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Copertura e speculazione: funzioni e disfunzioni dell’interest rate swap

25 Ottobre 2013

Maddalena Semeraro, Ricercatore confermato di diritto privato, Università Magna Graecia di Catanzaro

1. Orientamenti giurisprudenziale in materia di causa dell’interest rate swap: in particolare, la distinzione tra funzione speculativa e funzione di copertura. – 2. Presupposti dell’orientamento che prospetta la nullità per difetto di causa stante l’inidoneità del derivato a realizzare una funzione di copertura: a) attitudine della dichiarazione di copertura a penetrare nella causa. – 3. Segue: b) distinzione sul piano funzionale tra speculazione e copertura. Contrattazione tra parti professionali: irrilevanza della dichiarazione a incidere sulla natura speculativa del derivato. Meritevolezza dell’operazione in ragione della capacità di entrambe le parti di gestire il rischio. – 4. Segue. Irs stipulato da un intermediario e un cliente: persistenza della funzione speculativa nonostante l’intervento della dichiarazione di copertura. Funzione residuale della dichiarazione: delimitazione di ambiti oggettivi di contrattazione attesa la necessaria ricorrenza di specifici requisiti strutturali del derivato ove ricorra tale dichiarazione. – 5. Secondo orientamento giurisprudenziale: superamento della distinzione tra speculazione e copertura ai fini della qualificazione dell’operazione. – 6. Conclusioni in ordine al vizio e al rimedio applicabile.

 

1. Il terreno prediletto dalla giurisprudenza sul quale verificare la sorte dei contratti di interest rate swapè sempre più quello della causa. Le pronunce che si collocano in questa prospettiva iniziano a essere molteplici. Dapprima il Tribunale di Bari, che con ordinanza del 5 gennaio 2012 ha decretato la nullità dell’IRS stipulato con funzione di copertura per difetto di causa, attesa la sua inidoneità a realizzare la menzionata funzione1. Poi, il Tribunale di Monza, il quale con sentenza del 17 luglio 2012 ha espressamente statuito che «la non rispondenza delle condizioni economiche contrattuali del contratto derivato Interest Rate Swapalla funzione di copertura del rischio nello stesso enunciata ne comporta la nullità per difetto di causa (art. 1418, comma secondo, c.c.), da intendersi quale sintesi degli interessi concretamente perseguiti dalla negoziazione»2. Ancora, la Corte di appello di Trento3. E da ultimo, seppure correggendo il tiro, la Corte di Appello di Milano, la quale rappresenta l’irrazionalità dell’alea (ossia la non misurabilità del rischio) alla stregua di un difetto di causa del derivato4. Quest’ultima decisione, in particolare, reputa irrilevante la distinzione tra funzione di copertura e funzione speculativa ai fini della qualificazione del contratto5, laddove rilevante sarebbe soltanto, esattamente, la razionalità dell’alea. In essa (e cioè nella evocata misurabilità del rischio) risiederebbe «il riconoscimento legislativo» dell’interest rate swap, sicché la sua mancanza darebbe luogo a un vizio genetico del contratto.

Due specificazioni sono d’obbligo. La prima è che lodevole si mostra il tentativo della giurisprudenza di riconoscere a tutela dell’interesse del cliente rimedi demolitori dell’atto che si affiancano a quelli risarcitori. La seconda è che, sebbene con gli opportuni distinguo, non sempre i percorsi intrapresi sembrano cogliere i profili più sensibili della materia. La sensazione è che per certi versi resti aperta la stessa questione della ammissibilità di contrattazioni in derivati equiparabili alla pura scommessa da parte di un cliente consapevole o presunto tale.

Cominciamo, dunque, dal primo orientamento giurisprudenziale: il derivato sarebbe nullo per mancanza di causa, stante la sua inidoneità in concreto a realizzare l’interesse del cliente alla copertura di un precedente rapporto di finanziamento; interesse esplicitamente dichiarato in sede di conclusione del contratto. In apice sta con evidenza la tracciabilità di una netta distinzione tra funzione di copertura e funzione di speculazione e, con essa, la possibilità di ricorrere a (o, eventualmente, di instaurare un parallelismo con) figure giuridiche distinte ai fini della qualificazione dell’operazione economica posta in essere dalle parti: l’assicurazione nell’un caso; la scommessa nell’altro.

I passaggi argomentativi che si rinvengono nella parte motiva delle pronunce riconducibili a tale orientamento sono, invero, assai lineari. Al vertice si trovano, da un lato, il riscontro di una sostanziale incoerenza tra la funzione di copertura che il derivato avrebbe dovuto assolvere per espressa dichiarazione contrattuale e la sua strutturazione con particolare riferimento ai parametri (i.e., tasso fisso e tasso variabile) individuati al fine del calcolo dei flussi di cassa; parametri i quali risulterebbero ex post caratterizzati da un costante squilibrio a favore della banca. Dall’altro lato, l’ulteriore riscontro della mancata prova fornita dagli istituti di credito della esistenza, all’atto della contrattazione, di previsioni che indicassero una crescita del tasso variabile Euribor a essa applicabile «superiore a quella concretamente verificatasi e tale da giustificare la misura dei tassi fissi crescenti posti a carico del cliente»6.

Dunque, snodi centrali di un percorso comune sono: a) la riconosciuta attitudine della dichiarazione (contrattuale) di voler concludere il contratto con la finalità di copertura dei rischi derivanti dal rapporto sottostante a penetrare nella relativa causa; b) l’accertamento della inidoneità della stipulazione a realizzare in concreto sì fatta funzione. L’uno e l’altro direttamente collegati alla questione del ruolo del rischio nei contratti derivati; in particolare alla questione della esistenza o meno in tali specie di contrattazioni, sotto il profilo del tipo di rischio in esse incorporato, di una nitida linea di confine tra la menzionata funzione di copertura e quella di speculazione7.

