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Country by country reporting: le novità dell’Agenzia delle Entrate ed il caso USA

12 Dicembre 2017

Marica De Rosa, Head of US tax desk, DLA Piper Studio Legale Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

L’Agenzia delle Entrate, con provvedimento del Direttore del 28 novembre 2017, n. 275956, ha fornito le indicazioni operative ai fini della trasmissione annuale della Rendicontazione Paese per Paese.

Si tratta del Country by Country Report (“CbCR”), che impone la predisposizione di una reportistica omogenea a livello transnazionale con la finalità di consentire alle autorità fiscali di acquisire, in modo tempestivo e sintetico, un quadro informativo sulla posizione fiscale complessiva dei gruppi multinazionali. Ciò ai fini della valutazione della determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo e di altri rischi di erosione della base imponibile e di trasferimento di utili in giurisdizioni di favore. La reportistica, peraltro, potrebbe consentire una migliore comprensione dell’operatività dei gruppi ed una più accurata valutazione della catena del valore (si pensi, in particolare, ai modelli di business e alle modalità di tassazione delle aziende della digital economy.

2. Il contesto OCSE

Il CbCR origina dall’Action 13 (Guidance on the Implementation of Transfer Pricing Documentation and Country-by-Country Reporting) del progetto Base Erosion and Profit Shifting (BEPS) avviato dall’OCSE nel luglio 2013. Il “Final Report 2015” ha rivisto le Linee Guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento, comportando il passaggio da un modello di reportistica basato su Local File e Master File ad uno definito threetiered grazie all’introduzione di un nuovo, aggiuntivo strumento informativo (che è appunto il CbCR).

L’idea di fondo è che l’entità capogruppo debba predisporre una reportistica contenente i principali dati del Gruppo da trasmettere alla autorità fiscale dello Stato di residenza, la quale a sua volta procederà allo scambio automatico con le altre amministrazioni nazionali interessate, c.d. meccanismo primario; solo in caso di mancato funzionamento del meccanismo primario (ovvero nell’ipotesi in cui il CbCR non sia obbligatorio per la capogruppo ovvero l’amministrazione finanziaria di residenza non lo “scambi”) sono previsti meccanismi di salvaguardia (intermedio e secondario) che traslano su altre entità del Gruppo l’obbligo di redazione ed invio del CbCR.

L’obbligo di sottoporsi al CbCR è stato assunto, attraverso la firma di una convenzione multilaterale, da 66 Paesi (dati Ocse al 2 novembre) che ora, come l’Italia, si stanno dotando di regole attuative sulla base delle indicazioni e dei modelli della stessa Ocse.

Parallelamente, la direttiva 2016/881/UE del 25 maggio 2016, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 3 giugno 2016 (cd. “DAC 4”), ha apportato alcune rilevanti modifiche alla direttiva 2011/16/UE (Direttiva sulla cooperazione amministrativa, cd. “DAC 1”), che disciplina lo scambio automatico obbligatorio di informazioni in materia fiscale.

Peraltro nella stessa direzione del CbCR va la direttiva 2015/2376/UE, che introduce un framework comune ai Paesi membri dell’Unione per lo scambio automatico delle informazioni riguardanti i tax ruling transfrontalieri e gli accordi preventivi sui prezzi di trasferimento (ovvero gli accordi che le imprese raggiungono con il Fisco dei Paesi UE volti a determinare il trattamento fiscale di talune operazioni o i metodi di calcolo del valore normale dei prezzi di trasferimento). A completare il quadro la firma il 7 giugno 2017 della plaudita Convenzione Multilaterale per implementare le misure del progetto BEPS (c.d. “MCAA”) ed in particolare della sua Action 15, che peraltro potrebbe essere proprio la sede ideale per risolvere le accennate problematiche della tassazione dell’economia digitale. V’è da dire però che purtroppo le riserve e la mancata sottoscrizione da parte degli Stati Uniti, ad oggi, ne limitano ancora la portata.

La combinazione di questi strumenti volti allo scambio di dati fiscali consente alle autorità una valutazione dei rischi di erosione delle basi imponibili di carattere solo preliminare, in quanto per poter muovere contestazioni ai gruppi dovranno comunque svolgersi le opportune verifiche fiscali, nel rispetto di tutte le garanzie dei soggetti coinvolti, tratteggiate, oltre che dalle normative domestiche, anche dalla corte europea dei diritti dell’uomo.

