Premessa
La disciplina dei c.d. contratti pendenti nell’ambito della procedura di concordato preventivo, contenuta nell’art. 169-bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 277[1], come successivamente modificato (la “Legge Fallimentare”) è stata di recente fatta oggetto di significative modifiche. In particolare, il D.L. 83 del 27 giugno 2015 (il “D.L. 83/2015”)[2], recante “Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria” ha introdotto, inter alia, talune modifiche al disposto dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare[3].
In primo luogo dopo aver modificato la rubrica della disposizione in analisi (ora riferita esclusivamente ai contratti “pendenti”[4], a divergenza della previa che citava quelli “in corso di esecuzione”[5]) disciplina il procedimento che dovrà essere seguito dal proponente il concordato al fine di ottenere l’autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione dei contratti non ancora interamente eseguiti alla data in cui è stata presentato ricorso per l’ammissione al concordato[6]. In particolare, è necessario che il negozio “al momento della presentazione dell’istanza da parte del soggetto in concordato sia ancora ineseguito o non ancora interamente eseguito da entrambe le parti contraenti”[7].
1. Il limitato “contraddittorio” con l’altro contraente
A seguito delle modifiche apportate dal D.L. 83/2015, il primo comma dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare attualmente precisa, intervenendo a chiarimento di un vivace dibattito dottrinale in merito, che il debitore, insieme al ricorso di cui all’articolo 161 della Legge Fallimentare ovvero successivamente[8] al medesimo, possa domandare al Tribunale (ovvero al giudice delegato, dopo il decreto di ammissione) di essere autorizzato, con decreto motivato, sentito l’altro contraente[9] e assunte, ove occorra, sommarie informazioni, “a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso”. La modifica normativa interviene quindi anche in relazione al dibattito dottrinale concernente la necessità o meno di instaurazione di un contraddittorio con l’altro contraente prima dell’assunzione di un provvedimento in merito allo scioglimento del contratto[10]. La giurisprudenza di merito, per contro, si era per lo più espressa in senso favorevole alla necessità di instaurare un contraddittorio con il contraente in bonis[11].
Al riguardo vale la pena sottolineare che l’art. 169-bis della Legge Fallimentare già prevedeva, prima del D. L. 83/2015 che il debitore potesse altresì richiedere la sospensione del contratto per uno spatium temporis non superiore a sessanta giorni (prorogabili una volta), senza alcun obbligo, in tale fattispecie e stando al tenore letterale della disposizione, di “sentire” l’altro contraente e che tale disposizione non è stata modificata dal medesimo D. L. 83/2015.
La ratio della evidenziata antinomia potrebbe essere rinvenuta nella “differente incidenza sugli interessi del terzo contraente che ha lo scioglimento, evento definitivo per lo meno nel concordato, rispetto alla sola sospensione che ha dichiarato e definito […] carattere temporaneo”[12].
Peraltro, in un primo provvedimento giurisprudenziale in materia[13], è stata disposta l’audizione dell’altro contraente anche in relazione all’istanza di sospensione di un contratto, interpretazione che pare poco coerente con un’interpretazione meramente letterale dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare.
In aggiunta, ulteriore profilo critico concerne l’esegesi dell’espressione “sentito” utilizzata dal legislatore, che prevede un contraddittorio con il contraente in bonis, ma potrebbe anche interpretarsi nel senso che non vi sia una vera e propria audizione di tale soggetto, ma anche solo l’assegnazione, da parte del giudice, di un termine per la produzione di scritti. Sembra comunque di poter affermare che l’organo decidente debba in ogni caso ottenere gli elementi utili al fine di procedere alla qualificazione del contratto in esame nel caso empirico come “pendente”.
Il D. L. 83/2015 inoltre, ha aggiunto al primo comma della disposizione in oggetto la previsione secondo la quale l’effetto dello scioglimento ovvero della sospensione si produce “dalla comunicazione del provvedimento autorizzativo all’altro contraente”, ponendo l’onus in capo al soggetto debitore, che quindi potrebbe decidere anche di non avvalersi dell’autorizzazione ottenuta[14]. Di conseguenza, l’efficacia dell’autorizzazione risulta ex nunc, e tale scelta del dies a quo sembra in linea con la tesi secondo cui l’autorizzazione medesima ha efficacia non meramente dichiarativa, bensì costitutiva[15].
