Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione, rispetto ad una fattispecie in cui si discuteva della rideterminazione del saldo di dare-avere tra le parti di un rapporto di apertura di credito in conto corrente e più in particolare della restituzione delle somme indebitamente versate dal correntista all’istituto di credito in conseguenza dell’applicazione di interessi debitori ad un tasso ultralegale determinato con rinvio agli “usi piazza”, ha statuito quanto segue.
In primo luogo, la Corte ha ribadito che il diritto alla rettifica del conto non è autonomo rispetto al diritto di far valere la nullità, annullamento, rescissione o risoluzione del titolo in base al quale è stata compiuta l’annotazione nel conto stesso (conforme a Cass., S.U., n. 24418/2010). L’annotazione nel conto, difatti, non sarebbe altro che la rappresentazione contabile di un diritto, non un diritto a sé: se pertanto il titolo (generalmente negoziale) alla base di quel diritto viene dichiarato nullo oppure viene annullato, rescisso o risolto, viene meno il diritto stesso, e conseguentemente la nuova realtà giuridica trova una corrispondente rappresentazione contabile. In altri termini, la rettifica di un’annotazione in conto corrente non è un diritto a sè stante, ma soltanto la rappresentazione contabile della nuova realtà giuridica che si instaura a seguito dell’esercizio di un diritto (ovvero, l’azione per l’accertamento dell’illegittimità del titolo su cui l’annotazione si fonda).
Sulla base di siffatte considerazioni, i giudici di legittimità hanno così concluso che ove venga dedotta la nullità del titolo in base al quale gli interessi sono stati annotati, essendo l’azione di nullità imprescrittibile a norma dell’art. 1422 c.c., l’operazione di rettifica sul conto non può essere sottoposta ad un termine predefinito, essendo legata inscindibilmente all’esito ed agli effetti dell’azione di nullità proposta, con la conseguenza che la rettifica del conto avrà sempre necessariamente luogo, senza limiti di tempo, in caso di accoglimento dell’azione di nullità che abbia dichiarato l’illegittimità del titolo su cui si è fondata l’annotazione sul conto (conforme a Corte Cost. n. 78/2012).
In secondo luogo, la Corte ha confermato che nei contratti di conto corrente bancario cui acceda un’apertura di credito, il meccanismo di imputazione del pagamento agli interessi, di cui all’art. 1194 c.c., comma 2, trova applicazione solo ove sia configurabile un pagamento in senso tecnico-giuridico, ovvero in presenza di un versamento avente funzione solutoria in quanto eseguito su un conto corrente avente un saldo passivo che ecceda i limiti dell’affidamento; ne consegue che non può mai configurarsi un’imputazione ad interessi exart. 1194 c.c., comma 2, non essendo questi immediatamente esigibili, ove l’annotazione di tali interessi avvenga su un conto che presenti un passivo rientrante nei limiti dell’affidamento e neppure la stessa annotazione determini il superamento di tale limite, avendo la successiva rimessa una mera funzione ripristinatoria della provvista (conforme a Cass., S.U., n. 24418/2010).