2. La classificazione degli IRS in ragione della relativa idoneità a costituire strumenti di copertura di posizioni debitorie assunte in seguito alla stipulazione di precedenti contratti finanziari oppure strumenti speculativi è ricorrente8. A essa fanno riferimento le prevalenti trattazioni in materia, come pure alcuni atti della Consob, i quali la rappresentano quale criterio di selezione della disciplina rispettivamente loro applicabile9. Indizi di tale distinzione sono rinvenibili nelle Comunicazioni nn. DI/98065074 del 6 agosto 1998, DI/99013791 del 26 febbraio 1999 e DEM 1026875 del 11 aprile 2001, ove si afferma che sono da considerarsi stipulate con finalità di copertura le operazioni che: a) siano «esplicitamente poste in essere per ridurre la rischiosità di base»; b) presentino una «elevata correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie (scadenza, tasso di interesse, tipologia) dell’oggetto della copertura e dello strumento finanziario utilizzato a tal fine». Precisando, poi, che le predette condizioni devono risultare da evidenze interne degli intermediari e devono essere approvate dalla funzione di controllo.

I corollari che da tale distinzione si traggono a livello normativo riguardano essenzialmente le modalità di contrattazione del derivato, con particolare riguardo agli obblighi informativi e ai limiti imposti all’intermediario nella relativa negoziazione. Quelli che ne fanno discendere i giudici di merito attengono invece al piano dei rimedi esperibili dal cliente che si trovi esposto a perdite assai più ingenti di quelle che avrebbe dovuto sopportare ove lo strumento finanziario non fosse stato oggetto di contrattazione: nullità per difetto di causa in presenza di una chiara incoerenza delle condizioni economiche in esso individuate con lo scopo di copertura cui il medesimo strumento avrebbe dovuto essere esplicitamente diretto10.

La qualificazione del vizio in termini di difetto di causa, tuttavia, desta qualche perplessità. E ciò non certo con riguardo alla idoneità della dichiarazione contrattuale per mezzo della quale si esplicita l’interesse alla copertura a penetrare nella causa; idoneità che, è evidente, costituisce uno dei presupposti logici della soluzione confezionata dalla giurisprudenza.

Su tale idoneità, nulla quaestio: qualunque dichiarazione contrattuale volta a esplicitare l’intento perseguito da una delle parti è da reputare a ciò idonea. Note sono le elaborazioni in materia di causa del contratto; le quali dalla causa come funzione economico sociale11 sono alla fine approdate alla nozione di causa come funzione economico individuale12 o sintesi degli effetti essenziali colorati dai concreti interessi delle parti13. Tale passaggio ha comportato uno spostamento della linea di confine tra causa e motivo, e con esso un diverso rilievo del secondo nella individuazione della ragione concreta dell’operazione posta in essere14.

Esattamente la teorica della causa in concreto15 offre una solida base di appoggio per considerare rilevante, in punto di individuazione della ragione che sorregge le reciproche attribuzioni, l’esplicita dichiarazione nel contratto di addivenire alla relativa conclusione per realizzare una funzione di copertura. Essa, infatti, evidenzia uno degli interessi – segnatamente quello del cliente – determinante sul piano della qualificazione del fatto (con particolare riguardo agli obblighi e ai limiti che in capo all’intermediario discendono dalla distinzione tra derivati con funzioni c.dd. di hedging e di trading)16.

A destare perplessità è, invece, il secondo presupposto logico della soluzione adottata dall’orientamento in esame e che conduce a rappresentare lo scollamento tra il regolamento predisposto e sì fatto interesse alla stregua di un indice della assenza di una giustificazione degli spostamenti patrimoniali: segnatamente, la ricorrenza di una nitida linea di confine tra funzioni di copertura e di speculazione.

Nell’ordine: l’inidoneità del contratto a realizzare una funzione di copertura non esclude che in luogo di questa si possa riconoscere la diversa idoneità del medesimo strumento finanziario ad attuare la funzione speculativa. Per predicare l’assenza di causa occorre perciò stesso escludere anche questa ulteriore idoneità. Ebbene, ciò postula, a sua volta, che si possa ravvisare la preordinata costruzione del regolamento a vantaggio di una soltanto delle parti – segnatamente l’istituto di credito – sì da escludere la stessa ricorrenza in capo a essa di un qualsiasi rischio con riguardo all’esito dell’operazione17. Tale circostanza si presenta assai difficile da provare, attesa l’essenza stessa del contratto derivato: il pay off è rimesso all’andamento sul mercato di un elemento esterno (il tasso di interesse), sicché improbabile sembra essere la possibilità di annullare la componente di rischiosità della operazione. Il fatto stesso che lo swap sia no par – con correlativa asimmetria del pay off – è soltanto indice dell’elevato rischio assunto dalla parte a svantaggio del quale esso risulta (semmai fortemente) squilibrato e non anche della certezza del risultato economico. Si potrebbe perciò porre un problema di meritevolezza, giammai di mancanza di causa18.

Ancora e soprattutto, neppure certa è l’esistenza di una netta linea di demarcazione tra funzione di copertura e di speculazione19. Ove tale linea non fosse ravvisabile, come sembra che sia, e sempre continuando a ragionare nella prospettiva della causa, le sorti del contratto dovrebbero essere indipendenti dalla circostanza dell’evocato scollamento per dipendere, al più e nuovamente, dall’accertamento in ordine alla stessa idoneità del derivato ad attuare una qualsivoglia meritevole funzione.

3. Imprescindibile diventa, a questo punto, la definizione del tipo di rischio e del ruolo da esso svolto sul piano causale in tali specie di derivati, con particolare riferimento giust’appunto alla possibilità di individuare una netta linea di demarcazione tra funzione di copertura e funzione speculativa.

Il meccanismo di funzionamento dell’interest rate swap è noto: le parti si obbligano a prestazioni reciproche di somme di danaro da determinarsi in relazione all’andamento sul mercato di un elemento esterno – tassi di interesse o tassi di cambio – laddove la base di calcolo è costituita dal c.d. nozionale20.

Sia nei derivati c.dd. speculativi, sia in quelli c.dd. di copertura il rischio inerente all’andamento sul mercato dell’elemento esterno rappresenta una componente che contribuisce a specificare il profilo funzionale della operazione; tale andamento sfugge alla sfera di controllo di ambo le parti, sebbene oggetto di calcoli probabilistici21.

