Con sentenza del 27 marzo 2012, il Tribunale di Verona ha preso posizione sul tema, estremamente dibattuto in questi giorni anche a seguito della sentenza del Consiglio di Stato (n. 5962 del 27 novembre 2012), dei c.d. costi impliciti nei contratti derivati.
Secondo il Tribunale di Verona, la c.d. commissione implicita, più correttamente definibile come margine lordo di intermediazione, non comporta, né al momento della conclusione di un contratto di swap né durante la vigenza di esso, un esborso a favore dell’istituto di credito da parte del cliente poichè consiste nella differenza tra il valore corrente (c.d. fair value) del contratto al momento della sua rilevazione e il fair value di analogo contratto stipulato, a condizioni praticate sul mercato, con soggetti terzi.
In tal senso, solo nel caso in cui il contratto di swap giunga alla sua naturale scadenza, o venga risolto anticipatamente, il cliente è tenuto a corrispondere all’istituto di credito il c.d. costo di uscita del derivato, comprensivo anche della c.d. commissione implicita.
Deve quindi ritenersi incongrua e infondata la domanda del cliente di condanna alla restituzione di una somma che si assume essere stata trattenuta dall’istituto di credito a titolo di commissioni implicite in relazione ad una serie di contratti di swap, oggetto di successive rinegoziazioni, l’ultimo dei quali sia ancora in vigore al momento della decisione.
Per quanto attiene poi il cumulo delle domande, il Tribunale evidenzia come la domanda del cliente di condanna dell’intermediario al pagamento di importi che siano stati addebitati al primo, in relazione ad un contratto di swap, a titolo di c.d. commissioni implicite, sia diretta a riequilibrare il profilo economico di quella operazione e quindi postula la volontà di mantenere in essere il contratto, se questo sia ancora in vigore, o comunque di trarre vantaggio da esso, confermandone, quindi, l’adeguatezza. Tale domanda risulta quindi inconciliabile con la domanda di annullamento per errore o dolo del contratto nonché con quella di risoluzione per inadempimento e con quella di nullità che siano fondate sulla violazione degli obblighi comportamentali dell’intermediario.
Infine, il Tribunale evidenzia come l’obbligo informativo generale derivante a carico dell’intermediario dall’art. 21 lett. b) del tuf permane nei confronti di un soggetto che abbia rilasciato la dichiarazione autoreferenziale solo in presenza di elementi oggettivi, conosciuti o conoscibili dall’intermediario, dai quali si evinca una difformità tra quella evidenza e la realtà fattuale.