In materia di contenzioso tributario, il processo deve essere celebrato unitariamente nei confronti della società di persone (alla quale viene accertato un maggiore reddito imponibile) e dei suoi soci (ai quali viene imputato, con atto impositivo autonomo, un maggior reddito di partecipazione sulla base di quanto accertato alla società), al fine di garantire l’integrità del litisconsorzio.
È questo il principio ribadito dalla Suprema Corte con l’ordinanza in esame, emessa a seguito dell’impugnazione della sentenza della competente CTR da parte dell’Agenzia delle Entrate, che era risultata, invece, vittoriosa in primo grado di giudizio. Il principio espresso dagli Ermellini si pone nel solco di un consolidato orientamento della Corte in materia di litisconsorzio necessario, che trova origine dalla pronuncia a Sezioni Unite n. 14815 del 2008 (cui sono seguite, ex multis, Cass. 23096 del 2012; Cass. n. 25300 del 2014; Cass. n. 7789 del 2016; Cass. nn. 1472 e 16730 del 2018).
Nel caso di specie, il giudice di legittimità, dopo aver rilevato d’ufficio il difetto di contraddittorio, ha dichiarato nulle entrambe le sentenze di merito poiché rese in violazione del litisconsorzio necessario (n.d.r. art. 14 del D.Lgs. 546/1992). Il contenzioso, infatti, non si sarebbe svolto simultaneamente nei confronti di società e socio, né vi sarebbe stata trattazione sostanzialmente unitaria dei processi concernenti la società e i soci.
In considerazione di quanto sopra descritto, la Corte, dichiarata la nullità dell’intero processo, cassa la sentenza, rinviandola alla competente CTP, dinanzi alla quale dovrà essere riassunta nei confronti di tutti i litisconsorzi necessari.