1) L’articolo 64 e l’articolo 65, paragrafo 1, della direttiva 2013/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, e l’articolo 395, paragrafi 1 e 5, del regolamento (UE) n. 575/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento e che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in forza della quale, in caso di superamento dei limiti di esposizione di cui all’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013, un addebito di interessi sia imposto automaticamente all’ente creditizio, anche se quest’ultimo soddisfa le condizioni di cui all’articolo 395, paragrafo 5, di detto regolamento, che consentono a un ente creditizio di superare tali limiti.
2) L’articolo 48, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 468/14 della Banca centrale europea, del 16 aprile 2014, che istituisce il quadro di cooperazione nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico tra la Banca centrale europea e le autorità nazionali competenti e con le autorità nazionali designate (regolamento quadro sull’MVU) deve essere interpretato nel senso che una procedura di vigilanza non può considerarsi formalmente avviata, ai sensi di tale disposizione, né qualora un ente creditizio segnali all’autorità di vigilanza il superamento dei limiti di cui all’articolo 395, paragrafo 1, del regolamento n. 575/2013 né qualora detta autorità abbia già adottato una decisione in una procedura parallela avente ad oggetto infrazioni analoghe.