Secondo la Quinta Sezione, “in tema di reati fallimentari, anche l’operazione di unione per fusione di società in cui il fallimento riguarda solo una delle società trasformate, può costituire condotta distrattiva, in quanto i rapporti giuridici facenti capo a ciascuna società non si estinguono ma si trasferiscono alla società derivante dalla fusione, quando sia dimostrata, alla stregua di una valutazione ex ante ed in concreto, la pericolosità della stessa operazione di fusione per la società poi fallita”.
Con la presente pronuncia la Cassazione estende alle ipotesi di fusione per unione i consolidati principi già elaborati in tema di operazioni di fusione per incorporazione, secondo i quali, qualora il fallimento riguardi solo la società incorporante, è comunque possibile configurare i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale anche a carico degli amministratori della società incorporata in relazione a condotte illecite commesse prima della fusione, dal momento che i rapporti giuridici facenti capo ad essa si trasferiscono alla società incorporante (ex multis, Sez. V, n. 42568 del 2018; n. 18517 del 2018; n. 6904 del 2017; n. 32728 del 2014).
Nello specifico, la conclusione si giustifica in considerazione del fatto che la fusione impone agli organi societari delle società partecipanti di valutare l’operazione anche sotto l’aspetto del rischio derivante dalle condizioni finanziarie negative della società incorporata, unitamente alla possibilità della incorporante di farvi fronte, al fine di evitare la verificazione dello stato di dissesto. Tale assunto deriva dalla più generale considerazione che, secondo la Corte, qualsiasi negozio traslativo e qualunque operazione societaria può integrare una condotta distrattiva o dissipativa.
Tale assunto si giustifica inoltre avuto riguardo alla struttura del reato di bancarotta, in base al quale non occorre accertare il nesso di causalità fra le condotte contestate ed il dissesto o il fallimento dell’impresa stessa, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento destinando le risorse ad impieghi estranei all’attività imprenditoriale. Anche la valutazione dell’elemento psicologico depone in questo senso, dal momento che il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è punito a titolo di dolo generico, essendo così sufficiente la consapevole volontà di imprimere al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (Sez. Un., n. 22474 del 2016).
Pertanto, la dichiarazione di fallimento di una delle società confluite nella fusione è idonea a determinare la punibilità delle condotte poste in essere dagli amministratori delle altre (per approfondimenti, SOANA, I reati fallimentari, Milano, 2012; SCORDAMAGLIA, I negozi giuridici per la soluzione della crisi d’impresa tra eterogenesi dei fini e manovre distrattive in danno dei creditori, in Cass. pen., 9/2015, 3256).