Il presente contributo analizza la nuova disciplina delle succursali di banche extra-UE, che verrà introdotta dal nuovo regime CRD VI e CRR VI approvato lo scorso 24 aprile dal Parlamento Europeo, soffermandosi sugli impatti per le banche estere che operano nel nostro paese.
Il 24 aprile scorso il Parlamento Europeo ha approvato, in prima lettura, la “Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2013/36/UE (“CRD”) per quanto riguarda i poteri di vigilanza, le sanzioni, le succursali di paesi terzi e i rischi ambientali, sociali e di governance, e che modifica la direttiva 2014/59/UE” (“CRD VI”) e la “Proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 (“CRR”) per quanto concerne i requisiti per il rischio di credito, il rischio di aggiustamento della valutazione del credito, il rischio operativo, il rischio di mercato e l’output floor” (“CRR VI”), che erano state presentate dalla Commissione Europea al Parlamento Europeo e al Consiglio dell’Unione Europea il 27 ottobre 2021.
Le proposte di modifica alla CRD e al CRR sono state oggetto di negoziati interistituzionali (trilogo) dal 9 marzo 2023 [1] al 29 giugno 2023, data in cui è stato raggiunto l’accordo provvisorio tra le istituzioni europee sui testi legislativi [2]. Ove formalmente approvati anche dal Consiglio Europeo – come ci si attende che avvenga nelle prossime settimane, non essendo stati apportati dal Parlamento emendamenti rispetto alle versioni concordate tra le istituzioni all’esito del trilogo – i testi finali potrebbero essere emanati e pubblicati in gazzetta ufficiale nel prossimo mese.
La CRD VI e il CRR VI costituiscono un importante punto di approdo per il completamento dell’iter di implementazione dell’Accordo di Basilea III nel quadro legislativo europeo. Gli obiettivi principali delle modifiche alla CRD e al CRR, infatti, consistono (i) nell’implementazione dei requisiti prudenziali e di gestione dei rischi delle banche varati dal Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria (“BCBS”) nel 2010 in risposta alla crisi finanziaria globale del 2007/2008 e (ii) nella ricerca di una maggiore armonizzazione della supervisione bancaria nell’Unione Europa. Tali obiettivi vengono perseguiti attraverso interventi mirati nei due testi legislativi, volti a: (i) rafforzare il quadro patrimoniale basato sul rischio, senza prevedere aumenti significativi dei requisiti patrimoniali in senso generale; (ii) dare maggiore rilevanza ai rischi ambientali, sociali e di governance (ESG) nel quadro prudenziale; (iii) armonizzare ulteriormente i poteri e gli strumenti di vigilanza; (iv) ridurre i costi amministrativi delle banche legati alla pubblicazione di informazioni e migliorare l’accesso ai dati prudenziali delle banche.
Tra le modifiche di maggiore interesse, nell’ambito degli interventi volti al rafforzamento dell’armonizzazione dei poteri e degli strumenti di vigilanza, si rileva l’introduzione di una nuova disciplina delle succursali di banche estere che hanno sede legale in Paesi Terzi. È su tale disciplina che si focalizza il presente contributo, formulando alcune prime riflessioni sulla stessa e sugli impatti che la medesima potrà avere sulle banche estere che attualmente operano nel nostro territorio.
Background
Al fine di comprendere appieno l’innovazione e gli effetti delle modifiche normative che saranno apportate alla CRD e al CRR con l’emanazione dei testi legislativi in argomento, occorre preliminarmente rilevare come l’operatività degli enti creditizi di Paesi Terzi nell’Unione Europea sia armonizzata in misura molto limitata nell’ambito della CRD e disciplinata per lo più a livello nazionale da parte dei singoli Stati Membri.
Tuttavia, la crescente presenza di istituti di bancari e finanziari di Paesi Terzi nel mercato interno – anche a seguito della Brexit – ha fatto emergere la necessità di una maggiore supervisione sugli stessi da parte delle autorità della UE, al fine di prevenire rischi sistemici provenienti, in particolare, da Paesi Terzi che non prevedono requisiti prudenziali equivalenti a quelli europei.
Sebbene alcuni primi interventi in tal senso siano stati adottati con la Direttiva (UE) 2019/878 [3] – che, in presenza di determinate condizioni (previste dall’Art. 21 ter della CRD), ha imposto ai Gruppi di Paesi Terzi operanti nell’Unione Europea attraverso due o più enti controllati di costituire in uno Stato Membro una c.d. “impresa madre nell’UE intermedia”, soggetta alla vigilanza locale – da recenti studi dell’EBA è emerso come gli effetti di tali interventi si siano dimostrati limitati e non sufficienti. Nel report del 23 giugno 2021 sul trattamento delle succursali di Paesi Terzi ai sensi della legislazione nazionale degli Stati Membri [4], l’EBA ha messo in evidenza un significativo incremento di operatività tramite succursali da parte di enti creditizi aventi sede legale in Paesi Terzi, come strumento di accesso e operatività nel mercato Europeo [5]. Allo stesso tempo, a fronte di tale trend, l’Autorità di vigilanza bancaria europea ha constatato approcci normativi e di vigilanza disomogenei nei diversi Stati Membri dell’UE e, conseguentemente, un trattamento delle succursali di enti creditizi di Paesi Terzi non uniforme nei vari Stati membri. In particolare, l’EBA ha rilevato la presenza di due tipologie di regimi normativi e approcci di vigilanza contrapposti nei diversi Stati Membri: da una parte un approccio “subsidiary-like approach” e dall’altro quello “branch-specific approach”. Il primo approccio – seguito anche dall’Italia, seppure con delle semplificazioni – tende a trattare le succursali di enti creditizi di Paesi Terzi come se fossero delle società autonome controllate, applicando per quanto possibile requisiti simili a quelli previsti dalla CRD e dal CRR agli enti creditizi locali (in termini di requisiti patrimoniali, di liquidità e organizzativi); mentre, il secondo approccio, riconoscendo la succursale come parte – non separata – della banca con sede nel Paese Terzo, prevede un trattamento prudenziale e di vigilanza basato sulla solidità finanziaria della casa-madre, sul regime di vigilanza dell’Autorità di Vigilanza del Paese Terzo d’origine e sull’equivalenza dei regimi regolamentari e delle prassi di vigilanza.
L’EBA ha, quindi, evidenziato come la lacunosità dell’attuale panorama normativo, da un lato, dia alle succursali di Paesi Terzi notevoli spazi di arbitraggio normativo e di vigilanza, consentendo loro di svolgere le proprie attività bancarie in Stati Membri ove sia previsto un trattamento più favorevole e, dall’altro lato, riduca la vigilanza, comportando maggiori rischi per la stabilità finanziaria dell’intero sistema bancario europeo.
L’EBA ha, quindi, evidenziato alla Commissione Europea e al Consiglio la necessità di elevare il livello di armonizzazione del quadro giuridico dell’Unione Europea relativo alle succursali di Paesi Terzi. Tale suggerimento è stato accolto dalla Commissione Europea, che nella proposta di modifica della CRD ha introdotto un nuovo regime giuridico per le succursali di enti creditizi di Paesi Terzi.
Ingresso e operatività degli enti creditizi di Paesi Terzi nel mercato europeo: introduzione dell’obbligo di istituire una succursale in uno Stato Membro e regime autorizzativo
L’attuale Art. 47, Par. 1, della CRD si limita a prevedere che “Gli Stati membri non applicano alle succursali di enti creditizi aventi la loro sede legale in un paese terzo, quando inizino o continuino ad esercitare la propria attività, disposizioni da cui risulti un trattamento più favorevole di quello cui sono sottoposte le succursali di enti creditizi aventi la loro sede centrale nell’Unione Europea” nonché a prevedere che gli Stati Membri esigano che tali succursali comunichino alle autorità di vigilanza competenti, con cadenza almeno annuale, una serie di informazioni (Cfr. Art. 47, Par. 2, della CRD). Non sono, invece, previste disposizioni specifiche sulla possibilità per gli enti creditizi di Paesi Terzi di operare negli Stati Membri in regime di libera prestazione, lasciando con ciò agli stessi la possibilità di regolare a livello locale tale modalità di ingresso e operatività nel territorio nazionale.
