Nei contratti relativi alla prestazione di un servizio d’investimento, la forma scritta integra un requisito essenziale. Tale requisito non è integrato laddove la Banca si limiti a raccogliere la sottoscrizione del cliente, e non sottoscriva e trasmetta al cliente la propria accettazione.
Dichiarata la nullità derivata degli acquisti di titoli compiuti sulla base di un contratto quadro invalido, va respinta la domanda della Banca convenuta di restituzione di cedole già percepite dall’attrice, in quanto tali cedole valgono ad assorbire i danni che l’attrice lamenta come conseguenza dell’investimento effettuato in base ad acquisti nulli. Sussiste, dunque, una causa legittima di ritenzione delle cedole.
Le decisioni del Tribunale di Milano si pongono in linea con l’orientamento della Corte di Cassazione (espresso nelle pronunce n. 7068/2016 e n. 8395/2016) il quale, in contrasto con l’indirizzo precedente, viene appunto ad affermare la nullità del contratto quadro sottoscritto dal cliente dal quale non si desuma l’accettazione scritta dell’incarico da parte della Banca. E ciò in ragione dell’argomento secondo cui la natura protettiva della nullità ex art. 23 TUF non configura uno schema di conclusione del contratto diverso rispetto a quello di cui all’art. 1326 c.c.
Nel caso deciso con la sentenza 9132/2016, è stato ritenuto non integrare il requisito della sottoscrizione il timbro con la firma del «titolare della dipendenza» apposto dall’addetto sulla «copia per la Banca», dalla cui apposizione si può desumere, piuttosto, la sola attestazione la ricezione della copia del contratto da parte della Banca stessa; e non già l’espressione di una volontà negoziale dell’Istituto (tale assunto, precisa il Tribunale, «è avvalorato dal fatto che nella prima pagina del modulo è scritto che il cliente prende atto “che un esemplare del presente contratto mi/ci viene rilasciato debitamente sottoscritto dai soggetti abilitati a rappresentarvi»; sicché «la volontà negoziale della Banca era espressa in un altro documento contrattuale»).
In punto di disciplina delle azioni restitutorie, entrambe le decisioni hanno affermato che il cliente, obbligato alla restituzione dei titoli di cui agli acquisti invalidi, può tuttavia, trattenere le cedole percepite, a titolo di risarcimento del danno.
Nel caso deciso con la sentenza 8339/2016, i titoli acquistati sulla base del contratto nullo erano peraltro già stati venduti. Stante la buona fede del cliente, l’obbligo di restituzione dei titoli è perciò mutato nell’obbligo di corrispondere alla Banca la somma ricavata dalla vendita dei titoli.