Sul piano causale – si osserva – la differenza tra le due fattispecie sta esattamente in ciò: che l’assenza di ogni collegamento con altro precedente rapporto costituirebbe un indice dell’intento di porre in essere una operazione puramente speculativa, poiché le parti in sostanza scommettono sull’andamento dell’elemento esterno preso a parametro di calcolo22. Di contro, la presenza di un collegamento con un precedente rapporto di finanziamento23, a maggior ragione laddove evidenziata per mezzo di una dichiarazione contrattuale, sarebbe idonea a testimoniare il diverso intento di piegare l’operazione economica all’esigenza di copertura dei rischi da esso derivanti, sia o meno il rapporto corrente tra le medesime parti dello swap o tra il soggetto esposto ed altro intermediario finanziario24.

Non è scontato, però, che la menzionata dichiarazione sia effettivamente in grado di annullare sul piano causale la componente speculativa dell’operazione. Al riguardo l’ambito soggettivo della contrattazione sembra fornire utili spunti ricostruttivi.

Cominciamo dall’IRS stipulato tra intermediari finanziari.

È indubbio che in assenza di un collegamento negoziale l’IRS concluso tra operatori professionisti si caratterizza non soltanto per il fatto che gli interessi delle parti sono tra loro in una relazione di alta conflittualità, ma altresì per la circostanza che ciascuna delle medesime parti è in grado di svolgere autonomamente i necessari calcoli probabilistici sull’andamento dei tassi o dei cambi, in relazione ai quali decidere se ancorare la propria prestazione al loro rialzo o alla loro diminuzione.

Qualora il derivato sia concluso in collegamento con altro contratto di finanziamento (ipotesi, questa, invero assai residuale nella pratica ove riferita a operatori professionisti), è invece necessario distinguere secondo che sia o meno presente un espresso riferimento all’intento di copertura.

Ebbene, nel caso in cui manchi una dichiarazione di copertura la presenza di un precedente rapporto di finanziamento di per sé non sembra potere incidere sul profilo causale nel senso né di annullare, né di comprimere la componente speculativa. Le parti in questo caso perseguono interessi dichiaratamente contrapposti; effettuano i relativi calcoli probabilistici e assumono i rispettivi rischi in ordine alla verificazione dell’evento cui è collegato il vantaggio economico derivante dal contratto.

La conclusione, a ben guardare, non cambia ove venga esplicitato l’intento di copertura. Sebbene la dichiarazione evidenzi un interesse essenziale sotto il profilo causale, essa tuttavia non sembra in grado di obnubilare la funzione speculativa dello strumento finanziario: le parti continuano a gestire autonomamente il rischio, compiendo le proiezioni del caso al fine della strutturazione del derivato25. Al più l’esplicitazione del collegamento negoziale potrebbe incidere sulle sorti del derivato nell’evenienza nella quale il sottostante sia viziato.

Dunque, sia o meno esplicitata la presenza del precedente rapporto di finanziamento, la funzione dell’interest rate swap tra intermediari conserva sempre una componente speculativa. La componente di copertura non è pertanto essenziale e, soprattutto, non è determinate in ordine alla validità.

Altra ipotesi è quella del derivato intervenuto tra un intermediario e un cliente. Altra ipotesi, poiché quest’ultimo non è operatore capace di gestire il rischio; ciò nel senso che non è in grado di effettuare valutazioni in ordine al merito della operazione, anzitutto con riguardo ai necessari calcoli sulle probabilità di verificazione dell’evento cui è collegata la relativa posizione contrattuale26.

A ben guardare, sono tra loro strettamente connesse: a) la questione relativa alla meritevolezza di una operazione con finalità puramente speculative posta in essere tra un soggetto che confeziona il derivato sulla base di calcoli probabilistici al fine di perseguire un interesse egoistico e un altro soggetto, portatore di un interesse esattamente opposto ma incapace di gestire il rischio che ne costituisce l’oggetto, il quale perciò stesso si limita ad aderire27; b) l’altra questione inerente all’attitudine dell’eventuale, sottostante, interesse del cliente – alla copertura del rischio di tasso relativo a un precedente finanziamento – a comprimere o annullare la funzione speculativa che solitamente accompagna sì fatti strumenti finanziari.

Ciò che contraddistingue l’IRS puramente speculativo negoziato da parti professioniste non è soltanto l’individuazione delle reciproche prestazioni sulla base di valutazioni di carattere probabilistico in ordine all’andamento sul mercato di un dato esterno al contratto, ma anche la relativa capacità di effettuare delle proiezioni sulla verosimiglianza della realizzazione di un arco di eventi tendenzialmente completo. Ancora, fermo il menzionato ambito soggettivo, qualora l’IRS sia stipulato con finalità dichiaratamente di copertura, la presenza di simile dichiarazione nulla sposta quanto alla funzione della operazione che resta comunque di natura speculativa. La ragione è assai semplice: le parti sono professioniste e, perciò, in grado di valutare la convenienza economica della operazione; operano calcoli probabilistici con riguardo alla verificazione dell’evento, sicché nulla cambia sul piano del funzionamento del derivato28.

Qualora l’IRS sia stipulato da un intermediario e da un cliente le condizioni della contrattazione sono invece ben diverse: è l’operatore professionale l’unico in grado di effettuare delle proiezioni sul pay off al fine di valutare la convenienza economica dell’affare, laddove il cliente gli si affida semplicemente29.

A fronte di un tale quadro, assai più discutibile si mostra l’ipotesi di una valida e meritevole negoziazione con finalità puramente speculative; ciò, in particolare, in considerazione della presenza, in tali contrattazioni, del carattere di alta conflittualità tra gli interessi delle parti; conflittualità alla quale dovrebbe fare da pendant la necessaria capacità delle medesime parti di gestire il rischio assunto. Neppure la disciplina del conflitto di interessi dettata dalla Mifid sembra infatti in grado di piegare la struttura e le caratteristiche di tali prodotti all’esigenza di tutela del cliente30.

Salva, quindi, la necessità di accertare la meritevolezza della contrattazione a fronte della ricorrenza di un conflitto di interessi strutturale, tendenzialmente insanabile, rispetto al quale il problema può essere semmai quello della idonea selezione del rimedio31, certo è che anche in questo caso si può reputare che non vi sia assenza di causa.

Da ultimo, resta da valutare la funzione c.d. di copertura. Resta in particolare, da valutare l’idoneità del collegamento con altro rapporto sottostante a obnubilare l’essenza speculativa della operazione, ove essa sia conclusa da un intermediario e un suo cliente.

