aderenti al circuito. Le decisioni del consiglio di amministrazione di MasterCard in merito al livello delle commissioni interbancarie, quindi, furono ritenute decisioni di associazioni di imprese restrittive della concorrenza in violazione dell’art. 101 del Trattato su Funzionamento dell’Unione Europea. Le commissioni interbancarie, infatti furono ritenute non necessarie per il funzionamento dei circuiti di carte di pagamento a quattro parti, né portatrici di vantaggi che giustificassero i costi sostenuti dagli esercenti.
Le commissioni interbancarie oggetto della decisione della Commissione erano quelle applicate alle transazioni all’interno dello SEE (ovvero quando banca issuer e banca acquirer avevano sede in due stati diversi all’interno dello SEE) e all’interno di alcuni stati membri dove non erano previste specifiche MIF nazionali. Nel 2006 i loro valori medi delle MIF europee applicate da MasterCard erano superiori allo 0,9% per le transazioni con carte di credito e allo 0,6% per le transazioni con carte di debito. A seguito della decisione del 19 dicembre 2007 furono azzerate totalmente. Nel 2009, in accordo con la Commissione, MasterCard le reintrodusse in forma molto ridotta fissando un tetto massimo dello 0,3% per le carte di credito e dello 0,2% per le carte di debito.
La decisione della Commissione fu confermata sia dal Tribunale dell’Unione europea (sentenza del 24.05.2012, causa T-111/08, Mastercard e a. /Commissione), sia dalla Corte di Giustizia (sentenza del 11.09.2014, causa C-382/12 P, Mastercard e a./Commissione).
Le MIF applicate da MasterCard non furono le uniche ad essere oggetto di scrutinio da pare della Commissione. Successivamente, nel dicembre 2010 e nel febbraio 2014 la Commissione adottò due decisioni nei confronti di Visa, rendendo vincolanti gli impegni che il circuito aveva offerto per risolvere le criticità concorrenziali causate dalle commissioni interbancarie da essa applicate all’interno dello Spazio Economico Europeo. Visa introdusse lo stesso tetto massimo già adottato da MasterCard.
Nel luglio 2015 la Commissione ha contestato a MasterCard la legittimità delle MIF applicate alle transazioni eseguite nell’UE con carte di credito emesse in altre regioni del mondo. Questo procedimento non si è ancora concluso.
Infine, nel dicembre 2015 il legislatore europeo con il Regolamento UE 2015/751 ha introdotto un tetto massimo alle commissioni interbancarie applicate in Europa e nei singoli stati membri. L’adozione del regolamento si è resa necessaria in quanto le decisioni della Commissione non riguardavano le transazioni domestiche (ovvero gli acquisti tramite carte di pagamento effettuati dal consumatore che ha la sua banca issuer nello stesso paese dove si trova la banca dell’esercente) e leggi nazionali e decisioni amministrative divergenti avrebbero potuto causare una frammentazione del mercato interno. I valori del tetto massimo introdotto dal Regolamento 2015/751 sono gli stessi di quelli offerti da MasterCard e Visa alla Commissione europea.
La decisione dell’AGCM e le sentenze del Tar Lazio
Le commissioni interbancarie oggetto del procedimento della Commissioni europea sono state applicate da MasterCard in Italia fino all’aprile 2007, quando le sostituì con specifiche commissioni applicabili alle transazioni domestiche italiane. Nell’aprile 2007 MasterCard fissò le MIF nazionali allo stesso livello di quelle europee, che sarebbero state vietate dalla Commissione nel dicembre 2007. Le commissioni domestiche, in quanto tali, non rientrarono nel campo di applicazione della decisione europea.
Nel luglio del 2009 l’AGCM aprì un procedimento nei confronti di MasterCard e di otto banche per indagare se le decisioni in merito alle MIF applicate in Italia e gli accordi con le banche acquirer fossero rispettosi del diritto della concorrenza. Durante il procedimento l’AGCM rifiutò gli impegni che MasterCard e le banche investigate avevano proposto per risolvere le criticità anticoncorrenziali. Tale decisione di diniego fu oggetto di un’autonoma impugnazione di fronte ai giudici amministrativi, che trovò accoglimento in primo grado (sentenza del TAR Lazio n.33474/2010), ma fu rigettata dal Consiglio di Stato che escluse la diretta impugnabilità dell’atto di diniego in quanto non immediatamente lesivo (Cons. St. Sez. VI del 20.07.2011 n. 4393.
