Nella decisione in esame, il Tribunale di Pescara afferma che il comportamento della banca che agisce in giudizio o vi resiste senza considerare principi pacificamente affermati da tanti anni, come pure riproponendo argomenti già ampiamente dibattuti, «non può che integrare quella colpa grave che l’ordinamento sanziona ex art. 96 c.p.c.».
Nel caso di specie, il Tribunale ha condannato ex art. 96 c.p.c. l’istituto di credito per il fatto di avere agito, in via monitoria, nei confronti del correntista sulla base del saldo derivante dalla (illegittima) applicazione della clausola contrattuale «che rinvia[no] agli usi su piazza prevedendo la capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori e quella annuale degli interessi creditori», vista anche l’«assenza di valide pattuizioni modificative del contratto». Il Tribunale ha poi ritenuto che integrasse la colpa grave di cui all’art. 96 c.p.c. anche il motivo di opposizione dell’istituto di credito relativo all’imputazione dei pagamenti ex art. 1194 c.c.; e ciò, in quanto è ormai pacifico che tale norma richieda, quale presupposto di applicazione, la simultanea esistenza della liquidità ed esigibilità di ambedue i crediti, insussistente nel caso di specie.