2. Indennizzo dell’altro contraente e prededuzione del credito per prestazioni eseguite dopo la pubblicazione della domanda di ammissione
Qualora si realizzi una delle ipotesi contemplate nel primo comma dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare, viene confermata la possibilità per l’altro contraente di ottenere un indennizzo equivalente al risarcimento del danno derivante dal mancato adempimento, credito da soddisfarsi quale “credito anteriore al concordato”. Permane, di guisa, anche dopo la modifica normativa, la mancata inclusione di tale credito nell’alveo dei crediti soggetti a prededuzione, con conseguente sottoposizione alla falcidia concordataria dello stesso, con chiara finalità di favorire il debitore[16], consentendo al medesimo di “sgravarsi dai contratti che ostacolano il processo di riorganizzazione e di concorsualizzare il diritto di credito che al contraente in bonis deve essere riconosciuto”[17].
Il D.L. 83/2015, tuttavia, ha precisato nel secondo comma dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare che rimane ferma “la prededuzione del credito conseguente ad eventuali prestazioni eseguite legalmente e in conformità agli accordi o agli usi negoziali, dopo la pubblicazione della domanda ai sensi dell’articolo 161”. Ne consegue che, poiché ai sensi del “novellato” primo comma dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare, la sospensione del contratto decorre dalla comunicazione della relativa autorizzazione, i crediti sorti da prestazioni rese dall’altro contraente nell’arco temporale tra la data del deposito del ricorso e quella della comunicazione dovranno essere soddisfatti in prededuzione.
3. Locazione finanziaria
Dopo il terzo e quarto comma dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare, relativi rispettivamente alla mancata estensione dello scioglimento all’eventuale clausola compromissoria contenuta nel contratto e all’inapplicabilità della disposizione a determinate tipologie di contratto[18], rimasti immutati, il D. L. 83/2015 ha inserito un quinto comma, relativo allo scioglimento del contratto di locazione finanziaria. Tale norma estende alla procedura concordataria quanto già previsto dall’art. 72-quater in relazione al fallimento[19], stabilendo che il concedente abbia “diritto alla restituzione del bene” e sia tenuto “a versare al debitore l’eventuale differenza tra la maggior somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso avvenute a valore di mercato rispetto al credito residuo in linea capitale” precisando altresì che la somma versata al debitore in forza di tale disposizione è acquisita alla procedura non potendo, in ogni caso, determinarsi un ingiustificato arricchimento per il concedente. Qualora, per contro, il ricavato del bene sia inferiore al credito vantato dal concedente, quest’ultimo ha il “diritto di far valere verso il debitore un credito determinato dalla differenza tra il credito vantato alla data del deposito della domanda e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene”, credito che verrà soddisfatto quale credito anteriore al concordato[20]. Tale disposizione mira chiaramente a tutelare il concedente il caso di insufficienza del valore residuo del bene concesso in locazione al soddisfacimento del credito vantato.
4. Conclusioni
La dottrina si sta interrogando circa la qualifica della novella quale norma di natura interpretativa ovvero di portata innovativa. I mutamenti apportati alla rubrica e ai primi due commi dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare, a parere della scarna dottrina che si è espressa al riguardo[21], presentano natura meramente interpretativa, tenendo altresì in considerazione come “deve essere attribuita natura di norma d’interpretazione autentica (od a valenza ricognitiva) quando, pur rimanendo immutata la formulazione letterale della disposizione interpretata, se ne chiarisca e precisi il significato, giacché è necessario e sufficiente che la scelta ermeneutica imposta dalla legge interpretativa rientri tra le varianti di senso compatibili col tenore letterale del testo interpretato, stabilendo un significato che ragionevolmente poteva essere ascritto alla legge anteriore”[22].
Con le modifiche apportate dal D.L. 83/2015, il legislatore ha comunque fornito una risposta ai dibattiti dottrinali derivanti dalla previa formulazione della disposizione, quali i dibattiti in merito alla supposta dicotomia tra contratti “pendenti” e “in corso di esecuzione” a seguito dell’eliminazione della seconda locuzione.
E’ inoltre stata mantenuta, benché parzialmente mitigata, l’architettura a tutela del debitore prevista dal secondo comma della disposizione in esame.
