Il decreto di conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento non può costituire causa di interruzione del processo, solo considerato il tenore dell’art. 71, comma 2, D.Lgs. 270/1999 che, testualmente, prevede la prosecuzione dell’accertamento dello stato passivo, con la sola sostituzione del curatore al commissario straordinario, essendo quest’ultimo ormai cessato dalle sue funzioni ex lege.
Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente è tenuto, a pena di decadenza ex art. 99, comma secondo, n. 4) L.F., solo ad indicare specificatamente in seno al ricorso i documenti già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato; ne consegue che, in difetto di produzione del documento indicato specificatamente in ricorso, il tribunale deve disporne l’acquisizione dal fascicolo della procedura fallimentare ove esso è custodito.
Mediante tale principio di diritto, la Suprema Corte ha ribadito il nuovo orientamento interpretativo riferibile al summenzionato articolo, inaugurato con la sentenza n. 12548/2017.
Il principio di non contestazione, oggi codificato quale tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti in giudizio, non comporta affatto l’automatica ammissione del credito allo stato passivo, solo perché non contestato dal curatore (o dai creditori eventualmente presenti in sede di verifica), competendo al giudice delegato (e al tribunale fallimentare) il potere di sollevare, in via officiosa, ogni sorta di eccezioni in tema di verificazione dei fatti e delle prove (Cass. 06/08/2015, n. 16554).