La CRD VI, tenuto conto delle sopra esposte esigenze di vigilanza sulla stabilità del sistema finanziario Europeo, opera una revisione dell’intero Titolo VI della CRD, introducendo requisiti minimi comuni in tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea in materia di autorizzazione, standard prudenziali, governance interna, vigilanza e rendicontazione. Tali requisiti minimi sono stabiliti in misura proporzionale rispetto al rischio che tali succursali rappresentano per la stabilità finanziaria e l’integrità del mercato dell’Unione e degli Stati Membri: è prevista in tal senso una distinzione tra succursali di classe 1, considerate più rischiose, e succursali di classe 2, considerate meno rischiose per la stabilità finanziaria, in considerazione delle loro ridotte dimensioni e della loro non complessità (in linea con la definizione di “ente di piccole dimensioni e non complesso” prevista dal CRR). La CRD VI prevede, inoltre, disposizioni specifiche in relazione a Gruppi di Paesi Terzi che operano in uno o più Stati Unione Europea solo attraverso succursali e filiali.
La novità di maggior rilievo è costituita, senza dubbio, dall’introduzione nella CRD dell’ Art. 21 quater recante l’“obbligo di stabilire una succursale per la prestazione di servizi bancari da parte di imprese di Paesi terzi”. Tale norma – rinviando all’Art. 47 della CRD e alle disposizioni di cui al nuovo Titolo VI della CRD – introduce l’obbligo per gli Stati Membri di imporre alle società con sede in Paesi Terzi lo stabilimento di una succursale e di richiedere un’autorizzazione all’autorità di vigilanza dello Stato Membro ospitante nei seguenti casi:
- qualora un’impresa di un Paese Terzo – che, se fosse stabilita nell’Unione Europea, si qualificherebbe come un ente creditizio o soddisferebbe i criteri di cui all’Art. 4, Par. 1, punto 1, lett. b) del CRR [6] (ossia, l’equivalente nell’ordinamento italiano di una SIM di classe 1) – intenda svolgere o continuare a svolgere le attività di cui ai punti 2 e 6 dell’Allegato I della CRD. Trattasi dei casi di imprese che svolgono operazioni di prestito (in particolare credito al consumo, credito con garanzia ipotecaria, factoring, cessioni di credito pro soluto e pro solvendo, credito commerciale, compreso il forfaiting), e che rilasciano garanzie e impegni di firma;
- lo svolgimento dell’attività di cui all’Allegato I, punto 1, della CRD – ossia, la raccolta di depositi e altri fondi rimborsabili – da parte di un’impresa stabilita in un Paese Terzo, intendendosi per tale, ai sensi della CRR, sia gli enti creditizi, sia qualsiasi altro tipo di impresa.
L’approccio seguito dal legislatore comunitario prescinde dalla qualificazione delle società di Paesi Terzi come banche, guardando all’attività nel concreto svolta dalle società stesse e subordinando la relativa operatività all’apertura di succursali laddove svolgano l’esercizio del credito o l’attività di raccolta di risparmio.
Nei suddetti casi, l’ingresso e lo svolgimento delle attività bancarie negli Stati Membri da parte delle imprese di Paesi Terzi è subordinato all’ottenimento di un’autorizzazione allo stabilimento di una succursale nello Stato Membro ospitante, da parte della competente autorità di vigilanza.
In via preliminare, si evidenzia che l’Art. 48 quater, Par. 2 della CRD (così come verrà introdotto dalla CRD VI) richiede alle autorità di vigilanza degli Stati Membri di adoperarsi per concludere accordi di collaborazione o altre intese (“Memorandum of Understanding”, “MoU”) con le autorità competenti dei Paesi Terzi prima che le succursali di enti creditizi o imprese di tali Paesi avviino la relativa operatività nello Stato Membro interessato. Come noto, una simile previsione è contenuta anche nell’Art. 39, Par. 2, lettera b) di Mifid II, ai sensi del quale gli Stati Membri che consentano lo stabilimento di una succursale da parte di imprese di Paesi Terzi per la prestazione di servizi di investimento nel relativo territorio, devono prevedere che le medesime richiedano un’autorizzazione, il cui ottenimento è soggetto a determinate condizioni, tra le quali la sussistenza di accordi collaborazione per lo scambio di informazioni tra la/e autorità di vigilanza dello Stato Membro ospitante e quella del Paese Terzo di origine, al fine di preservare l’integrità del mercato e garantire un’adeguata protezione degli investitori. Tuttavia, diversamente da quanto previsto dall’Art. 39, Par. 2, lett. b) di Mifid II, l’Art. 48 quater, Par. 4, della CRD (come verrà modificato dalla CRD VI) non qualifica l’esistenza di MoU con le autorità dei Paesi Terzi quale condizione minima per l’ottenimento dell’autorizzazione allo stabilimento della succursale nello Stato Membro ospitante; tale norma, infatti, si limita a prevedere a carico delle autorità di vigilanza un impegno a concludere tali accordi di collaborazione prima dell’avvio dell’operatività da parte della succursale stessa (“Competent authorities shall endeavour to conclude administrative agreements or other arrangements with relevant third-country competent authorities before a third-country branch commences its activities in the relevant Member State“). Non si può comunque escludere che, in sede di recepimento e nella sua applicazione, i singoli Stati Membri possano considerare l’esistenza di MoU con ciascun Paese Terzo quale condizione preliminare e imprescindibile per l’autorizzazione allo stabilimento di succursali da parte di imprese di Paesi Terzi. In tale ipotesi, sarà necessario verificare se gli Stati Membri che seguiranno una simile impostazione prevedranno un regime transitorio con riguardo alle succursali di enti creditizi di Paesi Terzi già autorizzate a operare.
Sempre nel Par. 2 dell’Art. 48 quater, è stabilito che l’obbligo in capo alle autorità di vigilanza degli Stati Membri di adoperarsi per concludere MoU con le autorità competenti dei Paesi Terzi prima che le succursali di enti creditizi o imprese di tali Paesi avviino la relativa operatività nello Stato Membro interessato “non si applica se le succursali di paesi terzi sono soggette a obblighi nazionali più rigorosi” [7]. La formulazione della norma potrebbe far sorgere dubbi sugli “obblighi nazionali” ai quali ci si riferisce, ossia se si tratti degli obblighi previsti dalla normativa del Paese Terzo di origine della banca richiedente l’autorizzazione allo stabilimento della succursale, oppure quelli dello Stato Membro ospitante applicabili in generale alle succursali di banche di Paesi Terzi. Pare, tuttavia, corretto interpretare la norma nel senso ci si riferisca agli obblighi del paese ospitante e che la finalità della disposizione sia di lasciare alle autorità dei singoli Stati Membri la facoltà di stipulare gli MoU con le autorità dei singoli Paesi Terzi interessati, oppure, alternativamente, definire una disciplina di maggior rigore per le succursali di banche extracomunitarie. A conferma, risulterebbe difficile ipotizzare che alle autorità degli Stati Membri sia attribuito il compito di esprimersi sul livello di rigore degli obblighi del Paese Terzo di origine della banca.