Sul punto si può sin d’ora osservare che, sebbene l’area di inferenza dell’interest rate swap non concluso tra operatori professionali sia sempre quella della consulenza, il pericolo di conflitto di interessi si presenta maggiore proprio in relazione alla funzione di copertura. Attraverso la negoziazione dello strumento finanziario, infatti, il cliente – incapace di comprendere e gestire il rischio da esso derivante – affida qui alla controparte la realizzazione di un interesse assai ben circoscritto e connotato dalla non propensione al rischio32. È in relazione a esso, contrattualmente orientato alla copertura rispetto alle variazioni negative del rapporto sottostante, che deve essere individuato il contenuto del derivato da parte dell’intermediario.

Con specifico riguardo a questo caso occorre quindi interrogarsi anzitutto sulla esistenza di una differenza funzionale rispetto al derivato puramente speculativo, la quale – diversamente da quanto concluso per quest’ultimo – giustifichi la meritevolezza della relativa contrattazione. In secondo luogo, ove la risposta sia negativa, se vi siano ulteriori elementi – comunque connessi all’intento delle parti – che possano assicurare tale meritevolezza.

4. Ripartiamo dal primo quesito: l’idoneità o meno della dichiarazione di copertura a determinare la retrocessione della componente speculativa.

La risposta sembra dovere essere negativa. A dimostrazione di ciò basti un rapido raffronto con l’assicurazione contro i danni, contratto al quale più frequentemente questo tipo di derivato viene paragonato33.

Nella assicurazione la parte non professionista si obbliga ad adempiere periodicamente una prestazione di entità prestabilita (la quale può essere soggetta a variazioni nel tempo in ragione dell’aumento o della diminuzione del rischio di verificazione dello specifico evento in relazione al quale è stato concluso il contratto) nei confronti di un altro soggetto, necessariamente professionista, che a sua volta si obbliga a mantenere indenne la controparte dalla perdita derivante dall’eventuale medesima verificazione dell’evento. Dunque, mentre sul piano dell’an la prima prestazione è certa, sul medesimo piano la seconda è incerta.

Nell’interest rate swap con c.d. funzione di copertura le parti assumono posizioni esattamente opposte rispetto a quelle da esse stesse assunte nel rapporto sottostante. Il cliente, che nel contratto di finanziamento paga un interesse variabile sulla provvista, con lo swap si obbliga a versare un interesse fisso su un nozionale pari alla provvista; alla banca viene invece applicato un interesse variabile sul medesimo nozionale.

Ad accomunare l’assicurazione a questo tipo di interest rate swap c’è il collegamento tra la prestazione dedotta in contratto e le variabili riguardanti un elemento a esso esterno. A distinguerli c’è la modulazione del rischio nei confronti dei contraenti. Vero è che anche nell’assicurazione il rischio collegato alla realizzazione o meno dell’evento è sopportato da ambo le parti; vero è anche, però, che il costo del medesimo rischio grava su di esse in modo diverso.

Segnatamente, nell’assicurazione il cliente adempie prestazioni monetarie periodiche certe, la cui entità non è soggetta a cambiamenti, salva l’ipotesi del mutamento delle circostanze che facciano presumere un aumento del rischio della realizzazione dell’evento. Anche ove tali mutamenti trovino luogo, da quel momento in poi il cliente sarà obbligato ad adempiere una prestazione superiore ma pur sempre certa. Che poi nella assicurazione si possa porre un problema di ragionevolezza della entità del premio in relazione al rischio assunto dal professionista in ordine alla verificazione dell’evento o della progressione del medesimo premio in relazione all’evocato mutamento, questa circostanza non sposta niente sul piano funzionale: il contratto continua a espletare una funzione di copertura. Da un lato, il cliente assume il rischio che l’evento non si verifichi mai, mediante il pagamento di una somma periodica ma certa; dall’altro, l’assicuratore assume il rischio esattamente opposto, obbligandosi a mantenere indenne il cliente da tutte le conseguenze – queste incerte – che possono derivare dall’evento assicurato.

Nell’interest rate swap con funzione di copertura del rischio derivante dalla adozione di un tasso variabile nel rapporto sottostante, invece, soltanto apparentemente il cliente è tenuto ad adempiere una prestazione certa sia nell’an, sia nel quantum e la banca una prestazione incerta nell’an e nel quantum. Per come è strutturato questo tipo di derivato infatti, le prestazioni di entrambe le parti sono incerte sia nell’an, sia nel quantum perché collegate all’andamento di un tasso incerto (comunemente l’Euribor) e alla sua relazione con il tasso fisso dovuto dal cliente34.

Mentre quindi nel derivato, all’incapacità del cliente di gestire il rischio scaturente dalla operazione si accompagna altresì l’indeterminatezza delle perdite alle quali il medesimo è esposto, nella assicurazione, sebbene il cliente tendenzialmente si affidi alla controparte ai fini della individuazione del premio, la certezza sul piano del quantum debeatur rende comunque possibile una valutazione della convenienza economica della negoziazione e soprattutto della sopportabilità del costo da essa rappresentato35.

Esattamente l’incertezza delle perdite alle quali sono esposte ambo le parti, che connota lo swap, sembra costituire un indizio nel senso della persistenza della sua funzione speculativa. Detto altrimenti: non soltanto entrambe le parti possono, alternativamente, guadagnare o perdere; ma entrambe possono altresì alternativamente guadagnare o perdere somme incerte. La destinazione dell’eventuale guadagno ottenuto dal cliente alla copertura del rapporto sottostante non obnubila sì fatta circostanza, che resta connotante la struttura del derivato.

La risposta al primo quesito è pertanto nel senso della omogeneità funzionale. Si può reputare allora fuorviante la distinzione tra IRS c.dd. hedging e IRS c.dd. trading per fondare la validità della loro stipulazione da parte di contraenti non professionali. Risposta, dunque, negativa.

Positiva, invece, la risposta al secondo quesito.

