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Attualità

CRD VI: idoneità degli esponenti aziendali e gestione dei rischi ESG

2 Settembre 2024

Francesco Amici, Specialista consulenza legale societaria, Ufficio Governance, consulenza societaria e Market Abuse, BPER Banca S.p.A.

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo approfondisce il contenuto della Direttiva (UE) 2024/1619 (CRD VI), soffermandosi in particolare sull’idoneità degli esponenti aziendali e sulla gestione dei rischi finanziari derivanti da fattori ambientali, sociali e di governance.


1. Premesse

Nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 19 giugno 2024 sono stati pubblicati due documenti normativi volti a modificare i requisiti patrimoniali alla luce dei nuovi standard emanati nell’ambito del framework di Basilea 3 (c.d. Basilea 3 plus).

Più nel dettaglio, si tratta del Regolamento (UE) 2024/1623 (“CRR III”) che modifica il Regolamento (UE) n. 575/2013 nella parte concernente i requisiti per il rischio di credito, il rischio di aggiustamento della valutazione del credito, il rischio operativo, il rischio di mercato e l’output floor, nonché della Direttiva (UE) 2024/1619 (“CRD VI”), recante alcune modifiche della Direttiva 2013/36/UE con particolare riferimento ai poteri di vigilanza, sanzioni, succursali di paesi terzi e rischi ambientali, sociali e di governance.

Il Regolamento CRR III, da applicarsi a far data dal 1° gennaio 2025, entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, con eccezione di alcune parti come indicate nell’art. 1, così come indicati dall’art. 2, la cui decorrenza è fissata dal 9 luglio 2024.

Quanto invece alla CRD VI, trattasi di provvedimento normativo destinato a entrare in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione della stessa nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, e gli Stati membri avranno 18 mesi di tempo per recepirne le indicazioni nella propria legislazione nazionale.

2. Valutazioni dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione [1]

Oltre ad apportare modifiche alla disciplina connessa alla gestione del rischio di credito e sul monitoraggio e gestione dei rischi connessi a fattori ambientali, sociali e di governance, la CRD VI introduce numerose novità per quel che concerne il governo societario degli enti sottoposti a vigilanza.

Nell’offrire una sintetica ricognizione delle modifiche di maggiore significato operativo, si segnala innanzitutto la revisione della lettera e) del paragrafo 1, comma 2 dell’art. 88 della Direttiva 2013/36/UE.

Mentre nella versione attualmente vigente è esclusa la possibilità, per il presidente dell’organo di gestione nella sua funzione di supervisione strategica, di assumere su di sé, simultaneamente, anche le funzioni di amministratore delegatoa meno che non sia giustificato dall’ente e autorizzato dalle autorità competenti”, nella versione novellata tale possibilità viene definitivamente esclusa.

A far data dal recepimento delle indicazioni di cui alla CRD VI da parte della legislazione nazionale, viene quindi introdotta una situazione di incompatibilità assoluta tra la funzione di presidenza dell’organo di gestione e quella di amministratore delegato dell’ente.

Tale modifica, volgendo lo sguardo alle specificità nazionali dettate in materia di valutazione dell’idoneità degli esponenti aziendali, sembra dotata di un impatto pratico minore. Una regola non dissimile può infatti implicitamente ricavarsi dall’art. 8 del DM 169/2020 a mente del quale il presidente del Consiglio di Amministrazione è un esponente non esecutivo. Orbene, dato che l’Amministratore delegato è un esponente necessariamente esecutivo, ne consegue l’incompatibilità di tale carica con quella di Presidente del Consiglio di Amministrazione.

Maggiore carica innovatrice può invece cogliersi nella previsione affidata al nuovo paragrafo 3 dell’art. 88 della Direttiva 2013/36/UE, introduttiva dell’obbligo, in capo all’ente vigilato, di redigere, mantenere e aggiornare apposite “dichiarazioni individuali che illustrano i ruoli e le funzioni di tutti i membri dell’organo di gestione nella sua funzione di gestione, dell’alta dirigenza e dei titolari di funzioni chiave e una mappatura delle funzioni, ivi compresi dettagli delle linee di segnalazione e delle linee di responsabilità, nonché delle persone coinvolte nei dispositivi di governance di cui all’articolo 74, paragrafo 1, e delle loro funzioni.”

La previsione non definisce forma e natura di tali dichiarazioni individuali né di quella della relativa mappatura, limitandosi a richiedere all’ente di garantirne la messa a disposizione in qualunque momento, nonché comunicate alle autorità competenti, su richiesta, in tempo utile.