Il Par. 5 dello stesso Art. 48 quater della CRD disciplina le condizioni minime [8] che gli Stati Membri devono prevedere nell’ambito dei relativi ordinamenti giuridici nazionali per il rilascio delle autorizzazioni allo stabilimento di succursali da parte di imprese creditizie di Paesi Terzi. Tra queste, si evidenziano – inter alia – le seguenti condizioni: (i) che l’autorità di vigilanza dell’impresa principale nel Paese Terzo sia stata previamente informata attraverso la notifica della domanda di stabilimento della succursale nello Stato Membro, con i relativi documenti di accompagnamento, (ii) che la succursale possa svolgere le attività autorizzate solo all’interno dello Stato Membro in cui è stabilita, vietando espressamente alla medesima di offrire o svolgere tali attività in altri Stati Membri su base transfrontaliera(ad eccezione delle operazioni di finanziamento infragruppo concluse con altre succursali di un Paese Terzo della stessa impresa madre e delle operazioni concluse in reverse solicitation come previste dall’Art. 21 quater della CRD) e (iii) che non vi sono ragionevoli motivi per sospettare che la succursale sia utilizzata per commettere o facilitare la commissione di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo ai sensi dell’Art. 1 della direttiva (UE) 2015/849. A tale riguardo, l’autorità competente dovrà consultare l’autorità responsabile della vigilanza in materia di antiriciclaggio o di contrasto al finanziamento del terrorismo nello Stato Membro in conformità alla Direttiva (UE) 2015/849 e ottenere conferma scritta che la condizione è soddisfatta prima di procedere all’autorizzazione della succursale dell’impresa di Pese Terzo.
Tra la documentazione da presentare in sede di istanza di autorizzazione, è prevista la predisposizione di un programma di attività, di una relazione sulla struttura organizzativa e sulla gestione del rischio. A tal riguardo, entro 24 mesi dall’entrata in vigore della CRD VI, l’EBA dovrà emanare degli orientamenti volti a specificare: (i) le informazioni da fornire alle autorità competenti all’atto della richiesta di autorizzazione di una succursale di un’impresa di Paese Terzo; (ii) la procedura autorizzativa, predisponendo moduli e modelli standard attraverso i quali fornire alle autorità competenti le informazioni necessarie; (iii) le condizioni di autorizzazione e (iv) le condizioni al ricorrere delle quali le autorità competenti possono basarsi su informazioni già fornite nell’ambito di una precedente autorizzazione di succursale di uno (stesso) Paese Terzo.
Da ultimo, si evidenzia che, ai sensi del Par. 6 dell’Art. 48 quater, alle autorità di vigilanza degli Stati Membri è attribuita la facoltà di decidere “che le autorizzazioni delle succursali di paesi terzi accordate entro il … [30 mesi dalla data di entrata in vigore della presente direttiva di modifica] restano valide, a condizione che le succursali di paesi terzi cui sono state accordate tali autorizzazioni soddisfino i requisiti minimi di cui al presente titolo”. Con riguardo alle succursali italiane di banche extracomunitarie, spetterà pertanto alla Banca d’Italia il compito di valutare se le autorizzazioni già rilasciate alle succursali di banche di Paesi Terzi prima dell’entrata in vigore della CRD VI o, comunque, entro 30 mesi dall’entrata in vigore della stessa, soddisfino i nuovi requisiti normativi e quindi possano rimanere valide o se, diversamente, tali succursali debbano richiedere una nuova autorizzazione o porre in essere specifiche attività (quali integrazioni delle informazioni fornite alla Banca d’Italia in sede di istanza di autorizzazione e/o adottare presidi volti al rispetto delle nuove disposizioni) per continuare ad operare nel nostro Paese.
Le esenzioni dall’obbligo di stabilire una succursale in uno Stato Membro
La CRD VI prevede una serie di esclusioni dall’obbligo delle imprese di Paesi Terzi di svolgere attività bancaria negli Stati Membri attraverso una succursale. Le esclusioni sono, da un lato, desumibili implicitamente dall’ambito di applicazione di cui all’Art. 47, Par. 1, della CRD, dall’altro lato, previste espressamente dalle nuove disposizioni normative.
Con riferimento alle prime, si rileva come l’individuazione delle specifiche attività in relazione alle quali gli Stati Membri sono obbligati a prevedere l’obbligo di stabilimento di una succursale, consenta di escludere dall’ambito di applicazione di tale norma, per differenza, altre attività non richiamate in relazione all’obbligo di operare attraverso una branch e che possono, quindi, essere prestate dalle banche con o senza succursale. In particolare, dalla lettura dell’Art. 47, Par. 1, lett. (a) si desume che gli Stati Membri potranno continuare a disciplinare autonomamente l’avvio e lo svolgimento da parte di enti o imprese di Paesi Terzi – non obbligatoriamente attraverso lo stabilimento di una succursale, se non richiesto da altre norme – delle attività di cui all’Allegato I della CRD non espressamente richiamate da tale norma, ossia quelle di cui ai punti da 3 a 5 [9] e da 7 a 14 [10] dell’Allegato I alla CRD.
Quanto ai casi di esclusione espressamente stabiliti dalla riforma normativa, si rileva che l’Art. 47, Par. 2, prevede la non applicabilità dell’obbligo di richiedere lo stabilimento di una succursale nello Stato Membro alle imprese di Paesi Terzi che prestano le attività e i servizi di cui all’Allegato I, Sezione A, della Direttiva 2014/65/EU (“Mifid II”) e ogni altro “accomodating ancillary service”, quali “la raccolta di depositi o la concessione di crediti o prestiti il cui scopo principale è fornire servizi ai sensi di tale Direttiva (ndr. la Mifid II)”. In altri termini, laddove le attività bancarie siano funzionali alla prestazione di servizi di investimento da parte di un soggetto a ciò autorizzato e rientrante nell’ambito soggettivo di applicazione della Mifid II (come lo è la “Concessione di crediti o prestiti agli investitori per consentire loro di effettuare una transazione relativa a uno o più strumenti finanziari, nella quale interviene l’impresa che concede il credito o il prestito” di cui all’Allegato I, Sezione B, n. 2) della Mifid II), la relativa prestazione non richiede l’obbligo di apertura di una succursale ai sensi della CRD (fermo restando che la succursale può essere imposta dalle disposizioni nazionali attuative della Mifid II, come di seguito illustrato). La finalità di tale esenzione è, evidentemente, di coordinamento tra le due direttive, ossia volta ad evitare sovrapposizioni tra i relativi ambiti di applicazione. È necessario sottolineare che l’esenzione prevista dal combinato disposto degli articoli 21 quater e dall’Art. 47, Par. 2 della CRD, opera sulla base di un principio che potremmo definire di “prevalenza”, per cui l’obbligo in capo alle imprese e/o enti di Paesi Terzi di stabilire una succursale nello Stato Membro riguarda solo i servizi bancari – di cui ai punti 1, 2 e 6 dell’Allegato I della CRD – che siano prestati in via “accessoria” – ossia, funzionale e strumentale – rispetto alla prestazione di servizi di investimento e che, quindi, non costituiscano il “core business” o l’attività principale dell’impresa di Paese Terzo nello Stato Membro. Si pensi, ad esempio, all’erogazione di finanziamenti nell’ambito della prestazione del servizio di gestione di portafogli e ad esso funzionali.
Si ritiene, peraltro, che la suddetta esenzione potrà trovare applicazione solo nei casi in cui – come previsto espressamente dalla norma – i servizi di investimento e i relativi servizi bancari accessori siano entrambi prestati dalla medesima impresa di Paese Terzo; non potendo, invece, la medesima trovare applicazione nei casi in cui i servizi bancari, prestati dall’impresa di un Paese Terzo, siano funzionali alla prestazione di servizi di investimento da parte di un’altra impresa a ciò autorizzata (ad esempio, nel caso di prestazione di servizi di conto corrente da un’impresa di Paese Terzo a favore di un cliente residente in uno Stato Membro, funzionale alla prestazione a favore dello stesso cliente di servizi di gestione di portafogli o di ricezione e trasmissione di ordini da parte di un’altra impresa).