Permangono, peraltro, anche dopo la “novella”, taluni dubbi interpretativi già formulati nel vigore del previgente testo, quali i dubbi concernenti, ad esempio, l’applicabilità di tale norma al concordato con riserva[23] e il tipo di valutazione che è rimessa al giudice in merito alla richiesta di autorizzazione allo scioglimento ovvero alla sospensione dei contratti pendenti[24].
A tali dubbi, inoltre, si aggiungono le questioni interpretative poste dall’attuale formulazione dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare, quali, a titolo meramente esemplificativo, quelle inerenti la portata del “contraddittorio” con l’altro contraente nel contesto delle indagini di cui al primo comma del “novellato” articolo 169-bis della Legge Fallimentare e la ormai consueta difficoltà interpretativa relativa alla locuzione “valore di mercato” di cui al sesto comma della norma in esame.
[1] Inserito nella Legge Fallimentare dall’art. 33, comma 1, lett. d, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge dalla l. 7 agosto 2012, n. 134.
[2] Pubblicato in G.U. n. 147 del 27 giugno 2015, convertito con modificazioni nella legge del 6 agosto 2015, n. 132, pubblicata in G.U. n. 192 del 20 agosto 2015, in vigore dal 21 agosto 2015.
[3] Le modifiche sono contenute nell’art. 8.
[4] Tale variazione porta ad “omogeneità di espressione” con l’art. 72 della Legge Fallimentare, che disciplina la sorte dei “rapporti pendenti” nel fallimento, come evidenziato da G. Rebecca, I contratti pendenti nel concordato preventivo. Le novità del DL 83/2015, Studio Rebecca e Associati, agosto 2015. Si noti che l’equivalenza tra le due espressioni era già sostenuta sia dalla dottrina sia dalla giurisprudenza maggioritaria, cfr., ex multis, Trib. Venezia, 20 gennaio 2015, in Fall. 2015, 557 e Trib. Ravenna, 22 ottobre 2014, in Il Fallimentarista.it, Sez. Giurisprudenza Commentata, 23 giugno 2015.
[5] Non è stata pertanto accolta dal legislatore la tesi, prospettata da parte minoritaria della dottrina precedente l’emanazione del D.L. 83/2015, secondo cui nel concordato preventivo anche i contratti unilaterali ovvero con prestazioni eseguite da una sola parte sarebbero soggetti a scioglimento o sospensione. Per una critica di tale posizione, definita “insostenibile ed eversiva” si veda F. Lamanna, Speciale Decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, inIl Fallimentarista, Parte III, 29 giugno 2015, pp. 11-12.
[6] Prima del D.L. 83/2015 ci si chiedeva se la norma fosse applicabile ai contratti in corso alla data di deposito del ricorso ex art. 161 della Legge Fallimentare ovvero a quella della pubblicazione nel registro delle imprese, cfr. La gestione della crisi di impresa. Scelta dello strumento, tecniche e responsabilità, atti del corso di perfezionamento “Il nuovo diritto fallimentare”, Firenze 29 gennaio e 11 febbraio 2015, Volume I, p. 527.
[7] Come evidenziato nel decreto dell’11 marzo 2015 del Tribunale di Bergamo, in Il caso.it, Sez. Giurisprudenza, n. 12715, 27 maggio 2015, favorevole all’equivalenza tra contratti “pendenti” e “in corso di esecuzione” secondo l’espressione in vigore prima del DL 83/2015.
[8] Specificazione degna di nota, dato che parte della dottrina cfr. G. Bozza, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in Fall., 2013, p. 1124 e 11125 e A. Patti, Rapporti pendenti nel concordato preventivo riformato tra prosecuzione e scioglimento, in Fall., 2013, p. 261 ss., aveva escluso che il debitore potesse chiedere lo scioglimento una volta presentato il ricorso, (“irragionevolmente” a parere di F. Lamanna, op. cit., p. 13). Nello stesso senso anche Trib. Pistoia, 9 luglio 2013, in Il caso.it, Sez. Giurisprudenza, n. 9381, 3 settembre 2013. Altra parte della giurisprudenza per contro (cfr. Trib Terni 27 dicembre 2013, in Il caso.it, Sez. Giurisprudenza, n. 9856, 6 gennaio 2014 e Trib. Firenze 11 dicembre 2013) invece aveva riconosciuto la possibilità di formulare l’istanza in esame anche dopo il deposito del ricorso ex art. 161 della Legge Fallimentare.
