Con il provvedimento in oggetto, il Tribunale di Milano, richiamando la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 12 marzo 2013, n. 6070, ha affermato i seguenti principi:
a) “a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs n. 6/2003, la cancellazione dal registro delle imprese di una società di capitali, così come di una società di persone, provoca l’estinzione dell’ente medesimo, e ciò indipendentemente dalla sussistenza di rapporti giuridici non definiti in capo all’ente stesso”;
b) “successivamente a detta cancellazione possono dunque permanere rapporti in capo alla società che non sono stati definiti in sede di liquidazione del patrimonio sociale o perché trascurati (i cc.dd. ‘residui non liquidati’), o perché solo in seguito se ne è scoperta l’esistenza (le cc.dd. ‘sopravvenienze’)”;
c) “in generale, con riferimento a detti rapporti attivi, non definiti in sede di liquidazione del patrimonio sociale, viene a determinarsi un meccanismo successorio tale per cui, venuto meno il vincolo sociale, la titolarità dei beni e dei diritti residui o sopravvenuti torna ad essere direttamente imputabile a coloro che della società costituivano il sostrato personale”;
d) “tuttavia, ove detti rapporti attivi consistano in mere pretese, a cui non corrisponda nel patrimonio sociale alcun diritto idoneo ad essere iscritto in bilancio, gli stessi devono considerarsi rinunciati da parte della società”;
e) “detta rinuncia si configura anche per i diritti di credito illiquidi, in relazione ai quali non è stata esperita da parte del liquidatore alcuna azione giudiziaria diretta ad ottenerne la relativa liquidazione e di cui non si è tenuto conto in alcun modo in sede di cancellazione dal registro delle imprese”.