Per comprendere meglio gli effetti della suddetta esenzione, è utile soffermarsi sulla diversa impostazione seguita dal legislatore comunitario nella CRD VI, da un lato, e nella Mifid II, dall’altro lato. L’Art. 39, comma 1, di Mifid II prevede che “Gli Stati membri possono prescrivere che le imprese di paesi terzi che intendono prestare servizi di investimento o esercitare attività di investimento con o senza servizi accessori a clienti al dettaglio o a clienti professionali ai sensi dell’allegato II, sezione II, sul proprio territorio stabiliscano una succursale nello Stato membro in questione”. Nei casi in cui gli Stati Membri abbiano optato per l’esercizio di tale facoltà, i medesimi devono rispettare i requisiti minimi di armonizzazione previsti dal secondo comma dello stesso Art. 39 di Mifid II (tra i quali l’esistenza di accordi di cooperazione per lo scambio di informazioni tra l’autorità di vigilanza dello Stato Membro ospitante con l’autorità di vigilanza del Paese Terzo di origine). Mentre l’Art. 39 della Mifid II attribuisce agli Stati Membri la mera “facoltà” di subordinare la prestazione di servizi di investimento nei paesi stessi, da parte di imprese di Paesi Terzi a favore di clienti al dettaglio o professionali su richiesta, allo stabilimento di una succursale nello Stato Membro ospitante, l’Art. 21 quater, Par. 1, n. 1), della CDR prevede un “obbligo” in capo agli Stati Membri – al di fuori dei casi di esenzione stabiliti dal successivo n. 2) e, in via indiretta, dall’Art. 47 della Direttiva – di subordinare allo stabilimento di una succursale la prestazione dell’attività bancaria, da parte di imprese di Paesi Terzi a favore di clienti diversi da istituti di credito e imprese appartenenti al medesimo gruppo di appartenenza dell’impresa prestatrice i servizi bancari (quindi a favore non soltanto di clienti retail e professionali su richiesta, ma anche di clienti professionali di diritto e di controparti qualificate, nelle accezioni di cui alla Mifid II).
Ne consegue che, negli Stati Membri in cui sia stata esercitata la facoltà prevista dall’Art. 39 Mifid II di imporre alle imprese di Paesi Terzi lo stabilimento di una succursale per la prestazione di servizi di investimento a favore di clientela al dettaglio e/o professionale su richiesta (tra i quali, come noto, l’Italia, come previsto dall’Art. 29 ter, comma 3 del D.Lgs. 58/1998), l’esenzione prevista dall’Art. 47, Par. 2, della CRD in relazione alla prestazione di servizi bancari in via accessoria rispetto alla prestazione di servizi di investimento non trova alcuna applicazione nella pratica. In tali casi, lo stabilimento di una succursale risulta, infatti, necessario già per la sola prestazione dei servizi di investimento.
Altra esenzione espressamente prevista ‘ livello normativo rispetto all’obbligo di stabilimento di una succursale in uno Stato Membro da parte di enti e/o imprese di Paesi Terzi è costituita dalla prestazione di servizi bancari in c.d. “reverse solicitation”.
Il regime della reverse solicitation viene introdotto nella normativa bancaria comunitaria, replicando l’impostazione già prevista dall’Art. 42 della MIFID II, seppur con delle differenze. In particolare, l’Art. 21 quater, Par. 2, lett. a), della CRD esclude l’obbligo di imporre ad un’impresa creditizia di un Paese Terzo di stabilire una succursale qualora un cliente al dettaglio, una controparte qualificata o un cliente professionale – come definiti dall’Allegato II, sezioni I e II di Mifidi II – stabilito o situato nell’Unione Europea si sia rivolto a tale ente o impresa di propria esclusiva iniziativa per la prestazione dei servizi bancari di cui all’Art. 47, Par. 1, della CRD. A tale riguardo, al successivo periodo dell’Art. 21 quater, Par. 2, della CRD viene precisato rispettivamente che:
- i servizi bancari non possono considerarsi prestati su iniziativa del cliente quando l’impresa di un Paese Terzo sollecita un cliente o un potenziale cliente attraverso un soggetto che agisce per conto proprio o che ha stretti legami con tale impresa o ente creditizio di Stati Terzo o attraverso qualsiasi altra persona;
- l’iniziativa del cliente non autorizza l’impresa del Paese Terzo a commercializzare categorie di prodotti, attività o servizi diverse da quelle sollecitate dal cliente, se non tramite una succursale stabilita in uno Stato Membro. A tale riguardo, viene inoltre precisato che non è richiesto lo stabilimento di una succursale ad un’impresa di Paese Terzo per la prestazione di servizi, attività o prodotti necessari o strettamente connessi alla fornitura del servizio, del prodotto o dell’attività originariamente richiesti dal cliente in reverse solicitation, anche se tali servizi, prodotti o attività siano forniti successivamente a quelli originariamente richiesti.
Un profilo di particolare rilevanza è che – all’esito dei negoziati interistituzionali – è stato introdotto nell’Art. 21 quater, Par. 2, secondo capoverso, della CRD l’obbligo in capo agli Stati Membri di assicurare che “alle autorità competenti sia conferito il potere di esigere che gli enti creditizi e le succursali stabiliti nel loro territorio forniscano loro le informazioni di cui necessitano per monitorare i servizi prestati su iniziativa esclusiva del cliente stabilito o situato nel loro territorio o della controparte stabilita o situata nel loro territorio, ove tali servizi siano prestati da imprese stabilite in paesi terzi appartenenti allo stesso gruppo”. A fronte del “formale” riconoscimento della reverse solicitation, la norma esprime chiaramente la volontà del legislatore comunitario – e l’esigenza per gli Stati Membri – di estendere il perimetro della vigilanza su gruppi con una componente extra-UE (di seguito, per semplicità, gruppi extracomunitari) che abbiano un interesse nel mercato dell’Unione Europea e, a tal fine, decidano di stabilire una banca o una succursale in uno Stato Membro. Viene così previsto, quale conseguenza dell’ottenimento dell’autorizzazione, il “monitoraggio” delle società extra-UE del medesimo gruppo allo scopo di individuare (e, a monte, disincentivare) ipotesi di elusione degli obblighi di ottenimento di un’autorizzazione alla prestazione dell’attività bancaria, attraverso un ricorso illegittimo alla reverse solicitation. Nello stesso solco, l’Art. 48 duodecies, Par. 2, della CRD prevede, nell’ambito degli obblighi segnaletici (minimi), che le succursali di Pesi Terzi saranno tenute a trasmettere alle autorità di vigilanza competenti anche (Cfr. lettera f dell’articolo in oggetto) “informazioni sui servizi prestati dall’impresa principale, su iniziativa esclusiva di clienti, a clienti stabiliti o situati nell’Unione conformemente all’articolo 21 quater”.
Tali norme, che in prima battuta potrebbero sembrare un disincentivo all’apertura, da parte di gruppi extracomunitari, di banche o succursali negli Stati Membri, meritano alcune considerazioni.
In primo luogo, per comprendere i reali impatti delle disposizioni in argomento, sarà necessario verificare in cosa si sostanzieranno nella pratica i flussi informativi previsti dall’Art. 48 duodecies, Par. 2 e il “monitoraggio” previsto dall’Art. 21 quater, Par. 2, secondo capoverso, della CRD. Ciò anche in considerazione dei possibili limiti che potrebbero derivare dalle normative dei singoli Paesi Terzi coinvolti rispetto all’acquisizione di determinate informazioni, quali quelle attinenti all’attività svolta con/verso singoli clienti acquisiti in reverse solicitation [11]. Con riguardo all’Italia, anche sulla base dell’esperienza maturata in relazione alle richieste di informazioni rivolte a banche extracomunitarie autorizzate alla libera prestazione di servizi in Italia, i flussi informativi periodici e le informazioni richieste nell’ambito del monitoraggio da parte dell’Autorità di vigilanza italiana potrebbero verosimilmente riguardare dati aggregati, ad esempio sul numero di clienti, sulle masse oggetto di raccolta del risparmio, sul controvalore complessivo dei finanziamenti erogati o su altri dati volti a comprendere la rilevanza dei casi di reverse solicitation – che, per sua natura, dovrebbe rappresentare una modalità residuale di acquisizione della clientela –, con la finalità di comprendere se un numero rilevante di casi sia un indicatore dello svolgimento di un’attività bancaria abusiva nei confronti di soggetti residenti nella UE.
