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Attualità

Conversione del d.l. Cura Italia: il nuovo pegno non possessorio agricolo

27 Aprile 2020

Angelo Chianale, Professore Ordinario di Diritto Civile all’Università di Torino, Notaio in Torino

Di cosa si parla in questo articolo

1. Il nuovo pegno

Il d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Cura Italia), è stato convertito con modifiche dalla l. 24 aprile 2020. La legge di conversione introduce una disposizione di rilievo generale, slegata temporalmente dal periodo di emergenza Covid-19 e destinata a operare in maniera definitiva. Nell’art. 78 del decreto Cura Italia, dedicato alle misure in favore del settore agricolo e della pesca, compare un nuovo comma 2-duodecies che introduce una nuova forma di pegno.

La norma recita: “I prodotti agricoli e alimentari a denominazione d’origine protetta o a indicazione geografica protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande spiritose, possono essere sottoposti a pegno rotativo, attraverso l’individuazione, anche per mezzo di documenti, dei beni oggetto di pegno e di quelli sui quali il pegno si trasferisce nonché mediante l’annotazione in appositi registri”. A questo pegno si applicano gli artt. 2786 ss. c.c. sul pegno mobiliare in quanto compatibili (comma 2-quaterdecies).

L’operatività del nuovo istituto segue due binari differenti, secondo quanto disposto dal comma 2-terdecies. Per i prodotti per i quali già ora vige l’obbligo di registrazione nel Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN, costituito con legge 4 giugno 1984, n. 194, art. 15)[1] le annotazioni previste dalla nuova norma si eseguono nel SIAN: per questi prodotti l’istituto pare quindi immediatamente applicabile (salvo l’aggiornamento tecnico dei registri telematici). Per ogni altro prodotto un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, da emanare entro 60 giorni, dovrà definire la disciplina dei relativi registri: in questo caso occorre attendere l’istituzione dei nuovi registri.

2. L’oggetto del pegno

Il nuovo pegno può avere a oggetto soltanto prodotti DOP e IGP, e precisamente:

prodotti agricoli: il Regolamento (UE) 2013/1308 del 17 dicembre 2013, art. 1, indica la suddivisione per settori dei prodotti agricoli, rilevante per delimitare l’oggetto del pegno[2]; il riconoscimento delle qualifiche DOP e IGP è previsto dal Regolamento (CE) 510/2006 del 20 marzo 2006, art. 4, e dal d. lgs. 19 novembre 2004, n. 297;

– prodotti alimentari: il Regolamento (CE) 178/2002 del 28 gennaio 2002 definisce come alimento “qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito … da esseri umani”, incluse le bevande e l’acqua; peraltro occorre che l’alimento presenti le qualifiche di DOP o IGP e salve alcune eccezioni, anche di rilievo, si tratta normalmente di un prodotto agricolo[3];

prodotti vitivinicoli: la relativa disciplina è contenuta dalla legge 12 dicembre 2016, n. 238 (c.d. Testo Unico Vino)[4]; la qualifica DOP (che comprende le tradizionali sigle DOCG e DOC) e IGP è regolata dal citato Reg. (UE) 2013/1308 e dagli artt. 26 ss. del TU Vino;

bevande spiritose: sono definite dal Regolamento (UE) 2019/787 del 17 aprile 2019 (art. 2), che disciplina le indicazioni geografiche protette (artt. 21 e 22).

L’oggetto del pegno è indicato dalla norma nei prodotti: quelli vincolati e quelli sui quali il pegno si può trasferire. L’indicazione normalmente deve essere generica: il comma 2-terdecies richiede annotazioni per tipologia di prodotti (equivalenti ai riferimenti merceologici dell’art. 1 d.l. 59/2016 per il pegno non possessorio)[5].

Non è previsto che il pegno colpisca denaro e crediti. Sorge allora un problema di applicazione della nuova normativa. L’attività del datore del pegno si articola normalmente nella raccolta dei prodotti, nella loro trasformazione e infine nella vendita. Se l’attività si svolge a ciclo continuo il pegno di trasferisce senza soluzione di continuità sui differenti beni previsti nel contratto. Se invece l’attività presenta cicli di lavorazione temporalmente distinti, con un intervallo tra la vendita dei prodotti e l’acquisto di nuova materia prima (es. raccolta di olive, produzione di olio, vendita prima della nuova raccolta), non è coerente con lo scopo della norma considerare estinto il pegno dopo ogni stagione e richiedere volta per volta una nuova costituzione; si può allora concludere che il pegno rimane in vita, pur senza oggetto attuale, in attesa di vincolare il nuovo oggetto previsto dalle parti. In questa ipotesi il finanziatore bancario ricorre anche a diversi strumenti di garanzia, vincolando i crediti del debitore e le somme incassate dalla vendita dei prodotti.

3. La disciplina applicabile

Viene adottato il termine “pegno rotativo” – sinora non adoperato dal legislatore e presente soltanto nel d.m. 26 luglio 2016 sul pegno non possessorio di prodotti caseari – che viene riferito nel comune linguaggio giuridico sia al pegno regolare di strumenti finanziari, con spossessamento del debitore, sia alle garanzie reali mobiliari non possessorie. La ratio del nuovo istituto, voluto per accrescere le fonti di finanziamento delle imprese agricole, e l’adozione della formalità pubblicitaria presso il SIAN inducono a ritenere che si tratti di un pegno non possessorio: i prodotti restano nella disponibilità materiale del debitore che li può sostituire con altri, come previsto espressamente dalla norma.

La norma in esame non pone requisiti di forma per il contratto di concessione del nuovo pegno. La prelazione sembra sorgere soltanto con la “registrazione della costituzione” (comma 2-terdecies), come avviene per il pegno non possessorio; ne segue che non è necessaria la scrittura con data certa di cui all’art. 2787 c.c.

