Nella sentenza in esame, la Suprema Corte, dopo aver puntualizzato che, in merito alla qualificazione di un contratto, non rileva il nomen iuris indicato nel testo, quanto l’interpretazione che ne dà il giudice all’esito della disamina del rapporto tra l’obbligazione del garante e quella del garantito, ha confermato l’interpretazione operata dalla Corte di merito, la quale ha interpretato come contratto autonomo di garanzia il testo della lettera bancaria normalmente utilizzato nelle c.d. fideiussioni omnibus.
In merito al suddetto contratto, il Supremo Collegio ha precisato che, anche interpretando il contratto come autonomo di garanzia, non sono precluse al garante le eccezioni relative al contratto originario se riguardano la violazione di norme imperative.
Nel caso di specie, il garante aveva sin dal primo grado eccepito l’avvenuta applicazione di interessi anatocistici in violazione dell’art. 1283 cod. civ.., contenendo il contratto di conto corrente clausole illecite perché contrarie alla legge in materia di anatocismo.
La Corte di merito, sulla base del consolidato principio di diritto secondo cui il garante non può opporre al creditore la nullità del patto relativo al rapporto fondamentale, salvo che essa dipenda da contrarietà a norme imperative o dall’illiceità della causa, ha erroneamente ritenuto che nel contratto autonomo di garanzia sottoposto al suo esame, solo il debitore principale, e non anche il garante, poteva far valere la nullità dell’applicazione di interessi anatocistici ed ultralegali. Ciò sul rilievo che l’applicazione di tali interessi non è di per sé contraria a norme imperative, essendo regolamentata dalle disposizioni di cui agli artt. 1283 e 1284 cod civ..
In sostanza, la Corte territoriale ha implicitamente ritenuto che non essendoci nel nostro ordinamento un divieto assoluto di applicazione degli interessi anatocistici e ultralegali, essendo tale applicazione consentita quantomeno alle condizioni rispettivamente previste dagli artt. 1283 e 1284 cod. civ., non venga in considerazione, nel caso di specie, una fattispecie di contrarietà del rapporto contrattuale a norme imperative.
La Suprema Corte, al contrario, rifiutando tale impostazione giuridica, ha recentemente statuito che nel contratto autonomo di garanzia il garante è legittimato a proporre eccezioni fondate sulla nullità – anche parziale – del contratto base per contrarietà a norme imperative, con la conseguenza che può essere sollevata anche da costui, nei confronti della banca, l’eccezione di nullità della clausola anatocistica, atteso che la soluzione contraria consentirebbe al creditore di ottenere, per il tramite del garante, un risultato che l’ordinamento vieta (vedi Cass. n. 371 del 10/01/2018).
In particolare, il supremo Collegio, già nella sentenza sopra citata, ha ritenuto che il garante è legittimato a sollevare nei confronti della banca l’eccezione di nullità della clausola anatocistica, atteso che, ove non ricorrano le particolari condizioni legittimanti previste dall’art. 1283 cod. civ. (Cass. S.U. n. 21095/2004), la capitalizzazione, fondandosi su un uso negoziale, anziché normativo (il solo che ammette la deroga dell’art. 1283 cod.), deve ritenersi vietata per violazione di una norma cogente, dettata a tutela di un interesse pubblico.
Sul punto, non è affatto sufficiente, per ritenere che l’applicazione di interessi anatocistici non sia contraria a norme imperative, il rilievo, in astratto, che nel nostro ordinamento il divieto di anatocismo non sia assoluto, per essere quest’ultimo ammesso sia alle particolare condizioni previste dall’art. 1283 cod. civ., sia, per gli esercenti l’attività bancaria dall’art. 120 T.U.B., alle condizioni previste dall’art. 2 comma 2° delibera CICR 9 febbraio 2000 (medesima periodicità nella capitalizzazione degli interessi debitori e creditori).
A giudizio della Suprema Corte, infatti, occorre esaminare, in concreto, nel testo contrattuale se siano stati o meno pattuiti dalle parti interessi anatocistici in violazione di quanto previsto dagli artt. 1283 cod. civ. e 120 T.U.B, essendo indubitabile, in caso affermativo, la contrarietà di tale clausola ad una norma imperativa.
Ne consegue che, ove il correntista alleghi – come nel caso di specie – l’applicazione di interessi anatocistici in virtù di clausole inserite nel contratto di conto corrente in violazione dell’art. 1283 cod. civ. (o dell’art. 120 TUB), venendo in considerazione fattispecie di applicazione di interessi in contrasto con norme imperative, la nullità si comunica al rapporto di garanzia autonoma e la relativa eccezione può essere fatta valere quindi anche dal garante.
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