In secondo luogo, si osserva che la normativa in argomento sembra chiudere la strada a tentativi di arbitraggio normativo, quali la selezione dello Stato Membro di ingresso nella UE sulla base della presunta minor severità nel monitoraggio da parte della relativa autorità, rispetto ad altre autorità di vigilanza comunitarie (ad esempio stabilendo una banca in un determinato Stato Membro, per poi aprire una o più succursali in altri Stati Membri). Ciò per due diversi ordini di ragioni: innanzitutto, l’Art. 21 quater, Par. 2, secondo capoverso, della CRD stabilisce che alle autorità dei singoli Stati Membri debba essere riconosciuto il potere di esigere le informazioni necessarie per il monitoraggio – oltre che dagli enti creditizi – da “le succursali stabilit[e] nel loro territorio”, ossia anche dalle succursali di una banca comunitaria appartenente ad un gruppo extracomunitario, e non soltanto dalle succursali di banche extracomunitarie. Inoltre, in ragione del fatto che già oggi sussiste un obbligo di cooperazione tra le autorità di vigilanza degli Stati Membri nella supervisione delle attività dei gruppi extracomunitari nel territorio europeo: ai sensi dell’art. 47, Par. 2 bis della CRD, “Le autorità competenti responsabili della vigilanza delle succursali di enti creditizi aventi la loro sede centrale in un paese terzo e le autorità competenti per gli enti appartenenti allo stesso gruppo di paese terzo cooperano strettamente al fine di garantire che tutte le attività del gruppo di tale paese terzo nell’Unione siano soggette a una vigilanza globale, per evitare che le disposizioni applicabili ai gruppi di paesi terzi ai sensi della presente direttiva e del regolamento (UE) n. 575/2013 siano eluse ed evitare eventuali ripercussioni negative sulla stabilità finanziaria dell’Unione. L’ABE agevola la collaborazione tra autorità competenti ai fini dell’applicazione del primo comma del presente paragrafo, tra l’altro nel verificare il rispetto della soglia di cui all’articolo 21 ter, paragrafo 4” [12].
Infine, si rileva che le norme in argomento pongono i gruppi extracomunitari che si rivolgono a clienti residenti nella UE di fronte a tre alternative: (i) mantenere gli Stati Membri nel perimetro dei propri mercati di riferimento, concentrando la prestazione di servizi nei confronti di soggetti ivi residenti sulle banche e succursali autorizzate ad operare in tali paesi della UE e assoggettandosi al monitoraggio sul ricorso alla reverse solicitation da parte di imprese extracomunitarie del gruppo, non autorizzate a prestare servizi nella UE; (ii) rinunciare ad offrire i propri servizi nei confronti di soggetti residenti nella UE, limitandosi ad accogliere quei clienti che si rivolgano alle società del gruppo in modo oggettivamente autonomo, in assenza di qualsivoglia sollecitazione; (iii) utilizzare la reverse solicitation quale unico “modello di business” per tutte le società del gruppo extracomunitario, senza richiedere alcuna autorizzazione allo svolgimento dell’attività bancaria nella UE (nello scenario in cui intendano mantenere uno o più Stati Membri tra i propri mercati di riferimento, ma – in ragione del monitoraggio introdotto – non intendano seguire la prima delle tre alternative). Per i gruppi extracomunitari che abbiano un interesse nel mercato europeo, la prima soluzione è certamente l’unica pienamente legittima e scevra da rischi, per quanto – con riguardo ai gruppi che nel corso degli anni abbiano sviluppato rapporti con un numero significativo di clienti residenti in singoli Stati Membri attraverso diverse società, da più paesi – possa richiedere rilevanti e non agevoli interventi organizzativi volti a riassegnare la clientela di un determinato Stato Membro esclusivamente alla banca o succursale autorizzata ad operare nel paese stesso.
La classificazione delle succursali di imprese di Paesi Terzi
Come anticipato sopra, il nuovo regime normativo delle succursali di imprese di Paesi Terzi, come approvato dal Parlamento Europeo, prevede una classificazione delle stesse in base al relativo rischio sistemico, con seguente applicazione di requisiti regolamentari diversificati.
Nello specifico le succursali sono classificate come “succursali di classe 1” quando le medesime soddisfino almeno una delle seguenti condizioni:
- il valore totale delle attività contabilizzate o originate dalla succursale nello Stato Membro è pari o superiore a 5 miliardi di euro, come risultante dall’ultimo rendiconto annuale;
- le attività autorizzate della succursale comprendono l’accettazione di depositi o altri fondi rimborsabili da parte di clienti al dettaglio, a condizione che l’importo di tali depositi e altri fondi rimborsabili sia pari o superiore al 5% delle passività totali della succursale o che l’importo di tali depositi e altri fondi rimborsabili sia superiore a 50 milioni di Euro;
- la succursale non è una “succursale di un Paese Terzo qualificata”, come definita dall’Art. 48 ter della CRD (come meglio di seguito).
Tutte le altre succursali, che non soddisfano alcuna delle suddette condizioni, sono classificate come succursali di Classe 2.
La CRD VI fa salva la possibilità per gli Stati Membri di applicare alle succursali di imprese di Paesi Terzi autorizzate nel loro territorio, o a determinate categorie di esse, gli stessi requisiti che si applicano agli enti creditizi autorizzati ai sensi della CRD, anziché i requisiti stabiliti con riferimento alle succursali stesse.
È prevista, inoltre, dall’Art. 48 ter della CRD una terza categoria di succursali, ossia le c.d. “succursali di Paesi Terzi qualificate”. Rientrano in tale categoria le succursali che soddisfano le seguenti condizioni:
- l’impresa madre è stabilita in un paese che applica standard prudenziali e una vigilanza conforme al quadro normativo bancario del Paese Terzo che sono almeno equivalenti alla CRD e al CRR;
- le autorità di vigilanza dell’impresa capofila (intendendosi per tale, secondo la definizione di cui all’Art. 47, Par. 3, n. (2), della CRD, l’impresa che ha la sua sede principale in un Paese Terzo e che ha stabilito una succursale in uno Stato Membro, nonché le imprese madri intermedie o finali di tale impresa) sono soggette a requisiti di riservatezza almeno equivalenti a quelli previsti dalla CRD;
- l’impresa madre è stabilita in un paese che non figura nell’elenco dei paesi terzi ad alto rischio che presentano carenze strategiche nel proprio regime antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo, ai sensi dell’Art. 9 della direttiva (UE) 2015/849.
A tale riguardo la Commissione Europea potrà adottare, mediante atti di esecuzione, decisioni in merito al rispetto delle condizioni di cui ai punti (1) e (2) sopra in relazione al quadro della regolamentazione bancaria di un Paese Terzo. A tal fine, la Commissione potrà chiedere l’assistenza dell’EBA per effettuare la valutazione del quadro regolamentare del Paese Terzo e quest’ultima, a seguito dell’adozione della decisione da parte della Commissione stessa dovrà tenere un registro pubblico dei Paesi Terzi e delle autorità dei Paesi Terzi che soddisfano le condizioni di cui all’Art. 48 ter della CRD, in modo tale da agevolare la classificazione delle succursali.
