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Giurisprudenza

Convalida tacita del contratto quadro per vizio di forma ex art. 23 TUF: ultimi orientamenti del Tribunale di Verona

7 Novembre 2012

Tribunale di Verona, 28 giugno 2012

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenza del 28 giugno 2012 il Tribunale di Verona ha affrontato diversi aspetti comuni nel contenzioso in materia di intermediazione finanziaria.

Per quanto qui maggiormente interessa, si segnala l’orientamento espresso dal Tribunale in favore della convalida tacita del contratto quadro di intermediazione finanziaria concluso in difetto di forma scritta ex art. 23 TUF, nonché la disamina del rispetto dell’onere probatorio, in capo all’investitore, circa la sussistenza del nesso di causalità fra violazione degli obblighi di condotta da parte dell’intermediario e danno patito.

Relativamente al primo profilo, il Tribunale evidenzia come, se il divieto di convalida del contratto viziato da nullità assoluta appare in sintonia con la natura pubblicistica dell’interesse protetto, viceversa per le nullità relative di protezione (quale quella prevista dall’art. 23 TUF in favore dell’investitore) l’interesse pubblico alla tutela del mercato è posposto rispetto alla tutela dell’interesse del contraente destinatario della normativa di protezione.

L’istituto della convalida tacita in caso di nullità relativa deve quindi ritenersi espressione del più generale dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto, che non consente l’adozione di comportamenti tra loro contraddittori da parte dei contraenti.

Applicando detti principi al caso di specie il Tribunale valuta in termini di convalida tacita il comportamento dell’investitore che, agendo in giudizio, chieda la nullità di quei soli ordini cui siano riconnesse perdite da investimento, per contro pretendendo di continuare a beneficiare dei positivi effetti, in termini di cedole percepiti, degli altri ordini eseguiti.

Volontà sanante già espressa dall’investitore anche laddove, nel corso del rapporto, lo stesso non si sia limitato ad atteggiamenti passivi, ma abbia chiaramente manifestato la propria volontà di avvalersi, relativamente alle obbligazioni argentine detenute in portafoglio, degli effetti del contratto quadro aderendo Ops formulata dall’Argentina nel 2005.

Per quanto attiene il secondo profilo – ovvero la sussistenza del nesso di causalità tra violazioni degli obblighi informativi e danno patito in termini di perdita dell’investimento – il Tribunale evidenzia come sia onere dell’investitore provare che, se avesse avuto complete informazioni da parte dell’intermediario, sarebbe stato dissuaso dal porre in essere l’investimento e non avrebbe quindi acquistato quei titoli.

Nel caso di specie, tale nesso di causalità è stato escluso dal Tribunale relativamente agli acquisti di bond Argentina effettuati dopo il default dello stato sud americano.

Da tale comportamento deve per il Tribunale desumersi l’inclinazione dell’investitore a compiere operazioni in condizioni di estrema rischiosità, ossia anche in presenza di circostanze che rendevano altamente improbabile il recupero della somma investita. Un simile atteggiamento, altamente speculativo, rasentando il puro azzardo, induce a ritenere che, anche qualora, prima di effettuare gli investimenti in esame, gli fossero state fornite le informazioni di cui ha lamentato la mancanza, ciò non lo avrebbe necessariamente trattenuto dal compierli.

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