3. L’implementazione italiana

È opportuno notare come l’Italia si sia fin qui dimostrata estremamente attiva nel dar corso al pacchetto di misure implementative del CbCR (c.d. Implementation Package) previsto nell’ambito dell’Action 13, avendo provveduto, già con la Legge di Stabilità 2016, alla introduzione nel nostro ordinamento della rendicontazione paese per paese, con ciò dando prova di una decisa volontà di contrastare i fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva ed erosione della base imponibile, in mutua collaborazione con le amministrazioni dei paesi esteri.

L’Agenzia delle Entrate, con il citato Provvedimento del Direttore pubblicato il 28 novembre, ha diramato le disposizioni attuative del D.M. 23 febbraio 2017 del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Il D.M., a sua volta, è stato pubblicato in attuazione dell’art. 1, commi 145 e 146 della Legge di Bilancio 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208), che ha recepito nell’ordinamento interno le indicazioni contenute nel BEPS – Action 13, pubblicato il 5 ottobre 2015, in tema di rendicontazione paese per paese.

Il Provvedimento declina taluni aspetti applicativi della disciplina con riferimento, tra gli altri, all’individuazione dei soggetti tenuti alla presentazione della rendicontazione, al contenuto delle informazioni oggetto di comunicazione, al regime linguistico delle comunicazioni e al corretto utilizzo e trattamento dei dati, da parte dell’Agenzia delle Entrate.

3.1 Profili soggettivi

L’obbligo di rendicontazione nel nostro Paese scatta per le controllanti di gruppi di imprese multinazionali fiscalmente residenti in Italia con un fatturato consolidato, conseguito nel periodo d’imposta precedente a quello di rendicontazione, di almeno 750 milioni di euro. Inoltre l’obbligo sussiste in capo alle società controllate italiane, che a livello di gruppo superino la predetta soglia di fatturato consolidato, nei casi in cui: (i) la controllante estera non sia ancora tenuta ad adempiere nel proprio Paese; (ii) non sia ancora in vigore un accordo qualificante con il Paese di residenza della controllante estera che preveda lo scambio automatico delle rendicontazioni al termine dei 12 mesi utili per la presentazione (per il 2016, il 31 dicembre 2017); (iii) si siano verificate inadempienze sistemiche nella giurisdizione della capogruppo.

La controllata italiana sarà invece esonerata laddove, pur sussistendo i citati requisiti per la presentazione nel nostro Paese, la capogruppo estera individui una società “supplente” come propria sostituta, sulla quale ricadranno tutti gli obblighi di rendicontazione di gruppo nella propria giurisdizione fiscale. Se quest’ultima risiede al di fuori dell’Unione Europea, tale opzione risulterà possibile solo a fronte di una puntuale verifica di condizioni qualificanti quali, fra le altre, l’esistenza di un obbligo di rendicontazione nella giurisdizione fiscale dell’entità incaricata o, ancora, l’esistenza di un accordo vigente tra le autorità competenti per il periodo di imposta di rendicontazione.

Inoltre, la controllata residente risulterà esonerata nel caso in cui la controllante estera presenti la rendicontazione su base volontaria alla propria autorità fiscale, ma solo in presenza di accordo qualificante con l’Italia e di un obbligo di rendicontazione. A tal fine rilevano le rendicontazioni delle capogruppo residenti in Paesi anche ove gli obblighi non siano ancora operativi per l’anno di imposta che inizia il 1 gennaio 2016. Si pensi al caso degli Stati Uniti dove l’obbligo scatta dal 30 giugno 2016. Va infine tenuto presente che in presenza di più entità residenti nell’Unione Europea, il gruppo avrà la possibilità di individuare una entità “designata”, che si impegnerà a comunicare tutti i dati del gruppo nella propria giurisdizione fiscale.

Per le controllate residenti, quindi, l’obbligo scatterà se non venga designata una società estera o una supplente ovvero venga designata direttamente l’entità italiana.