La CRD VI porta alcune modifiche anche all’art. 91 della Direttiva 2013/36/UE, cui è affidata la disciplina relativa alla valutazione di idoneità dei membri dell’organo di gestione.

Tra quelle di maggiore significato, si segnala innanzitutto la riformulazione, più forma che di sostanza, del primo periodo del paragrafo 1. Nella versione revisionata, è richiesto ai membri dell’organo di gestione di soddisfare sempre sufficienti [2] requisiti di onorabilità nonché di essere dotati di competenze ed esperienza sufficienti [3].

La riformulazione prevede poi l’accorpamento nel paragrafo 1 della previsione attualmente contenuta nel paragrafo 8 della medesima norma, ossia che ciascun membro dell’organo di gestione agisca con onestà, integrità e indipendenza di spirito.

Degno di nota anche quanto previsto nel nuovo paragrafo 1-bis dell’art. 91, che richiede all’ente vigilato di effettuare la valutazione dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione nella fase antecedente l’assunzione delle rispettive funzioni gestionali e periodicamente, come stabilito dalle legislazioni e regolamentazioni, dagli orientamenti e dalle politiche interne di idoneità applicabili.

Tale previsione, che anticipa la fase valutativa dell’idoneità dei membri dell’organo di gestione, trova un precedente nel paragrafo 7 della Guida BCE alla verifica dei requisiti di idoneità 2021. Tale ultima previsione, infatti, già auspicava che enti creditizi fornissero alla Banca Centrale Europea (BCE) le valutazioni dell’idoneità dei componenti esecutivi dell’organo di amministrazione in una fase antecedente la nomina, sì da consentirle di anticipare le sue valutazioni e fornire indicazioni di vigilanza nelle prime fasi del processo [4].

La previsione di cui al citato paragrafo 1-bis dell’art. 91 della Direttiva 2013/36/UE, assumendo la prospettiva dell’ottica dell’osservatore domestico, introduce una modalità di valutazione dell’idoneità degli esponenti che presenta profili di novità rispetto a quanto stabilito dalla normativa nazionale.

Per chiarire il punto basti notare che, ai sensi dell’art. 23 del DM 169/2020 [5], la valutazione da effettuare in occasione della nomina è compiuta, di norma, prima che l’esponente o il responsabile di una delle principali funzioni aziendali abbia assunto l’incarico, quando la competenza alla nomina non spetta all’assemblea. In tutti gli altri casi, invece, la valutazione è effettuata in un momento successivo, purché in tempo utile per rispettare il termine di cui all’art. 7 del medesimo DM 169/2020.

Il nuovo comma 1-bis dell’art. 91 della Direttiva 2013/36/UE prevede invece la generale anticipazione della valutazione dell’idoneità dei membri del consiglio di gestione, senza alcun distinguo tra nomine di competenza assembleare e non.

Il paragrafo 1-quater dell’art. 91 impone agli enti vigilati di assicurare l’aggiornamento delle informazioni sull’idoneità dei membri dell’organo di gestione, fornendole all’autorità competente con le modalità da essa determinati.

Nella revisione dell’art. 91 della Direttiva 2013/36/UE, il legislatore unionale ha prestato particolare cura nel disciplinare gli aspetti procedimentali concernenti le modalità tecniche di inoltro della domanda di idoneità dei membri dell’organo di gestione da parte dell’ente.

Il paragrafo 1-quinquies stabilisce le tempistiche per l’inoltro della domanda di idoneità, mentre il successivo paragrafo 1-sexies individua la documentazione a corredo dell’inoltro, costituita da (a) un questionario di idoneità e un curriculum vitae; (b) la valutazione interna dell’idoneità di cui al paragrafo 1 bis, a meno che non si applichi il secondo comma dello stesso; (c) il casellario giudiziario, non appena disponibile; (d) qualsiasi altro documento previsto dal diritto nazionale, non appena disponibile; e) qualsiasi altro documento elencato dall’autorità competente, non appena disponibile e f) l’indicazione della data di nomina e della data in cui le funzioni saranno effettivamente assunte.