Base di partenza, in tale direzione, si possono reputare le comunicazioni della Consob ove sono dettate le condizioni di contrattazione per la qualificazione di questi strumenti. Sebbene la Consob confermi la distinzione tra derivati di «copertura» e «speculativi», sembra fare ciò in ragione di caratteri non tanto funzionali bensì strutturali. Rileva in particolare la precisazione che il contratto è qualificabile in termini di interest rate swap di copertura quando il nozionale è corrispondente alla provvista del rapporto sottostante e quando la struttura del derivato presenta una «elevata correlazione (con) le caratteristiche tecnico-finanziarie (scadenza, tasso di interesse, tipologia) dell’oggetto della copertura»36. Più che indicazioni utili al fine di distinguere tra due tipologie di operazioni, sembra essere delineato l’ambito oggettivo di validità delle medesime operazioni.

La limitazione del nozionale, sotto il profilo del quantum, alla entità della provvista e l’obbligo di strutturazione dello strumento finanziario secondo parametri precisamente individuati segnano, in altre parole, i confini della azione dell’intermediario e sono altresì idonei a contingentare le perdite, che restano comunque incerte, cui sarebbe esposto il cliente nell’ipotesi nella quale non andasse a buon fine la copertura a causa dell’andamento sul mercato dei tassi variabili, sì da atteggiarsi a presidio della relativa meritevolezza37.

A questa stregua, la partizione tra swaps c.dd. «speculativi» e c.dd. «di copertura» individua, non tanto la tipologia del rischio assunto, quanto la dimensione di esso che la specifica struttura dei contratti pone a carico di ciascuna delle parti: anche lo swap «di copertura» stipulato dal cliente ha finalità speculativa; il conflitto di interessi non controllabile, come più sopra osservato, a mezzo di regole finalizzate alla repressione dell’abuso, è neutralizzato, incidendo sul contenuto (non qualitativo, bensì) quantitativo della negoziazione.

Ricapitolando, in via generale, non sembra che vi sia mai una distinguibilità qualitativa del rischio, utile sul piano della qualificazione. È invece certamente rilevante il profilo della sua gestione. L’ampia discrezionalità lasciata alle parti nella strutturazione degli IRS c.dd. «speculativi» presuppone infatti la capacità di entrambe di gestire il rischio; i requisiti strutturali di quelli c.dd. «di copertura», invece, bene si prestano a renderli idonei a divenire oggetto di contrattazione anche tra chi è professionista e chi professionista non è38.

5. Queste le principali ragioni che inducono a non condividere il primo degli orientamenti giurisprudenziali menzionati il quale, sulla base di una supposta differenza funzionale tra Irs c.dd. di copertura e c.dd. di speculazione, prospetta la nullità dei primi per difetto di causa. Attesa la rilevanza di tale partizione esclusivamente sul piano della struttura del derivato e giammai su quello della causa, sembra si debba tendenzialmente escludere la possibilità di qualificare la mancata attuazione della c.d. funzione di copertura alla stregua di un difetto di causa. Lo spazio di operatività che resterebbe al difetto di causa potrebbe al più essere limitato alle ipotesi, invero assai residuali, nelle quali dalla strutturazione dell’Irs emerga l’esclusione di qualsivoglia rischio a carico dell’Istituto di credito.

Sul dibattito innescato dalle menzionate pronunce di merito a proposito della funzione, o delle funzioni, realizzate dall’interest rate swap e delle sorti a esso riservate in ragione della sua concreta strutturazione, si inserisce la recentissima pronuncia della Corte di Appello di Milano. Dichiarata l’irrilevanza dell’interesse del cliente (a porre in essere una operazione di speculazione oppure di copertura), la Corte di Appello individua nella misurabilità del rischio un «elemento causale (tipico) dei contratti over the counter» sul quale sarebbe fondato lo stesso «riconoscimento legislativo» dell’operazione posta in essere dalle parti. Dunque, nessun ruolo svolgerebbe la dichiarazione contrattuale che veicola l’interesse alla copertura ai fini della qualificazione del contratto e, quindi, ai fini della selezione della disciplina applicabile anche con riguardo al profilo rimediale. La nullità per difetto di causa discenderebbe invece dalla mancata indicazione del mark to market e degli scenari probabilistici in ordine alla verificazione dell’evento.

È indubbio che tale ultima pronuncia si caratterizza più per le luci che per le ombre che getta sul fenomeno della contrattazione in derivati. Apprezzabile è il superamento della distinzione tra funzione speculativa e di copertura ai fini qualificatori. La presenza o l’assenza di un interesse alla copertura nulla sposta sul piano della essenza del contratto, che resta, nella sua essenza, una scommessa39. Parimenti apprezzabile è il peso che viene dato, ai fini della validità della stipulazione, alla conoscenza ex ante, da ambo le parti, degli scenari probabilistici alla luce dei quali viene strutturato il derivato. Profilo, quest’ultimo, certamente significativo se è vero, come sembra che sia, che l’unico rilievo attribuibile alla partizione degli Irs secondo che ricorra o no un precedente rapporto di finanziamento, dal rischio del quale il cliente abbia inteso coprirsi, consiste nell’individuare ambiti oggettivi di validità delle contrattazioni. Il riferimento agli scenari probabilistici, insomma, conforta l’opinione che la validità del derivato, ove parte della contrattazione sia un soggetto non professionale, è assicurata dalla ricorrenza di specifici requisiti strutturali che rappresentano esattamente il riflesso, sul piano del suo contenuto indefettibile40, di una valutazione attenta dei menzionati scenari nell’interesse del cliente.

Ciò nondimeno, nel ruolo svolto dagli evocati specifici requisiti strutturali – anzitutto destinati a neutralizzare il conflitto di interessi, a sua volta strutturale, che caratterizza tali contrattazioni – si annidano le ragioni che inducono a reputare non condivisibile, anche nella diversa prospettiva della Corte di Appello di Milano, la qualificazione del vizio in termini di difetto di causa. Pure in mancanza della certamente opportuna produzione e illustrazione alla controparte dei menzionati scenari, nulla esclude infatti che il derivato venga comunque strutturato in modo da attuare l’interesse del cliente; che il derivato, cioè, presenti i requisiti strutturali più volte menzionati. Non soltanto (ma diremmo, soprattutto), nulla esclude che, pure nella contraria ipotesi di mancanza di questi ultimi requisiti, il medesimo derivato assolva una funzione: segnatamente, una funzione speculativa.

Dunque: un ruolo centrale nella valutazione della operazione economica è indubbiamente svolto dai suoi requisiti strutturali. Al contempo, tuttavia, la loro mancanza sembra porre un problema collocabile sul piano più astratto di delimitazione e di identificazione del tipo contrattuale anziché su quello della causa, della quale, in particolare, sembra assai difficile predicare l’assenza.

