La sentenza che annulla l’aggiudicazione e dichiara inefficace il contratto ai sensi dell’art. 122 Cod. proc. amm., anche quando accerta la “possibilità di subentrare nel contratto”, non è mai costitutiva del vincolo contrattuale.
Le disposizioni del Codice dei contratti pubblici sulle fasi delle procedure di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione escludono infatti che questa, anche quando sia addivenuta all’individuazione dell’aggiudicatario, sia obbligata a concludere il contratto con quest’ultimo.
Ai sensi dell’art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 (e dell’art. 11, comma 9, del d.lgs. n. 163 del 2006, applicabile ratione temporis), divenuta efficace l’aggiudicazione definitiva, la stazione appaltante si trova nell’alternativa tra addivenire alla stipulazione ovvero esercitare i poteri di autotutela “nei casi consentiti dalle norme vigenti”, vale a dire, sussistendone i presupposti, annullare ovvero revocare il provvedimento di aggiudicazione.
Infatti “l’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta”, come espressamente precisa l’art. 32, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016 (e già precisava l’art. 11, comma 7, del d.lgs. n. 163 del 2006) ciò comporta che il provvedimento di aggiudicazione non è idoneo a far insorgere il rapporto obbligatorio tra le parti, né ad attribuire al privato aggiudicatario una posizione di diritto soggettivo, cui corrisponda un’obbligazione di concludere il contratto da adempiersi da parte della pubblica amministrazione.