Con decisione del 3 novembre 2010, l’AGCM concluse, sulla scorta della precedente decisione della Commissione europea del 19 dicembre 2007, che il circuito MasterCard costituisse un’associazione di imprese e la fissazione delle commissioni interbancarie fosse una decisione in violazione dell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. L’AGCM, inoltre, accertò un secondo illecito concorrenziale rappresentato dal fascio di intese verticali tra MasterCard e le banche acquirer con cui queste avevano trasferito l’importo delle commissioni interbancarie sugli esercenti. Per le suddette infrazioni l’AGCM comminò sanzioni pecuniarie a MasterCard e alle banche.
Anche la decisione finale dell’AGCM fu annullata dal Tar Lazio (sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione I, 11.07.2011, n. 6171; e ulteriori sentenze n. 6165/2011, n. 6172/2011, n. 6173/2011, n.6174/2011, n. 6175/2011, n.6176/2011, n. 6177/2011, , n. 6179/2011)che ribadì l’illegittimità del provvedimento di rigetto degli impegni proposti da MasterCard e dalle banche per difetto di motivazione e stabilì la sua efficacia viziante della determinazione sanzionatoria finale.
La sentenza del Consiglio di Stato
Avverso le sentenze del TAR, che avevano annullato il suo provvedimento, l’AGCM propose appello in Consiglio di Stato. Il giudizio fu sospeso in attesa della sentenza della Corte di Giustizia chiamata a pronunciarsi sulla decisione della Commissione. La sentenza della Corte di Giustizia fu pubblicata il 11 settembre 2014 e confermò integralmente l’illegittimità delle MIF europee, chiarendo che queste avevano effetti restrittivi della concorrenza, non erano necessarie per il funzionamento di un circuito di carte di pagamento a quattro parti e MasterCard non aveva fornito prova di obbiettivi vantaggi che derivassero dalle MIF per gli esercenti, che il loro costo sostenevano.
Il Consiglio di Stato, tuttavia, non ha considerato rilevante la sentenza della Corte di Giustizia ai fini della decisione, limitandosi ad analizzare i vizi procedimentali del provvedimento dell’AGCM. I giudici di Palazzo Spada, pur riformando i motivi di annullamento addotti dal Tar Lazio, hanno giudicato il provvedimento dell’Autorità viziato per difetto di istruttoria e di motivazione.
Le sentenze del TAR Lazio sono state considerate viziate, in quanto hanno pronunciato l’annullamento dei provvedimenti sanzionatori quale effetto sostanzialmente diretto del ritenuto vizio del rigetto degli impegni, senza esporre le ragioni per cui il vizio dell’atto anteriore avrebbe in concreto viziato le determinazioni poste a supporto del provvedimento sanzionatorio finale. Deve escludersi, infatti, tra i due atti un nesso di conseguenzialità sostanzialmente automatica, perché dal rigetto degli impegni consegue soltanto la prosecuzione del procedimento e non il provvedimento sanzionatorio.
Secondo il Consiglio di Stato, l’infondatezza della decisione dell’AGCM emerge da ragioni diverse da quelle esposte nelle sentenze impugnate. Esso è viziato da difetto di istruttoria e di motivazione. Secondo i giudici di Palazzo Spada, l’Autorità con il suo provvedimento finale ha introdotto modifiche rispetto alla comunicazione delle risultanze istruttorie, comportando un mutamento sostanziale dell’impianto accusatorio.