6. Se non convince a pieno il riferimento al difetto di causa per rimuovere il vincolo tra le parti, quale in definitiva il vizio?

In principio è opportuno specificare che resta comunque condivisibile la scelta delle Corti di verificare le attitudini funzionali del contratto di interest rate swap su un terreno che consenta di continuare a guardare alla nullità quale soluzione preferibile per la tutela del cliente. A questa stregua, ai fini della valutazione dell’operazione posta in essere dalle parti si mostra si mostra non meno significativa l’osservazione del tipo, nei menzionati termini strutturali. Segnatamente, si diceva che l’Irs si caratterizza per la ricorrenza di un conflitto di interesse strutturale tra le parti41 e che la necessità di adottare determinati requisiti strutturali si spiega con la finalità di neutralizzare il menzionato conflitto. Laddove, si ripete, punto di partenza per la loro individuazione sono anzitutto le Comunicazioni della Consob42. Esattamente, la assenza di tali requisiti sembra costituire testimonianza dell’inidoneità del derivato ad attuare l’interesse del cliente. La mancata comunicazione da parte degli Istituti di credito degli scenari probabilistici e del mark to market, nonché l’imposizione a carico del cliente di una commissione implicita (il fatto stesso che il derivato sia no par costituisce un dato inequivocabile dell’elevata rischiosità dell’operazione43), possono essere reputati elementi ulteriori idonei a confermare la profilata inidoneità funzionale.

Con specifico riferimento alla natura del vizio e alla tipologia del rimedio selezionabile, sono conseguentemente, in astratto, prospettabili più soluzioni.

Si mostra possibile anzitutto prospettare la contrarietà della contrattazione all’ordine pubblico di direzione: l’art. 21 Tuf fa espresso rinvio all’integrità del mercato al fine di specificare gli interessi a presidio dei quali sono poste le norme in materia di intermediazione finanziaria. Quanto al rimedio, dunque, si dovrebbe invocare la nullità ex art. 1418, comma 1, c.c.44.

Ancora, la mancanza dei requisiti strutturali necessari al fine di neutralizzare il conflitto di interessi, si ripete strutturale all’interest rate swap, esprime, sul piano della qualificazione della condotta dell’istituto di credito, l’esistenza di un abuso. È lo stesso art. 21 Tuf che impone agli intermediari di comportarsi in modo tale da servire al meglio l’interesse del cliente.

Proprio la presenza dell’abuso (che si sostanzia nella inattuazione dell’interesse del cliente) dovrebbe condurre a una valutazione di immeritevolezza della contrattazione: di nuovo nullità, ma questa volta ex art. 1322, comma 2, c.c.

Infine, a fianco della nullità è altresì prospettabile la inefficacia dei contratti, nuovamente in ragione della ricorrenza del conflitto di interessi. All’orientamento giurisprudenziale secondo il quale rigida sarebbe la distinzione tra regole di validità e regole di comportamento con riguardo alle conseguenze della loro violazione45, e che nel caso di specie condurrebbe esclusivamente a condannare la banca al risarcimento del danno, fanno da contraltare alcune costruzioni dottrinali che fondatamente a fronte di ipotesi di conflitto di interessi nelle contrattazioni in derivati rinviano alla categoria della inefficacia46. Base di partenza sarebbe il peculiare atteggiarsi dell’abuso47 – che in tale ambito della contrattazione si reputa coincida con l’eccesso – o, alternativamente, direttamente la disciplina in materia di mandato; in particolare, quella contenuta nell’art. 1711 c.c.48

 

1 Trib. Bari, 5 gennaio 2012, in questa Rivista; nello stesso senso Trib. Bari, 15 luglio 2010, in Banca borsa tit. cred., 2012, II, p. 781.

2 Trib. Monza, 17 luglio 2012, in questa Rivista.

3 App. Trento, 3 maggio 2013, in questa Rivista

4 App. Milano, 18 settembre 2013, n. 3459, in questa Rivista.

5 Su tale distinzione, anche in senso critico, S. Pagliantini e L. Vigoriti, I contratti di «swap», in G. Gitti, M.R. Maugeri e M. Notari (a cura di), I contratti per l’impresa, II, Banca, mercati e società, Bologna, 2012, p. 194; E. Barcellona, Strumenti finanziari derivati: significato normativo di una definizione, in Banca borsa tit. cred., 2012, p. 541 ss. e, con particolare riguardo ai derivati su credito sempre Id., Note sui derivati creditizi market failure o regulation failure?ivi, 2009, p. 652 ss.; R. Tarolli, I derivati o.t.c. tra funzione di copertura e problemi di asimmetria, in F. Cortese e F. Sartori (a cura di), Finanza derivata, mercati e investitori, Pisa, 2010, p. 111 ss.; G. Gabrielli, Operazioni su derivati: contratti o scommesse?, in Contr. impr., 2009, p. 1133 ss.

6 In particolare, è quanto accaduto nel caso portato all’attenzione di Trib. Monza, 17 luglio 2012, cit.

7 Assai critici sulla distinzione tra IRS con funzione speculativa e IRS con funzione di copertura sono R. Di Raimo, Fisiologia e patologia della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, in F. Cortese e F. Sartori (a cura di), Finanza derivata, mercati e investitori, cit., p. 44 ss. e D. Maffeis, La causa del contratto di interest rate swap e i costi impliciti, in questa Rivista, ove si afferma che «la distinzione fra scopo di copertura e scopo di speculazione è semplicistica, e non considera la vera natura di qualsiasi interest rate swap, che è quella di una scommessa – autorizzata, ai sensi dell’art. 1935 cod. civ., in forza del richiamo di cui all’art. 1 TUF […] che ha per scopo comune la creazione di un rischio e il cui oggetto è rappresentato dalle alee bilaterali e reciproche, ed è del tutto distinta dalla natura del contratto di assicurazione».