Per quanto concerne l’onorabilità, il paragrafo 2-bis dell’art. 91 prescrive il possesso, in capo a ciascun membro dell’organo di gestione del requisito di onorabilità, e che i medesimi agiscano secondo una condotta orientata all’onestà, integrità e indipendenza di spirito in modo, sì da poter valutare e mettere in discussione efficacemente, se necessario, le decisioni dell’organo di gestione nonché sorvegliare e controllare in modo efficace le decisioni in materia di gestione [6].

Giova precisare che il paragrafo 2-bis, di nuovo conio, in realtà recepisce quasi pedissequamente quanto già previsto dal paragrafo 8 dell’art. 91 dell’attuale testo della Direttiva 2013/36/UE, innovando soltanto nell’apertura del primo periodo, là dove ribadisce la necessità che ciascun membro dell’organo di gestione sia in possesso del requisito di onorabilità.

Sempre in riferimento al requisito di onorabilità, viene poi precisato, nel testo novellato dell’art. 91 della Direttiva 2013/36/UE, che “l’assenza di una condanna penale o di procedimenti penali in corso per un reato non è di per sé sufficiente a soddisfare il requisito di onorabilità e di agire con onestà e integrità”.

Sul piano della composizione generale dell’organo di gestione, il paragrafo 2-ter dell’art. 91, innovando rispetto all’attuale paragrafo 7, richiede che i componenti dell’organo siano in possesso, collettivamente, di competenze ed esperienze adeguate a comprendere anche “i rischi associati cui essa è esposta e gli impatti che essa genera nel breve, medio e lungo periodo, tenendo conto dei fattori ambientali, sociali e di governance”.

Novità, altresì, per quel che concerne la formazione dei membri del comitato di gestione. Diversamente da quanto previsto dall’attuale formulazione del paragrafo 9 dell’art. 91, il paragrafo 7 dell’art. 91 richiede all’ente di destinare risorse umane e finanziarie adeguate [7] alla preparazione e formazione dei membri del comitato di gestione, inter alia, anche alla formazione sugli “impatti e i rischi ambientali, sociali e di governance nonché il rischio TIC quale definito all’art. 4, paragrafo 1, punto 52-quater del Regolamento (UE) n. 575/2013” [8].

Nessuna novità, invece, per quel che concerne l’impegno dell’ente a predisporre una politica di promozione della diversità [9] all’interno dell’organo di gestione, già prevista nel paragrafo 10 dell’art. 91 della Direttiva 2013/36/UE e confluita nel paragrafo 8 dell’art. 91, nonché per quel che concerne il numero di incarichi che un membro del consiglio di gestione può ricoprire simultaneamente, essendo confermate le combinazioni di (i) un incarico di amministratore esecutivo e due incarichi di amministratore non esecutivo oppure (ii) quattro incarichi di amministratore non esecutivo.

A chiusura della sintetica rassegna proposta, si segnala che, ai sensi del nuovo paragrafo 1-nonies dell’art. 91, “le autorità competenti non sono tenute a rivalutare l’idoneità dei membri dell’organo di gestione in occasione del rinnovo del loro mandato, fatto salvo il caso in cui informazioni pertinenti note alle autorità competenti abbiano subito una modifica che potrebbe incidere sull’idoneità del membro interessato”.

3. Titolari di funzioni chiave e valutazione di idoneità

La CRD VI introduce nel testo della Direttiva 2013/36/UE un nuovo art. 91-bis, cui vengono affidate le regole da osservarsi in occasione della valutazione di idoneità dei titolari di funzioni chiave.

In questa prospettiva, la CRD VI, modificando l’art. 3, paragrafo 1 della Direttiva 2013/36/UE, introduce innanzitutto un nuovo comma 9-bis) nel quale vengono definiti titolari di funzioni chiave coloro che “esercitano un’influenza significativa sulla direzione di un ‘ente senza essere membri dell’organo di gestione, compresi i responsabili delle funzioni di controllo interno e il direttore finanziario se non appartenenti all’organo di gestione[10].

Quanto ai profili sostanziali, già a un primo sguardo emerge evidente come la disciplina concernente la valutazione di idoneità dei titolari di funzioni chiave dell’ente vigilato ricalchi, in buona sostanza, quella dettata nei precedenti artt. 88-90 per la valutazione di idoneità dei membri dell’organo di gestione.

Come per quest’ultimi, viene richiesto ai titolari di funzioni chiave il possesso di sufficienti requisiti di onorabilità, che gli stessi agiscano con onestà e integrità e siano dotati di conoscenze, competenze ed esperienza sufficienti per l’esercizio delle loro funzioni. Vieppiù, anche per i titolari delle funzioni chiave l’assenza di una condanna penale o di procedimenti in corso per un reato non è di per sé sufficiente a soddisfare il requisito di onorabilità e di agire con onestà e integrità.

