Con la sentenza in commento il Tribunale di Roma si è pronunciato sulla legittimazione dei soci di srl alla convocazione dell’assemblea, statuendo che “l’attribuzione, di cui all’art. 2479 c.c., ai soci di società a responsabilità limitata, rappresentanti un terzo del capitale sociale, di sottoporre argomenti alla discussione dell’assemblea dei soci, comporta altresì, per via estensiva, il potere di convocazione diretta dell’assemblea su quegli stessi argomenti”.
La pronuncia de quo decide in merito alla domanda cautelare di sospensione della delibera assembleare di revoca e nuova nomina di un amministratore promossa da un socio – già amministratore revocato – nelle more del giudizio di impugnazione della delibera medesima ai sensi dell’art. 2479-ter c.c. L’attore, in particolare, contestava la legittimità della convocazione della riunione in quanto formulata da un altro socio in violazione della legge (“essendo atto riservato normativamente all’organo amministrativo”, come allega nell’atto di citazione) e dell’atto costitutivo che riservava espressamente agli amministratori il potere di convocare l’assemblea.
In via preliminare, il giudice si esprime sull’ammissibilità della domanda di sospensione dell’esecuzione della delibera di revoca e di nomina di un amministratore, ritenendo che “sono sospendibili le deliberazioni che continuano a manifestare perdurante efficacia rispetto all’organizzazione sociale – come, nel caso di specie, la delibera di revoca e di nomina dell’organo amministrativo – in via non già di riflesso, ma di diretta incidenza sul funzionamento degli organi dell’ente”. In altri termini, il giudice romano ha ritenuto di dover condividere l’orientamento secondo il quale il termine “esecuzione” della delibera (art. 2479-ter c.c., che rinvia espressamente all’art. 2378 c.c. in tema di impugnazioni di delibere assembleari nelle spa) deve essere inteso come “efficacia” e, più precisamente, come “idoneità dell’atto alla produzione di effetti giuridici ulteriori rispetto a quelli attinenti alla sua esecuzione”. Si è concluso, dunque, che la delibera di nomina degli amministratori, seppur eseguita già con l’insediamento dei nominati, è destinata a produrre i propri effetti per l’intero periodo di gestione della società, in considerazione delle operazioni vincolanti che potranno essere decise ed attuate dagli amministratori.
Nell’esame del merito della controversia il Tribunale di Roma è chiamato a decidere sulla legittimità della convocazione dell’assemblea da parte dei soci della srl, ancorché non sussista un’espressa previsione normativa in tal senso (la tematica è stata recentemente affrontata anche dal Tribunale di Milano con sentenza del 12 marzo 2013, n. 3404)
Nell’argomentare in senso favorevole alla validità della convocazione, il giudice romano, in primo luogo, compie una ricostruzione teleologica della disciplina delle decisioni dei soci nella srl evidenziando la volontà del legislatore della riforma del 2003 di predisporre una normativa “autonoma ed autosufficiente” per il procedimento decisionale, tale da escludere la sussistenza di una lacuna normativa in tema di legittimazione alla convocazione dell’assemblea e, di conseguenza, il ricorso per via analogica all’applicazione dell’art. 2367 c.c. relativo alle società per azioni.
A corroborare tale tesi la sentenza riconosce, su un piano eminentemente sistematico, l’evidente impostazione dellariforma del diritto societario atta a valorizzare la centralità del ruolo assunto dai soci attribuendo loro, ad esempio, penetranti poteri di controllo (art. 2476, secondo e terzo comma c.c.) ovvero il potere, limitatamente ai titolari di almeno un terzo del capitale sociale, di sottoporre all’approvazione dei soci taluni argomenti (art. 2479, primo comma c.c.). Con particolare riferimento a quest’ultima fattispecie, il potere dei soci di sottoposizione diretta sia delle materie non rimesse dalla legge o dall’atto costitutivo alla loro competenza sia, a fortiori, degli argomenti a questi riservati, consente, ad avviso del giudice romano, di ricavare una “regola generale di legittimazione attiva per le decisioni dei soci”. Da tale ricostruzione discende la conclusione del Tribunale a favore dell’attribuzione del potere di convocazione dell’assemblea al socio titolare di almeno un terzo del capitale sociale, invero precisando che suddetto potere non può dirsi “concorrente e sussidiario” a quello dell’organo amministrativo – se così fosse si aprirebbe la strada alla possibilità di svolgimento di assemblee sostanzialmente “parallele”, paralizzando le dinamiche societarie – bensì deve essere condizionato all’inerzia degli amministratori.
Infine, il giudice romano si esprime sulla possibilità dell’autonomia statutaria di escludere in radice la legittimazione dei soci e concentrare il potere di convocazione dell’assemblea nelle mani degli amministratori, accentuando così il profilo capitalistico della società. La conclusione a cui addiviene è negativa: l’art. 2479, primo comma c.c. costituisce, infatti, una norma di garanzia inderogabile e il rinvio computo dall’art. 2479-bis,primo comma c.c. all’atto costitutivo per la disciplina dei modi di convocazione dell’assemblea appare piuttosto riferibile alle sole modalità di convocazione in senso stretto. D’altra parte, statuisce il Tribunale, “escluso il ricorso al tribunale per il socio di minoranza, là ove l’atto costitutivo riservasse la convocazione al solo organo gestorio, il socio di minoranza non avrebbe alcuno strumento di tutela a fronte dell’inerzia o dell’ostruzionismo degli amministratori”.