3.2 Profili oggettivi

Alla accurata verifica sulla sussistenza dei requisiti soggettivi dovrà far seguito quella sui dati da comunicare. I dati che devono essere comunicati da parte delle multinazionali sono i seguenti:

  • le giurisdizioni fiscali in cui le entità appartenenti al gruppo di imprese multinazionali sono residenti a fini fiscali ovvero, nel caso di stabili organizzazioni, in cui queste ultime sono situate;
  • i ricavi, costituiti dalla somma dei ricavi di tutte le entità appartenenti al gruppo distinti tra quelli con parti correlate e con terze parti e con esclusione dei dividendi incassati;
  • gli utili (o le perdite) al lordo delle imposte sul reddito di tutte le entità appartenenti al gruppo;
  • le imposte sul reddito effettivamente pagate nel periodo di imposta (in base al principio di cassa), al netto di eventuali rimborsi, delle imposte sul reddito maturate (senza fiscalità differita);
  • le imposte correnti maturate sull’utile imponibile o alla perdita fiscale dell’anno a cui si riferisce la rendicontazione di tutte le entità appartenenti al gruppo;
  • il capitale sociale dichiarato (inclusivo delle riserve di capitale), dato dalla somma del capitale sociale e delle riserve di capitale di tutte le entità appartenenti al gruppo;
  • gli utili non distribuiti (o perdite) al lordo delle imposte dell’esercizio;
  • il numero totale di addetti a tempo pieno a fine anno, calcolato sulla base dei livelli medi di occupazione per l’anno;
  • la valorizzazione delle immobilizzazioni materiali.

Oltre alle informazioni contabili, desunte alternativamente dal consolidato, dai singoli bilanci o dalla contabilità interna, il CbCR impone l’obbligo di comunicazione delle attività principali svolte da ciascuna entità e dell’elenco completo delle entità appartenenti al gruppo per giurisdizione fiscale, specificando l’eventuale insediamento legale in altro Paese.

Per quanto riguarda le stabili organizzazioni, queste ultime dovranno essere incluse ai fini della reportistica nel Paese di effettivo insediamento ai fini fiscali ed i relativi dati esclusi da quelli di casa-madre residente in altro Paese.

L’Agenzia precisa inoltre che, qualora un’entità appartenente al gruppo sia residente in più di una giurisdizione fiscale, per determinarne la giurisdizione di residenza dovranno essere applicate le regole dirimenti dettate dalle tie-breakers rules dei Trattati contro le Doppie Imposizioni. Ove non vi sia Trattato applicabile, l’entità appartenente al gruppo deve essere segnalata come residente nella giurisdizione fiscale della sua sede di direzione effettiva.

Il modello, inoltre, prevede la possibilità di integrazione con informazioni supplementari attraverso le quali fornire ogni dettaglio che si ritenga necessario per agevolare la lettura dei dati (ad esempio le motivazioni che hanno spinto ad utilizzare più fonti di dati ovvero una modifica delle stesse da un anno con l’altro).

Vanno incluse nella rendicontazione tutte le società consolidate integralmente o con il metodo del pro-rata, con esclusione delle entità incluse nel perimetro di consolidamento con il metodo del patrimonio netto.

La rendicontazione dei valori delle diverse entità del gruppo deve essere ricostruita sulla base delle indicazioni fornite dall’Amministrazione, con particolare riferimento non tanto al Paese di insediamento, quanto alla giurisdizione fiscale di riferimento (corrispondente o meno ad uno Stato, ma dotata di autonomia fiscale). Pertanto, pensando ad esempio alla reportistica di una società operante in più Paesi attraverso stabili organizzazioni, questa dovrà essere suddivisa per giurisdizione fiscale. Pur partendo dal dato di bilancio della singola entità, si renderà obbligatorio suddividere le informazioni richieste in base all’operatività delle sue stabili organizzazioni (c.d. branch). I valori di queste ultime dovranno essere depurati dalla rendicontazione della entità cui fanno capo, ad esclusione del capitale dichiarato (incluso in quello della entità-madre, salvo il caso di eventuale obbligo regolamentare nel Paese di insediamento della branch) e degli utili non distribuiti (anch’essi inclusi nella reportistica dell’entità estera e da segnalare – se di competenza della branch – nelle informazioni aggiuntive previste dal Provvedimento). Si fa notare che dalle definizioni della Legge di Bilancio sembrerebbe che anche una sola società con stabili organizzazioni estere è considerata gruppo multinazionale.