Viene poi riproposta, al paragrafo 2 dell’art. 91-bis, la necessità che l’ente effettui le valutazioni sull’idoneità dei titolari delle funzioni chiave prima che questi assumano le loro funzioni e periodicamente, tenendo conto delle aspettative di vigilanza, come stabilito dalle legislazioni e regolamentazioni, dagli orientamenti e dalle politiche interne di idoneità applicabili.

Del pari, viene richiesto agli enti di mantenere aggiornate le informazioni concernenti l’idoneità dei titolari di funzioni chiave, nonché di stabilire apposite modalità attraverso le quali fornire tali informazioni all’autorità di vigilanza competente.

Infine, il paragrafo 6 dell’art. 91-bis replica quanto già previsto nel paragrafo 1-nonies dell’art. 91, onde le autorità competenti non sono tenute a rivalutare l’idoneità dei responsabili delle funzioni di controllo interno [11] e del direttore finanziario [12] in occasione del rinnovo o della proroga del loro contratto, fatto salvo il caso in cui informazioni pertinenti note alle autorità competenti abbiano subito una modifica che potrebbe incidere sull’idoneità dei responsabili o del direttore interessato.

4. Politiche in materia di remunerazione

La CRD VI apporta delle novità anche per quel che concerne le politiche di remunerazione.

In questa prospettiva, si segnala innanzitutto la modifica della lettera f) del paragrafo 2 dell’art. 92 della Direttiva 2013/36/UE.

Mentre infatti nella formulazione attualmente vigente è affidato al comitato per le remunerazioni il controllo della remunerazione dei responsabili di alto livello delle funzioni di gestione dei rischi e della conformità, nel testo novellato è previsto che il comitato per le remunerazioni – o, in caso di mancata costituzione, l’organo di gestione nella sua funzione di supervisione strategica – controlli la remunerazione dei responsabili delle funzioni di controllo interno.

Con questa nuova formulazione, il legislatore comunitario amplia lo spettro di competenze del comitato per le remunerazioni, affidando al medesimo la responsabilità, oltre che della remunerazione dei responsabili delle funzioni di gestione dei rischi e di compliance, anche di quella del responsabile della funzione audit interno.

Anche l’art. 94, recante la disciplina degli elementi variabili della remunerazione, viene modificato dalla CRD VI. Attraverso la modifica della lettera a) del paragrafo 1, viene infatti precisato che l’importo totale della remunerazione deve basarsi su una combinazione di valutazione dei risultati del singolo e dell’unità aziendale interessata e dei risultati generali dell’ente, tenendo anche conto di “criteri finanziari e non finanziari, compreso il trattamento dei rischi di cui all’articolo 76, paragrafo 2”.

5. Rischi ambientali, sociali e di governance

A conclusione della sintetica rassegna delle principali novità introdotte dalla CRD VI al testo della Direttiva 2013/36/UE, d’uopo spendere alcune parole sui profili concernenti la gestione dei rischi ambientali, sociali e di governance.

Innanzitutto, il riformulato paragrafo 2 dell’art. 76 richiede ora all’organo di gestione di elaborare, monitorandone l’attuazione, “piani specifici che includano obiettivi quantificabili e processi per il monitoraggio e la gestione dei rischi finanziari derivanti, nel breve, medio e lungo termine, dai fattori ambientali, sociali e di governance, ivi compresi quelli derivanti dal processo di aggiustamento e dalle tendenze di transizione nel contesto dei pertinenti obiettivi normativi e degli atti giuridici dell’Unione e degli Stati membri in relazione ai fattori ambientali, sociali e di governance, in particolare l’obiettivo di conseguire la neutralità climatica, nonché, ove pertinente per gli enti attivi a livello internazionale, nel contesto degli obiettivi giuridici e normativi dei paesi terzi”.

Sotto altra prospettiva, l’art. 87-bis richiede agli enti di dotarsi, nell’ambito dei meccanismi di governance, di apposite strategie, politiche e sistemi volti all’identificazione, la misurazione, la gestione e la sorveglianza dei rischi ambientali, sociali e di governance a breve, medio e lungo termine.