Non sono richieste qualità soggettive delle parti del nuovo pegno. Non è necessario che il creditore svolga l’attività di concessione del credito (ad es. può essere un fornitore del debitore). Peraltro il debitore normalmente svolge attività di impresa agricola; in alcuni casi può anche svolgere l’attività di produzione di alimenti. Il pegno può anche provenire da un terzo datore diverso dal debitore (es. da una società agricola operativa che garantisce un finanziamento concesso alla propria controllante).

Il nuovo istituto viene introdotto senza alcun coordinamento con altre garanzie reali similari. Intanto è ben diverso dal c.d. pegno agricolo regolato dal d. lgs. 29 marzo 2004, n. 102, art. 18, che vincola soltanto le quote di produzione, i diritti d’aiuto europei e i diritti di reimpianto delle viti. Invece il nuovo pegno si sovrappone al pegno su prosciutti a denominazione d’origine tutelata (legge 24 luglio 1985, n. 401), esteso ai formaggi stagionati (legge27 marzo 2001, n. 122, art. 7)[6]; al privilegio convenzionale disciplinato dall’art. 46 tub, quando viene concesso per garantire il credito agrario, anche a breve termine, a sensi dell’art. 44, comma 1, tub; al pegno non possessorio dell’art. 1 del d.l. 59/2016. Occorrerà valutare sul piano operativo quali siano i vantaggi e gli svantaggi delle varie garanzie.

La disciplina del nuovo pegno è quella del pegno mobiliare ordinario, in quanto compatibile, secondo la tecnica di rinvio già adottata dall’art. 1 d.l. 59/2016 per il pegno non possessorio. Le analisi elaborate per quest’ultimo possono quindi venire utilizzate per valutare i profili di disciplina del nuovo istituto.

La natura non possessoria del nuovo pegno agricolo rende applicabile l’art. 1, comma 2, d.l. 59/2016 sul pegno non possessorio, che consente al creditore di promuovere azioni conservative o inibitorie nel caso di abuso nell’utilizzo dei beni da parte del datore del pegno. Come anche disposto dall’art. 5 della citata legge sul pegno dei prosciutti, il creditore può chiedere il sequestro dei prodotti qualora il debitore non si attenga alle norme di lavorazione e per ogni altro grave motivo (art 5). Il giudice affida allora i beni al creditore stesso oppure a un terzo e torna applicabile il divieto di uso e disposizione dei beni imposto dall’art. 2792 c.c. in tema di pegno mobiliare.

Un dubbio sorge per l’escussione della garanzia. Sembra possibile applicare in caso di inadempimento del debito garantito l’escussione semplificata concessa dall’art. 44, comma 4, tub al creditore garantito dal privilegio del credito agrario[7]: la natura normalmente deperibile dell’oggetto della garanzia sembra rendere incompatibile la regolamentazione della vendita pignoratizia tradizionale (art. 2797 c.c.); ne seguirebbe l’applicazione estensiva dell’escussione ex art. 44 tub, che appunto accoglie un privilegio convenzionale avente la medesima struttura del nuovo pegno non possessorio. Altrimenti la vendita pignoratizia, seppur derogata e semplificata al massimo dalle parti come permesso dall’art. 2797, ult. comma, c.c., sarebbe bloccata dall’eventuale opposizione del debitore: il che contrasta con la natura in genere deperibile dei beni vincolati. D’altra parte il carattere eccezionale dell’escussione di tipo marciano del pegno non possessorio, in particolare del potere del creditore di apprendere i beni vincolati con l’ausilio dell’ufficiale giudiziario al fine di diventarne proprietario o di venderlo, con restituzione dell’eccedenza, nonostante ogni opposizione, non pare consentire l’applicazione di questa regola al nuovo pegno agricolo.

 


[1] Ad es. i prodotti del settore vitivinicolo; le sostanze zuccherine; burro e latte in polvere e conservato; l’olio d’oliva.

[2] Tra i più rilevanti figurano cereali, riso, zucchero, olio di oliva, prodotti ortofrutticoli, anche trasformati, piante, latte e derivati, carni (che includono anche animali vivi).

[3] Non sempre l’alimento DOP/IGP consiste in prodotti agricoli oppure in derivati della carne o del latte: es. alcuni prodotti ittici (le acciughe del Mal Ligure, il salmerino e le trote del Trentino, le cozze di Scardovari e la tinca di Poirino); vari tipi di dolci (i cantuccini toscani; il cioccolato di Modica; il torrone di Bagnara); la liquirizia di Calabria; alcuni tipi di zafferano; numerosi tipi di miele, di pane e di paste (cfr. l’elenco dei prodotti DOP e IGP tenuto dal Ministero delle politiche agricole e reperibile in https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2090).

[4] Per prodotti vitivinicoli si intendono quelli elencati nell’allegato I, parte XII, del Reg. 2013/1308 (vini, succhi di uva, uve fresche non da tavola, aceto di vino, vinello, fecce di vino, vinaccia) e nell’art. 11 del TU Vino (mosto cotto, filtrato dolce, mosto muto, enocianina).

[5] Salvo per il pegno agricolo su beni determinati: es. bottiglie di vino o di alcolici numerate singolarmente.

[6] Cfr. CHIANALE, Le garanzie reali, in Tratt. dir. priv., dir. da Iudica e Zatti, Milano, 2019, 491 ss.

[7] Su istanza del creditore il giudice, assunte sommarie informazioni, dispone l’apprensione e la vendita dei beni secondo l’art. 1515 c.c.: v. FALCONE, Art. 43-44, in A.V., Commento al TUB, a cura di Costa, Torino, 2013, I, 434 s.

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