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Giurisprudenza

Contratto di opzione: ipotesi di nullità per mancanza di corrispettivo e violazione del divieto di patto leonino

19 Novembre 2013

Tribunale di Milano, 19 settembre 2013, n. 12213

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 12213 del 19 settembre 2013, il Tribunale di Milano affronta una controversia inerente la validità di un contratto di opzione avente ad oggetto il trasferimento di partecipazioni societarie.

In primo luogo, il Tribunale esamina il tema della nullità del contratto d’opzione per mancanza della previsione di un corrispettivo per la concessione dell’opzione. Sul punto il Tribunale ricorda come la causa del patto d’opzione consista nel rendere ferma per il tempo pattuito la proposta relativamente alla conclusione di un ulteriore contratto, con correlativa attribuzione all’altra del diritto di decidere circa la conclusione di quel contratto entro quel medesimo tempo; l’opzione si inserisce, cioè, in una fattispecie a formazione progressiva della volontà contrattuale, inizialmente costituita da un accordo avente ad oggetto la irrevocabilità della proposta del promettente, ed, in seguito, dalla eventuale accettazione del promissario, che – saldandosi immediatamente con la proposta irrevocabile precedente – perfeziona il negozio giuridico di trasferimento; per il disposto dell’art. 1331 c.c., che non prevede il pagamento di alcun corrispettivo, l’opzione può essere offerta a titolo oneroso o gratuito.

Successivamente, il Tribunale affronta l’eccezione di nullità dell’opzione ex art. 2265 cod. civ. per violazione del divieto di patto leonino. In particolare, veniva contestato il fatto che, nel caso di specie, l’opzione put a prezzo predeterminato avrebbe costituito un meccanismo ideato al fine di escludere il socio dalla partecipazione agli utili e alle perdite, garantendo all’opzionario un comodus discessus dall’investimento, cioè un’uscita programmata dal contratto sociale, la quale avrebbe costituito una sorta di garanzia sostanzialmente illimitata rispetto al deprezzamento dell’apporto di capitale eseguito dal socio opzionario stesso nella società target.

Rigettando tale eccezione, il Tribunale evidenzia come, ciò che è necessario verificare a fronte di patti che consentano ad un socio l’exit a condizioni preconcordate, di modo e di tempo, è non solo se essi siano idonei ad escludere un socio dalla partecipazione alle perdite in modo assoluto e costante, ma se detta esclusione costituisca la loro funzione essenziale (la loro “causa”), o rispondano invece ad una funzione causale autonomamente meritevole di tutela, onde non contrastino con la ratio della norma di cui all’art. 2265 c.c. e l’esigenza di salvaguardare l’ interesse dei soci coinvolti alla buona gestione dell’impresa.

In tal senso, il patto parasociale in questione: da un lato, non stabiliva in modo assoluto l’esclusione della società titolare del diritto di opzione dai rischi e utili, in quanto le attribuiva un diritto di exit solo per un periodo di 5 anni e a condizioni predeterminate che la garantivano solo da perdite superiori ad una certa soglia; dall’altro rispondeva ad una funzione specifica individuata dalle parti nell’ambito dell’autonomia negoziale, in modo valido interessate a offrirsi reciprocamente per un quinquennio il diritto di vendere/acquistare la partecipazione di minoranza della società a condizioni di prezzo predeterminate e diverse dal suo valore reale all’epoca, che sarebbero divenute appetibili in concreto solo in ragione dell’andamento futuro della stessa società.

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