3.3 Termini, modalità di presentazione e utilizzo dei dati

La documentazione deve essere inoltrata dalle multinazionali sia in lingua italiana sia in lingua inglese, per consentire il successivo scambio di informazioni con le altre giurisdizioni (così come previsto dal regolamento n. 2016/1963 della Commissione Europea).

In principio, il termine per l’invio della prima rendicontazione è fissato al 31 dicembre 2017, nell’ipotesi in cui il periodo d’imposta di rendicontazione sia iniziato il 1° gennaio 2016 (o in data successiva) e sia terminato prima del 31 dicembre 2016.

Tuttavia, con successivo Provvedimento dell’11 dicembre 2017 n. 288555, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate precisa che le comunicazioni relative al primo anno di rendicontazione si intendono validamente presentate nei termini se inviate sessanta giorni dalla data del provvedimento stesso.

A regime la rendicontazione andrà invece presentata entro i dodici mesi che succedono all’ultimo giorno del periodo d’imposta di rendicontazione del gruppo multinazionale. Le informazioni vanno trasmesse tramite i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

La mancata predisposizione e comunicazione all’Amministrazione Finanziaria del Report, o l’invio di dati incompleti o non veritieri comporta, in caso di verifica, la comminazione di una sanzione amministrativa da euro 10.000 ad euro 50.000.

Quanto all’utilizzo e trattamento dei dati, l’Agenzia condivide il monito dell’Ocse ad utilizzare le informazioni con cautela. Già in sede di D.M. del 23 febbraio 2017 aveva previsto che la rendicontazione fosse utilizzata esclusivamente per la valutazione di rischi di transfer pricing nonché di rischi collegati all’erosione della base imponibile e che la stessa non potesse invece costituire l’unica fonte per le relative rettifiche. Il provvedimento ribadisce e rafforza tale garanzia, stabilendo che qualora venissero violate le disposizioni sull’utilizzo dei dati, l’Agenzia debba procedere tempestivamente con l’archiviazione o l’annullamento in autotutela dei relativi atti emessi. A presidiare il rispetto di tali disposizioni sarà un apposito ufficio deputato alle analisi CbCR da individuare con successivo provvedimento dell’Agenzia. La rendicontazione potrà comunque essere utilizzata da parte dell’Amministrazione come base per ulteriori indagini, che potrebbero portare a rettifiche delle basi imponibili.

3.4 Comunicazione nei modelli dichiarativi

Ai fini del CbCR sono stati creati dei prospetti nei modelli di dichiarazione dei redditi.

La società italiana dovrà, barrando l’apposita casella, comunicare il suo status, ovvero informare l’Agenzia delle Entrate se è controllante capogruppo o supplente della controllante capogruppo e se si tratta di entità tenuta alla presentazione della rendicontazione. Se la società italiana è diversa da queste ultime occorre poi riportare le generalità – denominazione, codice identificativo, sede legale e codice Stato estero – sia dell’entità tenuta alla presentazione della rendicontazione che della controllante capogruppo.

Nella medesimo rigo va indicato, barrando l’apposita casella, se la controllante capogruppo del gruppo multinazionale non è obbligata a presentare la rendicontazione nella propria giurisdizione di residenza fiscale o se, nella giurisdizione di residenza fiscale della controllante capogruppo, vige un Accordo internazionale con l’Italia, ma alla data di scadenza del termine di presentazione della rendicontazione non è in vigore uno specifico Accordo qualificante che preveda lo scambio automatico delle rendicontazioni paese per paese con l’Italia.

Nelle ipotesi in cui l’entità appartenente al gruppo residente nel territorio dello Stato sia tenuta alla presentazione della rendicontazione, e pur avendo chiesto alla società controllante capogruppo le informazioni necessarie, non le ottenga, è tenuta a compilare l’apposita casella. La predetta indicazione certifica che la società controllante capogruppo non ha reso disponibili le informazioni necessarie richieste dal dichiarante il quale è tenuta a presentare la rendicontazione contenente tutte le informazioni ottenute o acquisite di cui dispone.