La comunicazione delle risultanze istruttorie è un atto indirizzato alle imprese investigate e non pubblico che deve contenere l’indicazione di tutti gli elementi probatori acquisiti e prospettare le infrazioni addebitali e l’intenzione di erogare una sanzione. L’impianto accusatorio contenuto nella comunicazione delle risultanze istruttorie inviato a MasterCard e alle banche aveva a fondamento il livello comparativamente elevato delle commissioni interbancarie, la cui finalità sarebbe stata quella di non mettere in concorrenza i circuiti diversi e di garantire la massima diffusione del circuito MasterCard, rendendolo più vantaggioso per le banche. Solo in sede di provvedimento finale, una volta emerso che il livello delle MIF sulle transazioni nazionali non presentava un livello comparativamente elevato l’Autorità sostenne che non era il livello in sé delle MIF a dimostrare la sussistenza dell’illecito, quanto, piuttosto, la circostanza per cui la definizione della commissione interbancaria non era basata su giustificazioni economiche. Questo mutamento dell’impianto accusatorio è stato ritenuto idoneo a inficiare il provvedimento sanzionatorio finale, in quanto assunto in violazione delle prerogative partecipative e procedimentali che devono assistere necessariamente i procedimenti sanzionatori in materia antitrust.
Il Consiglio di Stato ha giudicato viziato anche l’accertamento dell’illecito contestato alle banche, in quanto l’Autorità non ha dimostrato in modo adeguato che le pattuizioni tra MasterCard e banche licenziatarie fossero idonee a determinare una violazione delle regole concorrenziali.
Commento
La sentenza del Consiglio di Stato si pone in apparente contrasto con la giurisprudenza delle corti europee che hanno sancito l’illegittimità delle commissioni interbancarie europee applicate da MasterCard. Il contrasto, però, è solo apparente. Il Consiglio di Stato, infatti, non ha sancito la legittimità delle MIF applicate in Italia da MasterCard, che erano pressoché allo stesso livello di quelle vietate dalla Commissione. Il provvedimento dell’AGCM è stato annullato per un grave errore procedimentale, ovvero la discrepanza tra quanto contestato nella comunicazione delle risultanze istruttorie e quanto accertato con il provvedimento finale, che in sé non presenta vizi evidenti.
A garanzia del diritto di difesa l’Autorità non può, infatti, introdurre modifiche rispetto alla comunicazione delle risultanze istruttorie comportanti un mutamento della natura intrinseca della violazione accertata rispetto a quella contestata, con modificazione dell’imputazione.
Nel caso di specie le modifiche, con cui l’Autorità ha cercato di rimediare alla palese contraddittorietà della tesi accusatoria iniziale, sono state ritenute eccedenti i limiti consentiti. Da quanto si legge nella sentenza del Consiglio di Stato, la tesi accusatoria iniziale sosteneva che le MIF avevano la finalità di non mettere in concorrenza i circuiti diversi e garantire la massima diffusione del circuito MasterCard, rendendolo più vantaggioso per le banche rispetto ad altri circuiti. Tale contestazione oltre ad essere contradditoria, in quanto gli effetti restrittivi contestati erano da un lato evitare la concorrenza tra circuiti e dall’altro rendere il circuito MasterCard più vantaggioso per le banche rispetto ad altri circuiti, si discostava dall’illecito accertato con la decisione della Commissione europea del 17 dicembre 2007, già a disposizione dell’AGCM al momento dell’apertura dell’istruttoria. La Commissione ha stabilito che le commissioni interbancarie rappresentano una restrizione della concorrenza a danno degli esercenti e dei consumatori, ma non a danno dei circuiti di carte di pagamento concorrenti. Le MIF sono, infatti, una componente della merchant fee che gli esercenti non possono negoziare. Questo comporta un aumento del costo dei servizi di pagamento a carico degli esercenti, senza alcun comprovato vantaggio per quest’ultimi che con le commissioni interbancarie finanziano gli incentivi che MasterCard riconosce alle banche issuer per diffondere tra la loro clientela le sue carte di pagamento. Non sorprende, dunque, che l’Autorità si sia trovata in difficoltà a sostenere la tesi accusatoria iniziale e abbia virato in sede di provvedimento finale sulla ben più consolidata ricostruzione dell’illecito operata dalla Commissione e confermata da entrambi i gradi di giudizio dell’Unione europea. Questa modifica dell’impianto accusatorio avrebbe, però, necessitato una riapertura del contraddittorio con le imprese investigate, almeno secondo il Consiglio di Stato.