Con sentenza del 9 dicembre 2015, C-595/13, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato il principio secondo cui l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, deve essere interpretato nel senso che società d’investimento in cui è raccolto capitale ad opera di più di un investitore che sopporta il rischio connesso alla gestione del patrimonio riunito nelle società medesime al fine dell’acquisto, della detenzione, della gestione e della vendita di beni immobili per conseguirne un profitto, che perverrà a tutti i detentori delle quote in forma di distribuzione di un dividendo e di un vantaggio dovuto all’aumento del valore della loro partecipazione, possono essere considerate «fondi comuni d’investimento», ai sensi di tale disposizione, a patto che lo Stato membro interessato abbia assoggettato tali società a una vigilanza statale specifica. Altresì, l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «gestione» contenuta in tale disposizione non riguarda l’amministrazione effettiva dei beni immobili di un fondo comune d’investimento.
ZOOM MEETING
Offerte per iscrizioni entro il 13/12