Ai sensi dell’Art. 48 ter, Par. 5 della CRD, la classificazione della succursale di impresa di Paese Terzo in Succursale di Classe 1, Succursale di Classe 2 o in Succursale di Paese Terzo Qualificata dovrà avvenire in sede di autorizzazione della stessa: in particolare la norma prevede che, una volta ricevuta la domanda di autorizzazione ai sensi dell’Art. 48 quater della CRD, l’autorità competente deve valutare le condizioni per la classificazione della succursale previste dagli Art. 48 bis (relativo alle succursali di Classe 1 e di Classe 2) e 48 Ter (relativo alle succursali di Paesi Terzi Qualificate) della CRD. Con riguardo alla classificazione quale succursale di Paesi Terzo Qualificata, l’autorità dello Stato Membro interessata dalla richiesta di autorizzazione deve, anzitutto, verificare – consultando il sopra menzionato registro tenuto dall’EBA ai sensi dell’Art. 48 ter, Par. 4 della CRD – se la Commissione Europea abbia già assunto una decisione in merito all’equivalenza della regolamentazione bancaria del Paese Terzo d’origine dell’impresa creditizia istante e, in mancanza di tale decisione, deve richiede alla Commissione Europea stessa di esprimersi a tal riguardo. In attesa che la Commissione Europea adotti una decisione sull’equivalenza del sistema normativo del Paese Terzo interessato, l’autorità competente dello Stato Membro deve classificare la succursale del Paese Terzo come succursale di Classe 1.
La classificazione delle succursali di Paesi Terzi ha rilevanza ai fini della determinazione dei requisiti normativi minimi ad esse applicabili, in termini di dotazione di capitale, requisiti di liquidità, governance interna e gestione del rischio, booking etc. In particolare, la CRD VI prevede la facoltà in capo alle autorità di vigilanza competenti di applicare alle succursali di Paesi Terzi Qualificate delle deroghe in relazione a determinati requisiti normativi, tra cui i requisiti di liquidità di cui all’Art. 48 septies della CRD e gli obblighi di segnalazione relativi ad informazioni sull’impresa principale di cui all’Art. 48 duodecies, Par. 2 della CRD (a condizione che l’autorità competente sia in grado di ottenere le informazioni pertinenti direttamente dalle autorità di vigilanza del Paese Terzo interessato).
La classificazione della succursale di impresa di Paese Terzo spetterà, quindi, all’Autorità di vigilanza dello Stato Membro interessata dalla domanda autorizzativa, sulla base delle informazioni che saranno messe a disposizione dalle imprese stesse e sulla base dello scambio di informazioni con l’EBA che sarà implementato con l’entrata in vigore della CRD VI.
Potere di vigilanza e intervento sulle succursali di paesi terzi che hanno importanza sistemica
La CRD VI attribuisce alle autorità competenti degli Stati Membri poteri di vigilanza rafforzati sulle succursali di imprese di Paesi Terzi che presentano rilevanti rischi sistemici.
In particolare, l’Art. 48 undecies della CRD attribuisce alle Autorità nazionali competenti il compito di valutare e monitorare se le succursali di imprese di Paesi Terzi appartenenti a un medesimo gruppo di un Paese Terzo, che abbiano anche altre succursali stabilite in altri Stati Membri con un importo aggregato di attività nell’Unione Europea pari o superiore a 40 miliari di Euro [13], assumano importanza sistemica e presentino rischi per la stabilità finanziaria dell’Unione stessa o degli Stati Membri in cui sono stabilite. Tale valutazione deve essere condotta da ciascuna autorità di vigilanza competente negli Stati Membri ospitanti delle diverse succursali, tenendo conto degli indicatori di rilevanza sistemica previsti per le succursali di imprese di Paesi Terzi dall’Art. 48 decies della CRD [14] e più in generale per gli enti creditizi dall’Art. 131 della stessa CRD.
La valutazione dell’importanza sistemica delle succursali di imprese di Paesi Terzi dovrà essere condotta dall’autorità di vigilanza in cui è stabilita la succursale stessa, consultando anche le altre autorità di vigilanza degli Stati Membri ove sono stabilite le altre succursali di imprese dello stesso Gruppo di Paese Terzo e l’EBA e potrà decidere la sottoposizione della succursale a requisiti mirati, volti a gestire i rischi sistemi identificati. Tra i requisiti normativi rafforzati, si prevede in particolare, il potere delle autorità di vigilanza nazionali competenti di (i) richiedere che la succursale dell’impresa di Paese Terzo ristrutturi le proprie attività in modo tale da non essere più considerata di importanza sistemica o da cessare di rappresentare un rischio indebito per la stabilità finanziaria dell’Unione o degli Stati membri in cui è stabilita; oppure (ii) imporre ulteriori requisiti prudenziali alla succursale rilevante dell’impresa di Paese Terzo.
Si rileva come la valutazione della rilevanza sistemica, così come la decisione di esercitare i poteri di cui sopra, sia rimessa – in modo decentralizzato – alla discrezionalità delle autorità di vigilanza degli Stati Membri ove sono insediate tali succursali. È previsto, comunque, l’obbligo di notificare all’EBA e alle altre autorità di vigilanza in cui sono stabilite le altre succursali del medesimo Gruppo di Paese Terzo i motivi per i quali – pur considerando la succursale di rilevanza sistemica – l’autorità dello Stato Membro competente abbia deciso di non esercitare i poteri di vigilanza rafforzata sopra descritti.
In subordine all’applicazione delle misure di vigilanza rafforzata previste dall’Art. 48 undecies della CRD o qualora tali misure non siano sufficienti a risolvere i problemi di vigilanza prudenziale riscontrati, le autorità di vigilanza degli Stati Membri competenti a vigilare sulle succursali che presentino rischi sistemici possono richiedere alle medesime di costituire una società nello Stato Membro e di richiedere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività creditizia ai sensi del Titolo III della CRD. Tale potere potrà essere esercitato almeno nei seguenti casi:
- la succursale di impresa di Paese Terzo ha svolto in passato o sta continuando a svolgere le attività di cui all’Art. 47, Par. 1 della CRD a favore di clienti in altri Stati Membri (ciò in considerazione del fatto che, non essendo previsto un regime di passaportazione per le succursali delle imprese di Paesi Terzi, le medesime potranno prestare i servizi bancari esclusivamente nello Stato Membro in cui saranno stabilite, salvo – in caso contrario – dover costituire e autorizzare un ente creditizio sottoposto alla normativa e alla vigilanza europea);
- la succursale di Paese Terzo soddisfa gli indicatori di importanza sistemica di cui all’Art. 131, Par. 3, della CRD o è valutata come avente importanza sistemica ai sensi dell’Art. 48 undecies della stessa CRD e presenta rischi significativi di stabilità finanziaria nell’Unione o nello Stato membro in cui è stabilita; o
- l’importo aggregato delle attività di tutte le succursali di Paesi Terzi nell’Unione che appartengono allo stesso gruppo di Paese Terzo è pari o superiore a 40 miliardi di euro o l’importo delle attività della succursale di Paese Terzo iscritte nei libri contabili dello Stato Membro in cui è stabilita è pari o superiore a 10 miliardi di euro.
L’esercizio del suddetto potere è subordinato alla consultazione, da parte dell’autorità nazionale interessata, dell’EBA e delle autorità competenti degli Stati Membri in cui il Gruppo di Paesi Terzo ha stabilito le altre succursali o società controllate.
Entrata in vigore della CRD VI e regime transitorio
La CRD VI entrerà in vigore, una volta approvata dal Consiglio Europeo, il ventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea. Tuttavia, agli Stati Membri è concesso un periodo transitorio per l’adozione e pubblicazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle relative disposizioni pari a 18 mesi dalla data di entrata in vigore della stessa nonché di 18 mesi e 1 giorno per l’applicazione delle relative misure.