8 Sul punto, per tutti, S. Pagliantini e L. Vigoriti, I contratti di «swap», cit. p. 194.

9 Il riferimento è anzitutto a quanto stabilito nelle comunicazioni Consob nn. DI/98065074 del 6 agosto 1998, DI/99013791 del 26 febbraio 1999 e DEM 1026875 del 11 aprile 2001, nonché a quanto discenderebbe in tema di regole di condotta applicabili all’intermediario (principalmente art. 21, comma 1, lett b) del TUF) qualora si riconoscesse la legittimazione dell’intermediario a negoziare con il cliente esclusivamente strumenti c.d. di copertura: sul punto infra. Rimanendo alla tradizionale distinzione che la disciplina in materia di intermediazione finanziaria propone tra operatore qualificato e non qualificato, offre un quadro delle differenze discendenti da sì fatta distinzione con riguardo alle regole di condotta imposte agli intermediari F. Sartori, Prodotti finanziari illiquidi (O.T.C.): il fattore giurisprudenziale e l’evoluzione normativa degli obblighi informativi, in F. Cortese e F. Sartori (a cura di), Finanza derivata, mercati e investitori, cit., p. 163 ss.

10 Nello stesso senso, in dottrina, F. Sartori, o.c., p. 161 s., il quale discorre specificamente di sviamento dalla causa concreta del contratto.

11 Per tutti E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, rist. Camerino, Napoli, 2002; cfr. S. Pugliatti, Nuovi aspetti del problema della causa nei negozi giuridici, in Diritto civile, Milano, 1951, p. 75 ss., il quale discorre di sintesi degli effetti essenziali.

12 G.B. Ferri, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, p. 355.

13 P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, pp. 351 ss. e 612 ss.

14 Una efficace testimonianza di ciò è probabilmente costituita dalla previsione del codice del 1942 – che sembra recare in sé le tracce dell’accoglimento da parte dei medesimi codificatori della nozione di causa in astratto – sul motivo comune a entrambe le parti, espressamente considerata quale unica ipotesi di rilevanza del motivo, appunto, sulle sorti della contrattazione. È evidente infatti che la lettura della disposizione nella prospettiva della causa in concreto induce ad affermare che, ove il motivo sia comune a entrambe le parti, esso è idoneo a entrare nella causa del contratto, così da contribuire alla giustificazione dello spostamento patrimoniale (in questo senso F. Gazzoni, Manuale di diritto civile, Napoli, 2013, p. 837).

15 In argomento, di recente, V. Roppo, Causa concreta: una storia di successo? Dialogo (non reticente, né compiacente) con la giurisprudenza di legittimità e di merito, in Riv. dir. civ., 2013, p. 959 ss., il quale è assai critico nei riguardi dell’orientamento in questione; in particolare, nei riguardi della scelta di qualificare il vizio in termini di difetto di causa: spec. p. 982 ss.

16 F. Sartori, Prodotti finanziari illiquidi (O.T.C.): il fattore giurisprudenziale e l’evoluzione normativa degli obblighi informativi, cit., p. 161 s.; Id., Divagazioni in tema di causa del contratto municipale (alieno) derivato, in corso di pubblicazione in Riv. dir. priv.

17 Come è accaduto nella controversia sottoposta all’attenzione di Trib. Salerno, 2 maggio 2013, in questa Rivista, il quale decreta la nullità del contratto ex art. 1322 c.c.

18 R. Di Raimo, Fisiologia e patologia della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, cit., p. 53 ss.

19 R. Di Raimo, Fisiologia e patologia della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, cit., p. 44 ss. e D. Maffeis, La causa del contratto di interest rate swap e i costi impliciti, cit.

20 S. Pagliantini e L. Vigoriti, I contratti di «swap», cit., p. 186 ss.

21 Seppure in diverse prospettive P. Ferro-Luzzi, Attività e prodotti finanziari, in Riv. dir. civ., 2010, p. 133 ss.; E. Barcellona, Note sui derivati creditizi market failure o regulation failure?, in Banca borsa tit. cred., 2009, p. 652 ss.

22 P. Spada e M. Cossu, Dalla ricchezza assente alla ricchezza inesistente. Divagazioni del giurista sul mercato finanziario, in Banca borsa tit. cred., 2010, p. 401 ss.

23 Gli estremi del collegamento si rinvengono esattamente nelle Comunicazioni della Consob: nn. DI/98065074 del 6 agosto 1998, DI/99013791 del 26 febbraio 1999 e DEM 1026875 del 11 aprile 2001.

24 R. Tarolli, I derivati o.t.c. tra funzione di copertura e problemi di asimmetria, cit., p. 116 ss.; F. Sartori, Prodotti finanziari illiquidi (O.T.C.): il fattore giurisprudenziale e l’evoluzione normativa degli obblighi informativi, cit., p. 157 ss., il quale propone, in alternativa, il rimedio della annullabilità.

25 Il che si giustifica in ragione del fatto che l’apparente contraddizione tra la manifesta funzione di copertura e la alta conflittualità delle contrapposte posizione è bilanciata dalle qualità soggettive dei contraenti: entrambi operatori qualificati, in grado di gestire autonomamente il rischio assunto.

26 Perché tale interesse emerga, sì da potere qualificare l’operazione come operazione di copertura, secondo le comunicazioni Consob è necessaria una dichiarazione contrattuale in tal senso esplicita. Sulla idoneità di tale dichiarazione a fare emergere un simile interesse e a renderlo perciò rilevante sul piano della individuazione della funzione nulla questio; qualche dubbio sorge forse sulla impossibilità di evidenziare egualmente tale interesse nonostante l’assenza della dichiarazione quando, ad esempio, le parti del contratto sottostante e dello swap sono le medesime e il nozionale coincide con la relativa provvista.

27 Con particolare riguardo ai derivati su crediti, affronta il problema della loro meritevolezza nella prospettiva della presenza di un conflitto di interessi strutturale tra intermediario e cliente R. Di Raimo, Fisiologie e patologie della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, cit., p. 54 ss.

28 V. Retro, in questo §.

29 Sottolinea l’inconsapevolezza dell’investitore A.C. Nazzaro, Obblighi di informare e procedimenti contrattuali, Napoli, 2000, p. 294.