[9] Il legislatore ha quindi accolto le istanze volte ad assicurare una sorta di contraddittorio in merito a tali questioni, formulate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, cfr. tra le altre, App. Milano, 8 agosto 2013, in Dir. fall., 2014, II, 11 e E. Staunovo-Polacco, Speciale Decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: i contratti pendenti nel concordato preventivo (art. 169-bis l. fall.), Il Fallimentarista, 24 luglio 2015, p. 6, che sottolinea la “assoluta condivisibilità” della nuova formulazione.
[10] Cfr. La gestione della crisi di impresa. Scelta dello strumento, tecniche e responsabilità, cit., p. 529
[11] Cfr. App. Milano, 4 febbraio 2015, in Giur. it, 2015, p. 1147; Trib. Pavia, 24 novembre 2014, in Il caso.it, Sez. Giurisprudenza, n. 11691, 1 dicembre 2014; Trib. Prato 8 agosto 2014, in Il caso.it, Sez. Giurisprudenza, n. 11248, 25 settembre 2014; Trib. Pavia 4 marzo 2014, in Il caso.it, Sez. Giurisprudenza, n. 10157, 10 marzo 2014; App. Venezia, 20 novembre 2013, in Il caso.it, Sez. Giurisprudenza, n. 9801, 11 aprile 2014; App. Milano, 8 agosto 2013, in Dir. Fall., Parte II gennaio-febbraio 2014.
[12] T. Bagnulo, I contratti pendenti nel concordato preventivo alla luce del nuovo articolo 169 bis Legge Fallimentare a seguito del Decreto-Legge 83/2015, Filodiritto, 23 ottobre 2015.
[13] Cfr. Trib. Reggio Emilia, 8 luglio 2015, in Il caso.it, Sez. Giurisprudenza, n. 13112, 23 luglio 2015.
[14] Cfr. S. Ambrosini, Il diritto della crisi d’impresa nella legge n. 132 del 2015 e nella prospettiva di riforma, in Il caso.it, p. 40.
[15] Si veda Trib. Milano, 30 ottobre 2013, inedita, che pone in luce che tale “autorizzazione è imprescindibile al fine della sospensione o dello scioglimento di un contratto pendente tra le parti, sì che essa è elemento costitutivo di tali effetti”.
[16] Aspetto già criticato nel vigore del previgente testo dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare da N. Traverso, Concordato preventivo e contratti pendenti ex art. 169-bis l.fall.: tutele del contraente in bonis, StudioCataldi.it, 10 marzo 2014.
[17] AA.VV., Concordato preventivo e accordi di ristrutturazione: dal decreto “Crescita” al decreto del “Fare”, Milano,2013, p. 1123.
[18] Si tratta di contratti dei lavoro subordinato ovvero dei contratti di cui agli artt. 72, ottavo comma, 72-ter e 80, primo comma, della Legge Fallimentare.
[19] E. Staunovo-Polacco, op. cit., p. 10.
[20] Di conseguenza, il quinto comma prevede per tale credito la medesima natura prevista nel secondo comma.
[21] G. Rebecca, op. cit.
[22] Come evidenziato in Cons. Stato 20 maggio 2014, n. 2542, Foro it., Rep. 2014, voce Legge, n. 38.
[23] Già evidenziata da App. Brescia, 19 giugno 2013, in La gestione della crisi di impresa. Scelta dello strumento, tecniche e responsabilità, cit., p. 530 anche in considerazione degli effetti provvisori impliciti di tale istituto. Per una pronuncia recente favorevole all’applicazione dell’art. 169-bis della Legge Fallimentare, seppur nella versione previgente, al concordato con riserva si veda Trib. Treviso, 24 febbraio 2015, in Il caso.it, Sez. Giurisprudenza, n. 12321, 26 marzo 2015.
[24] T. Bagnulo, op. loc. cit. osserva che nel corso del concordato con riserva non può essere autorizzato lo scioglimento dei contratti pendenti e, qualora venga richiesta la sospensione, il ricorrente è tenuto a una chiara descrizione delle linee chiave del piano per valutare l’assenza di strumentalità della domanda