4. La peculiarità del caso Stati Uniti

Il 27 settembre 2017 è stato firmato e reso operativo l’Accordo qualificante tra Autorità Competenti di Italia e Stati Uniti che prevede lo scambio automatico di informazioni relative alle rendicontazioni Paese per Paese. Ne dà comunicazione il Ministero dell’Economia e delle finanze con una nota del 3 ottobre 2017. Il contesto giuridico dell’Accordo è da rinvenire nella Convenzione tra il Governo degli Stati Uniti d’America ed il Governo della Repubblica Italiana per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi o le evasioni fiscali, firmata a Washington il 25 agosto 1999, il cui Articolo 26 consente lo scambio di informazioni tra Autorità Competenti degli Stati contraenti, incluso lo scambio automatico.

Questo Accordo amministrativo tra i due Paesi consentirà di scambiare i dati contenuti nelle rendicontazioni CbCR entro 15 mesi dall’ultimo giorno del periodo d’imposta del gruppo multinazionale cui si riferisce la rendicontazione.

La prima rendicontazione Paese per Paese, relativa al periodo di imposta che ha inizio il 1° gennaio 2016 o in data successiva, sarà trasmessa, da un’Autorità Competente all’altra, entro diciotto mesi dall’ultimo giorno di tale periodo.

Tuttavia, riguardo alle tempistiche si individua un disallineamento tra quanto previsto dall’Accordo e la normativa domestica statunitense. Infatti, con Revenue Procedure 2017-23, l’Internal Revenue Service degli Stati Uniti ha chiarito che le norme statunitensi sul CbCR si applicano al periodo fiscale delle controllanti capogruppo residenti negli Stati Uniti che inizia il 30 giugno 2016 o in data successiva. Pertanto, con riferimento al 2016, la normativa statunitense non prevede l’obbligo del CbCR per le controllanti quelle capogruppo residenti negli Stati Uniti che abbiano un periodo fiscale che inizia in un giorno compreso tra il 1° gennaio e il 29 giugno 2016.

Tuttavia, pur in assenza di obbligo, gli Stati Uniti acconsentono alla presentazione della reportistica su base volontaria (c.d. voluntary filing) da parte della controllante capogruppo statunitense. Il CbCR sarà poi inviato alle rispettive giurisdizioni delle entità appartenenti al gruppo con le quali è stato stipulato un Accordo qualificante per lo scambio dei CbCRs.

Pertanto, pur avendo gli Stati Uniti posticipato rispetto all’Italia l’obbligo di rendicontazione, le capogruppo USA si stanno attivando per trasmettere in via volontaria il CbCR sul periodo di imposta 2016. L’esistenza dello specifico Accordo unitamente al voluntary filing soddisferebbe le condizioni previste dall’art. 2 comma 7 del D.M. 23 febbraio 2017 per esentare le società controllate italiane dall’obbligo di presentare il CbCR per l’annualità 2016.

Infatti il suddetto D.M. (art. 2, comma 7, lettera c) stabilisce che con riferimento al solo periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016, la società controllata italiana non è obbligata alla presentazione del CbCR, se la controllante capogruppo, residente in una giurisdizione che non ha ancora introdotto l’obbligo di presentazione della rendicontazione paese per paese, presenta volontariamente detta rendicontazione all’autorità fiscale della giurisdizione di residenza. La presentazione volontaria della rendicontazione da parte della controllante capogruppo costituisce motivo di esonero dall’obbligo del c.d. local filing previsto dal decreto qualora alla data di scadenza della prima rendicontazione sia in vigore, tra l’Italia e la giurisdizione di residenza della controllante capogruppo, un accordo qualificante tra autorità competenti.

Ciò porrebbe fine alle incertezze generatesi nei mesi scorsi in alcune realtà italiane controllate direttamente da soggetti residenti negli Stati Uniti preoccupate di dover adempiere loro stesse agli obblighi di presentazione del CbCR per il 2016.

In questo scenario, la controllata italiana dovrà semplicemente adempiere al c.d. obbligo di notificazione, comunicando l’identità e la residenza della controllante capogruppo, da effettuarsi nei modelli dichiarativi.

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