30 A tal riguardo, critici sulla nuova disciplina della Mifid sono R. Di Raimo, Fisiologie e patologie della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, cit., p. 72 s.; F. Denozza, I conflitti di interesse nei mercati finanziari e il risparmiatore “imprenditore di se stesso”, in Aa.Vv., I servizi del mercato finanziario. In ricordo di Gerardo Santini, Milano, 2009, p. 141 ss.; L. Enriques, Conflicts of Interest in Investment Services: The Price and Uncertain Impact of MiFID’s Regulatory Framework, 2005, in ssrn.com/abstract=782828; Id., L’intermediario in conflitto d’interessi nella nuova disciplina comunitaria dei servizi di investimento, in Giur. comm., 2005, I, p. 846 s. Cfr., tuttavia, D. Maffeis, Sostanza e rigore nella disciplina MIFID del conflitto di interessi, in Dir. banca merc. fin., 2008, p. 581 ss.

31 V. infra, ultimo §.

32 R. Di Raimo, Fisiologie e patologie della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, cit., p. 51 s., ove si afferma che «la comunicazione – sia pure illustrativa – dell’intermediario presuppone un prevalente contenuto di inferenza critica che la rende più facilmente assimilabile sempre e comunque alla consulenza sicché il consenso non è informato (e dunque consapevole) e non può qui che basarsi invece, nuovamente, sulla fiducia».

33 Critico nei confronti del parallelismo spesso instaurato tra strumento finanziario con funzione di copertura e assicurazione è R. Di Raimo, o.c., p. 46.

34 D. Maffeis, La causa del contratto di interest rate swap e i costi impliciti, cit.

35 P. Ferro-Luzzi, Attività e prodotti finanziari, cit., p. 144, ove, sebbene si riconosca una qualche influenza «del rapporto in funzione del quale il contratto è concluso», si esclude «ogni richiamo alla teoria del rischi nelle assicurazioni».

36 Retro, § 2.

37 Sulla meritevolezza di un interest rate swap di copertura F. Sartori, Divagazioni in tema di causa del contratto municipale (alieno) derivato, in corso di pubblicazione in Riv. dir. priv.

38 Spunti di riflessione sull’evoluzione del quadro normativo in materia si ritrovano in L. Erzegovesi, Il mercato degli strumenti finanziari derivati. Un’introduzione, in F. Cortese e F. Sartori (a cura di), Finanza derivata, mercati e investitori, cit., p. 28 ss. Si tratta di un quadro in divenire: l’ultimo tassello è rappresentato dal Regolamento U.E. n. 648 del 2012 (c.d. Emir) che introduce l’obbligo di compensazione dei derivati over the counter: v. sul punto in www.dirittobancario.it. Di recente, è stato osservato che già sulla base dell’attuale disciplina in materia di contrattazione in derivati si possa mettere in discussione la validità di operazioni ove sia assente l’interesse alla copertura: F. Delfini, Questioni in tema di validità degli strumenti finanziari derivati: dagli Irs ai Cds, in questa Rivista, p. 12 ss.

39 Si diceva che la distinzione tra swap con funzione speculativa e swap con funzione di copertura non rileva tanto sul piano causale, quanto su quello della individuazione di aree di contrattazioni diverse: l’una riservata agli intermediari, l’altra agli intermediari e ai clienti. Diversità le quali si riflettono direttamente sulle modalità di strutturazione del derivato, necessariamente ancorata nella seconda ipotesi al rapporto sottostante quanto a definizione del nozionale e dei tassi di interesse e sulle obbligazioni dell’intermediario consistenti, nel caso di swap con funzione di copertura, anche nel presentare delle evidenze interne dalle quali risulti il rispetto delle condizioni della medesima negoziazione.

40 Sul punto, v, §§ precedenti.

41 Preferisce evocare il conflitto di interessi D. Maffeis, Intermediario contro investitore: i derivati over the counter, in Banca borsa tit. cred., 2010, p. 779 ss.

42 Il presupposto di tale conclusione è l’esclusione della validità e meritevolezza delle contrattazioni tra banca e cliente qualora il derivato non presenti specifici requisiti strutturali – necessari stante l’evocata incapacità del medesimo cliente di gestire rischi che in loro assenza sarebbero quantitativamente superiori: retro.

43 Si osserva che gli interest rate swap c.dd. di copertura hanno solitamente «un valore sostanzialmente nullo» con la conseguenza che «la distribuzione probabilistica dei valori attesi per effetto della stipula è sostanzialmente simmetrica». Diversamente, nel caso di derivato no par «dove l’incasso in favore della società cliente riequilibra i valori economici associati all’operatività in derivati solo in apparenza, esponendo detta società a un più sensibile rischio di perdite»: Così R. Tarolli, o.c., p. 120. Cfr., tuttavia, la recente pronuncia di Cons. Stato, 27 novembre 2012, n. 50, in questa Rivista, la quale sul presupposto della esistenza di numerosi costi a carico dell’intermediario reputa lecite le commissioni implicite.

44 R. Di Raimo, Fisiologie e patologie della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, cit., p. 33 ss.

45 L’orientamento si è definitivamente consolidato nella giurisprudenza di legittimità con Cass., Sez. un., 19 dicembre 2007, n. 26724, in Foro it., 2008, I, c. 785 ss. In dottrina, la menzionata decisione non ha riscosso unanimità di consensi: Cfr. A. Gentili, Disinformazione e invalidità: i contratti di intermediazione dopo le Sezioni unite, in Contratti, 2008, p. 393 ss. e D. Maffeis, Discipline preventive nei servizi di investimento: le Sezioni Unite e la notte (degli investitori) in cui tutte le vacche sono nereivi, 2008, p. 403 ss.

46 Ricollega alla presenza del conflitto di interessi tra intermediario e cliente la inefficacia del contratto sulla base della coincidenza in tali ipotesi – descrivibili alla stregua di ipotesi di agire funzionale – tra abuso ed eccesso R. Di Raimo, o.c., p. 76 ss. Ricorre, invece, direttamente all’art. 1711 c.c. D. Maffeis, La natura e la struttura dei contratti di investimento, in Riv. dir. priv., 2009, p. 63 ss. Sostanzialmente arriva alle medesime conclusioni anche parte della giurisprudenza la quale, seppure formalmente aderisca al citato orientamento delle Sezioni unite, modula il risarcimento del danno sulla falsariga dei rimedi restitutori: per tutti Trib. Milano, 14 febbraio 2009, in Foro pad., 2009, I, c. 624.

47 R. Di Raimo, o.c.

48 D. Maffeis, o.l.u.c.

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