Tale periodo transitorio è esteso fino a 30 mesi e 1 giorno dalla data di entrata in vigore della CRD VI in relazione all’applicazione delle misure necessarie per conformarsi all’obbligo di imporre alle imprese di Paesi Terzi, che intendano prestare i servizi bancari di cui all’art 47, Par. 1, della CRD, di stabilire una succursale nello Stato Membro. Entro tale termine, pertanto, con riferimento al nostro ordinamento giuridico, dovrà essere modificato l’Art. 15 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle Leggi in materia bancaria e creditizia) e dovrà essere adeguata da parte di Banca d’Italia la relativa regolamentazione attuativa (in particolare, la Parte Prima, Titolo I, Capitolo 7 della Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013).
Un regime transitorio specifico è previsto, inoltre, con riferimento alla salvaguardia – prevista dall’Art. 21 quater, Par. 5 della CRD – dei diritti acquisiti dalla clientela ai sensi di contratti già esistenti, relativi alla prestazione di servizi bancari di cui all’Art. 47, Par. 1, della CRD stessa (ossia, servizi di deposito e altri fondi rimborsabili, prestiti, garanzie e impegni di firma) stipulati con le imprese di Paesi Terzi nel territorio dell’Unione Europea.
Al riguardo, l’Art. 21 quater, Par. 5 della CRD e l’Art. 2, Par. 1, quarto capoverso, della CRD VI prevedono rispettivamente che:
- al fine di preservare i diritti acquisiti dei clienti nell’ambito di contratti esistenti, l’obbligo di cui al Par. 1, dell’Art. 21 quater della CRD (ossia, l’obbligo di stabilire la succursale nello Stato Membro) lascia impregiudicati i contratti esistenti conclusi prima di 24 mesi e 1 giorno dalla data di entrata in vigore della CRD VI (Art. 21 quater, Par. 5, della CRD);
- gli Stati Membri dovranno applicare le misure necessarie per conformarsi alle modifiche di cui all’Articolo 21 quater, Paragrafo 5 della CRD e, quindi, garantire la suddetta salvaguardia, a partire da 24 mesi e 1 giorno dalla data di entrata in vigore della CRD VI stessa (l’Art. 2, Par. 1, quarto capoverso, della CRD VI).
Sulla base delle suddette previsioni sembrerebbe che le imprese di Paesi Terzi, che attualmente prestano servizi di deposito o altri fondi rimborsabili, prestiti, garanzie e impegni di firma, potranno continuare a prestare tali servizi alla clientela europea, secondo le norme attualmente vigenti negli Stati Membri in cui le medesime operano, fino al 24° mese e 1 giorno dopo l’entrata in vigore della CRD VI, stipulando anche nuovi rapporti contrattuali.
Successivamente a tale data, gli Stati Membri dovranno applicare le misure necessarie a garantire la conformità dell’ordinamento interno rispetto all’Art. 21 quater, Par. 5 della CRD, ossia garantire la salvaguardia dei contratti esistenti stipulati dalle imprese di Paesi Terzi. Tale disposizione pone dei temi di coordinamento rispetto all’Art. 21 quater e all’Art. 47, Par. 1 della CRD che prevedono la possibilità per le imprese di Paesi Terzi di “iniziare o continuare a svolgere” i servizi bancari sopra citati solo attraverso lo stabilimento di una succursale nello Stato Membro. Ci si chiede, quindi, quali misure possano essere adottate, per salvaguardare i diritti della clientela – con particolare riguardo ai contratti ad esecuzione continuata (quali, appunto, contratti di conto corrente, contratti di finanziamento, garanzie etc.) – qualora l’impresa dello Paese Terzo che ha operato in uno Stato Membro fino a 24 mesi successivi alla data di entrata in vigore della CRD VI, non intenda stabilire una succursale nel relativo territorio ai sensi del nuovo regime normativo. In via interpretativa, sembrerebbe corretto considerare la norma – il cui scopo primario è di garantire e salvaguardare i diritti dei clienti – quale “eccezione” rispetto all’obbligo di cui all’Art. 21 quater, Par. 1, della CRD per l’impresa di Paese Terzo di stabilire una succursale, consentendo alla medesima di continuare a gestire esclusivamente i rapporti continuativi esistenti senza necessità di stabilire una branch. Tale interpretazione sembrerebbe avvalorata anche dal tenore letterale della norma che, all’Art. 21 quater, Par. 5, stabilendo che “… l’obbligo di cui al paragrafo 1 (ndr. di stabilire una succursale) lascia impregiudicati i contratti esistenti conclusi prima del …[24 mesi + 1 giorno dalla data di entrata in vigore (..)” della CRD VI, sembra introdurre appunto un regime speciale per le imprese di Paesi Terzi che non intendano continuare ad operare nello Stato Membro stabilendovi una succursale.
Ad ogni modo, ci si aspetta che tali aspetti saranno oggetto di chiarimento da parte degli Stati Membri in sede di recepimento della CRD VI.
[1] La decisione di avviare i negoziati interistituzionali è stata assunta dalla Commissione Affari Economici e Monetari de Parlamento Europeo il 24 gennaio 2023 e presentata al Parlamento Europeo in seduta plenaria il 13 febbraio 2023.
[2] I testi di CRD VI e di CRR VI concordati durante i negoziati interistituzionali sono stati pubblicati il 5 dicembre 2023 e sono stati oggetto di approvazione da parte della Commissione Affari Economici e Monetari del Parlamento l’11 dicembre 2023.
[3] Direttiva (UE) 2019/878 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 maggio 2019 che modifica la direttiva 2013/36/UE per quanto riguarda le entità esentate, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione finanziaria mista, la remunerazione, le misure e i poteri di vigilanza e le misure di conservazione del capitale
[4] Cfr. “Report to the European Parliament, the Council and the Commission on the treatment of incoming Third Country branches under the national law of Member States, in accordance with Article 21b(10) of Directive 2013/36/EU” (EBA/REP/2021/20), (Microsoft Word – Report on third country branches.docx (europa.eu)) (“Report EBA sulle Succursali di Paesi Terzi”)
[5] Dal Report EBA delle Succursali di Paesi Terzi emerge che sulla base dei dati al 31 dicembre 2020, nel territorio dell’Unione Europea erano presenti 106 succursali di Paesi Terzi, stabilite in 17 Stati Membri, per un totale di EUR 510 bn detenuti dalle medesime, di cui l’86% era concentrato in 4 Stati Membri. Rispetto al 31 dicembre 2019, sono state registrate 14 succursali in più (+15%) e un incremento di EUR 120,52 bn di asset detenuti (+30,93%).
[6] I criteri di cui all’Art. 4, Par. 1, punto 1, lett. b) del CRR sono modificati dal CRR VI come segue “b) svolgere una qualsiasi delle attività di cui all’allegato I, sezione A, punti 3) e 6), della direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio se ricorre una delle condizioni seguenti ma l’impresa non è un negoziatore per conto proprio di merci e di quote di emissioni, un organismo di investimento collettivo, un’impresa di assicurazione o un’impresa di investimento per la quale si applica una deroga all’autorizzazione come ente creditizio a norma dell’articolo 8 bis della direttiva 2013/36/UE:
- il valore totale delle attività consolidate dell’impresa stabilita nell’Unione, incluse le sue succursali e filiazioni stabilite in un paese terzo, è pari o superiore a 30 miliardi di EUR;
- il valore totale delle attività dell’impresa stabilita nell’Unione, incluse le sue succursali e filiazioni stabilite in un paese terzo, è inferiore a 30 miliardi di EUR e l’impresa fa parte di un gruppo in cui il valore totale delle attività consolidate di tutte le imprese di tale gruppo stabilite nell’Unione, incluse le succursali e le filiazioni stabilite in un paese terzo, che individualmente detengono attività totali inferiori a 30 miliardi di EUR e svolgono una qualsiasi delle attività di cui all’allegato I, sezione A, punti 3) e 6), della direttiva 2014/65/UE, è pari o superiore a 30 miliardi di EUR;
- il valore totale delle attività dell’impresa stabilita nell’Unione, incluse le sue succursali e filiazioni stabilite in un paese terzo, è inferiore a 30 miliardi di EUR e l’impresa fa parte di un gruppo in cui il valore totale delle attività consolidate di tutte le imprese del gruppo che svolgono una qualsiasi delle attività di cui all’allegato I, sezione A, punti 3) e 6), della direttiva 2014/65/UE è pari o superiore a 30 miliardi di EUR, ove l’autorità di vigilanza su base consolidata – in consultazione con il collegio delle autorità di vigilanza – decida in tal senso per far fronte ai potenziali rischi di elusione e ai potenziali rischi per la stabilità finanziaria dell’Unione”
[7] Nel testo in inglese della CRD VI, “That requirement should not apply where third-country branches are subject to stricter national requirements”.
