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Giurisprudenza

Contratti bancari e TAEG inferiore a quello reale: ultimi orientamenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

15 Marzo 2012

Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. I, 15 marzo 2012, C-453/10

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza 15 marzo 2012, Pereničová e Perenič, C-453/10, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea affronta due importanti questioni in materia di clausole abusive nei contratti bancari e pratiche commerciali sleali (TAEG indicato inferiore a quello reale).

In particolare, è stato chiesto alla Corte:

1) Se l’ambito della tutela del consumatore ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, sia tale da consentire, nel caso in cui siano individuate clausole contrattuali abusive, di considerare che il contratto nel suo complesso non vincola il consumatore, qualora ciò sia più favorevole a quest’ultimo.

2) Se i criteri che configurano una pratica commerciale sleale ai sensi della direttiva 2005/29, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori, siano tali da consentire di considerare che, allorché l’operatore menziona nel contratto un TAEG inferiore a quello reale, si possa ritenere tale comportamento dell’operatore nei confronti del consumatore una pratica commerciale sleale. Se la direttiva 2005/29 ammetta, nel caso in cui sia accertata una pratica commerciale sleale, che ciò abbia influenza sulla validità del contratto di credito e sul conseguimento della finalità degli articoli 4, paragrafo 1, e 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 qualora la nullità del contratto sia più favorevole per il consumatore.

Per quanto attiene la prima questione, la Corte evidenzia come l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 dev’essere interpretato nel senso che, nel valutare se un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore e contenente una o più clausole abusive possa continuare a sussistere in assenza di dette clausole, il giudice adito non può fondarsi unicamente sull’eventuale vantaggio per una delle parti, nella fattispecie il consumatore, derivante dall’annullamento di detto contratto nel suo complesso. Ciononostante, tale direttiva non osta a che uno Stato membro preveda, nel rispetto del diritto dell’Unione, che un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore e contenente una o più clausole abusive sia nullo nel suo complesso qualora ciò risulti garantire una migliore tutela del consumatore.

Per quanto attiene la seconda questione, la Corte afferma come una pratica commerciale consistente nel menzionare in un contratto di credito un TAEG inferiore a quello reale, deve essere qualificata come «ingannevole» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2005/29, qualora induca o sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. L’accertamento del carattere sleale di una siffatta pratica commerciale rappresenta un elemento tra gli altri sul quale il giudice competente può fondare, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, la sua valutazione del carattere abusivo delle clausole del contratto relative al costo del prestito concesso al consumatore. Un tale accertamento non ha tuttavia diretta incidenza sulla valutazione, sotto il profilo dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, della validità del contratto di credito stipulato.

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