Le strategie, le politiche e sistemi di gestione dei rischi ambientali, sociali e di governance devono essere di complessità operativa proporzionata all’ampiezza, alla natura e alla complessità dei rischi del modello imprenditoriale adottato e alla portata delle attività dell’ente, nonché devono coprire un orizzonte di breve e medio termine così come un orizzonte a lungo termine di almeno 10 anni.

Per garantire l’adeguatezza di tali sistemi di gestione di tali rischi, le autorità competenti assicurano gli enti mettano alla prova la propria resilienza agli impatti negativi a lungo termine di fattori ambientali, sociali e di governance, sia in scenari di base che in scenari avversi lungo un determinato arco di tempo, a partire dai fattori climatici.

Entro il 10 gennaio 2026, l’ABE emanerà orientamenti, conformemente all’articolo 16 del regolamento (UE) n. 1093/2010, volti a specificare, inter alia, il contenuto dei suddetti piani e i criteri da adottare per la valutazione dell’impatto dei suddetti rischi.

 

[1] Ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, punto 8 bis), è definito quale organo di gestione, nella sua funzione di gestione, “l’organo di gestione nel suo ruolo di direzione di un ente, che comprende le persone che dirigono effettivamente l’attività dell’ente”. Nell’ottica domestica, si può ritenere che la locuzione “organo di gestione” impiegata nella Direttiva 2013/36/UE identifichi il Consiglio di Amministrazione, cui spettano i poteri di gestione della società.

[2] Nell’attuale formulazione, è invece previsto il mero soddisfacimento dei requisiti di onorabilità, senza la precisazione che tali requisiti siano “sufficienti”.

[3] Nell’attuale formulazione, il riferimento è invece alle competenze e l’esperienza necessarie per l’esercizio delle loro funzioni.

[4] Una soluzione operativa non dissimile sembra essere recepita dalla CSSF (Commission de Surveillance du Secteur Financier), Luxembourg, della “Prudential Procedure for the Appointment of Members of the Management Body and Key Function Holders in Credit Institutions”. Nel paragrafo C 15. è infatti previsto che “Any appointment of a member of the management body or of a key function holder must be preceded by the institution’s assessment of the relevant person”.

[5] Una previsione del tutto similare è recepita anche nel paragrafo 2 delle Disposizioni di vigilanza in materia di procedura di valutazione dell’idoneità degli esponenti di banche, intermediari finanziari, istituti di moneta elettronica, istituti di pagamento e sistemi di garanzia dei depositanti.

[6] Ai sensi del paragrafo 11 dell’art. 91-bis, entro il 10 luglio 2026 l’ABE emanerà orientamenti relativi, inter alia, alla nozione di “requisiti di onorabilità” e alla nozione di “onestà, integrità e indipendenza di spirito” dei membri dell’organo di gestione.

[7] Ai sensi del paragrafo 11 dell’art. 91-bis, entro il 10 luglio 2026 l’ABE emanerà orientamenti relativi, inter alia, alla nozione di “risorse umane e finanziarie adeguate” da destinarsi alla formazione dei membri dell’organo di gestione.

[8] L’art. 4, paragrafo 1, punto 52-quater del Regolamento (UE) n. 575/2013 si riferisce al “rischio operativo”, ossia il rischio di perdite derivanti dalla inadeguatezza o dalla disfunzione di processi, risorse umane e sistemi interni, oppure da eventi esogeni, ivi compreso il rischio giuridico.

[9] Ai sensi del paragrafo 11 dell’art. 91-bis, entro il 10 luglio 2026 l’ABE emanerà orientamenti relativi, inter alia, alla nozione di “diversità” di cui tener conto per la selezione dei membri dell’organo di gestione.

[10] Per “responsabili delle funzioni di controllo interno, si intendono, ai sensi del nuovo comma 9-ter) dell’art. 3, paragrafo 1, “le funzioni di gestione del rischio, conformità (compliance) e audit interno”.

[11] I Responsabili delle funzioni di controllo interno, rientranti nella definizione di “titolari di funzioni chiave” di cui all’articolo 3, il paragrafo 1, punto 9-bis), vengono identificati, al punto 9-quater) della norma da ultimo citata, con le “le persone responsabili al massimo livello gerarchico dell’efficace esercizio quotidiano delle funzioni di controllo interno di un ente”.

[12] Il direttore finanziario, ai sensi dell’art. 3, paragrafo 1, punto 9-quinquies, è “la persona che ha globalmente la responsabilità della gestione delle risorse finanziarie, della programmazione finanziaria e dell’informativa finanziaria di un ente”.

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