[8] L’Art. 48 quater, Par. 4 della CRD prevede “Le succursali di paesi terzi sono autorizzate solo se, come minimo, sono soddisfatte tutte le condizioni seguenti:
- la succursale del paese terzo soddisfa gli obblighi normativi minimi di cui alla sottosezione 2;
- le attività per le quali l’impresa principale chiede l’autorizzazione nello Stato membro sono coperte dall’autorizzazione che tale impresa principale detiene nel paese terzo in cui è stabilita e sono sottoposte a vigilanza;
- la domanda di stabilimento di una succursale nello Stato membro e i documenti di accompagnamento di cui al paragrafo 3 sono stati notificati e forniti all’autorità di vigilanza dell’impresa principale nel paese terzo;
- l’autorizzazione prevede che la succursale del paese terzo possa svolgere le attività autorizzate solo nello Stato membro in cui è stabilita e vieta espressamente alla succursale del paese terzo di offrire o svolgere tali attività in altri Stati membri su base transfrontaliera, eccetto per operazioni infragruppo di provvista concluse con altre succursali di paesi terzi della stessa impresa principale e per operazioni effettuate sulla base di servizi prestati su iniziativa esclusiva di clienti in conformità dell’articolo 21 quater;
- ai fini dell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza, l’autorità competente è in grado di ottenere tutte le informazioni necessarie sull’impresa principale dalle autorità di vigilanza della stessa e di coordinare efficacemente le proprie attività di vigilanza con quelle delle autorità di vigilanza del paese terzo, in particolare in periodi di crisi o di difficoltà finanziarie che interessano l’impresa principale, il suo gruppo o il sistema finanziario del paese terzo;
- non vi sono motivi ragionevoli per sospettare che la succursale del paese terzo sia utilizzata per commettere o facilitare il riciclaggio o il finanziamento del terrorismo ai sensi dell’articolo 1 della direttiva (UE) 2015/849”
[9] Trattasi dei seguenti servizi previsti dall’Allegato I della CRD: punto (3) leasing finanziario, punto (4) servizi di pagamento quali definiti all’Art. 4, punto 3), della direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio e punto (5) emissione e gestione di altri mezzi di pagamento (travellers’ cheque e lettere di credito) nella misura in cui tale attività non rientra nel punto 4
[10] Trattasi dei seguenti servizi previsti dall’Allegato I della CRD: punto (7) operazioni per proprio conto o per conto della clientela in: a) strumenti di mercato monetario (assegni, cambiali, certificati di deposito, ecc.) b) cambi c) strumenti finanziari a termine e opzioni d) contratti su tassi di cambio e tassi d’interesse e) valori mobiliari, punto (8) partecipazioni alle emissioni di titoli e prestazioni di servizi connessi, punto (9) consulenza alle imprese in materia di struttura patrimoniale, di strategia industriale e di questioni connesse e consulenza nonché servizi nel campo delle fusioni e della rilevazione di imprese, punto (10) servizi di intermediazione finanziaria del tipo money broking, punto (11) gestione o consulenza nella gestione dei patrimoni, punto (12) custodia e amministrazione di valori mobiliari, punto (13) servizi di informazione commerciale, punto (14) affitto di cassette di sicurezza e punto (15) emissione di moneta elettronica
[11] Ci si riferisce, ad esempio, a disposizioni a tutela dell’anonimato del cliente, quali le norme sul segreto bancario.
[12] Un obbligo di cooperazione analogo è stabilito in ambito di vigilanza sulla prestazione di servizi di investimento nella UE da parte di gruppi extracomunitari dall’Art. 41, Par. 5, della MIFID: “Le autorità competenti di cui al paragrafo 2 del presente articolo, le autorità competenti delle entità che fanno parte dello stesso gruppo a cui appartengono le succursali di imprese dei paesi terzi autorizzate in conformità del paragrafo 1, l’ESMA e l’ABE collaborano strettamente per assicurare che tutte le attività di tale gruppo nell’Unione siano soggette a una vigilanza completa, coerente ed efficace conformemente alla presente direttiva, al regolamento (UE) n. 575/2013, al regolamento (UE) n. 600/2014, al regolamento (UE) 2019/2033 alla direttiva 2013/36/UE, e alla direttiva (UE) 2019/2034.”
[13] Nello specifico, l’Art. 48 undecies prevede che “1. La succursale del paese terzo è soggetta alla valutazione di cui al paragrafo 2 del presente articolo quando l’importo aggregato delle attività di tutte le succursali di paesi terzi nell’Unione appartenenti allo stesso gruppo di paese terzo segnalate conformemente alla sottosezione 4 è pari o superiore a 40 miliardi di EUR:
- in media per i tre periodi di riferimento annuali immediatamente precedenti; o
- in termini assoluti per almeno tre periodi di riferimento annuali nel corso dei cinque periodi di riferimento annuali immediatamente precedenti.
La soglia concernente le attività di cui al primo comma non comprende le attività detenute dalle succursali del paese terzo in relazione a operazioni di mercato di banche centrali effettuate con le banche centrali del SEBC”
[14] L’Art. 48 decies, Par. 2, prevede in particolare, i seguenti indicatori:
- la dimensione della succursale dell’impresa del Paese Terzo;
- la complessità della struttura, dell’organizzazione e del modello di business della succursale dell’impresa di Paese Terzo;
- il grado di interconnessione della succursale con il sistema finanziario dell’Unione e dello Stato Membro in cui è stabilita;
- la sostituibilità delle attività, dei servizi o delle operazioni svolte o dell’infrastruttura finanziaria fornita dalla succursale del Paese Terzo;
- la quota di mercato della succursale di Paese Terzo nell’Unione e nello Stato Membro in cui è stabilita per quanto riguarda il totale delle attività bancarie e in relazione alle attività e ai servizi forniti e alle operazioni effettuate;
- il probabile impatto di una sospensione o chiusura delle operazioni o dell’attività della succursale di un Paese Terzo sulla liquidità del sistema finanziario dello Stato membro in cui è stabilita o sui sistemi di pagamento, compensazione e regolamento nell’Unione e nello Stato Membro;
- il ruolo e l’importanza della succursale di Paese Terzo per le attività, i servizi e le operazioni del Gruppo di Paese Terzo nell’Unione e nello Stato membro in cui è stabilita;
- il ruolo e l’importanza della succursale di Paese Terzo nel contesto della risoluzione della crisi o della liquidazione, sulla base delle informazioni fornite dall’autorità di risoluzione della crisi;
- il volume delle attività del Gruppo di Paese Terzo condotte attraverso succursali di Paesi Terzi, rispetto alle attività del Gruppo condotte attraverso enti filiazioni autorizzati nell’Unione e negli Stati membri in cui sono stabilite le succursali di Paesi terzi.