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Giurisprudenza

Crediti vantati dal professionista e fallimento della società debitrice: qualificazione della natura del credito

11 Novembre 2015

Francesco Mancuso, Trainee presso Lombardi Molinari Segni

Cassazione Civile, Sez. I, 14 ottobre 2015, n. 20750

Con il provvedimento in esame, la prima Sezione della Suprema Corte di Cassazione (Pres. Ceccherini, rel. Ferro) si è espressa in materia di qualificazione (chirografaria o privilegiata) della natura dei crediti vantati da professionisti (nel caso in esame, da avvocati) facenti parte di organizzazioni professionali.

In particolare, la Suprema Corte, definendo il perimetro di applicazione dell’art. 2751-bis, comma 2, del codice civile, ha statuito (confermando i precedenti orientamenti della Giurisprudenza di legittimità in materia, tra cui, ex multis, Cass. 4485/2015) il principio secondo cui nella valutazione della natura del credito vantato dal professionista nei confronti del cliente, il giudice di merito deve domandarsi “se il cliente abbia conferito l’incarico dal quale deriva il credito a lui personalmente [al professionista, ndr]ovvero all’entità collettiva (associazione, studio professionale) nella quale, eventualmente, egli è organicamente inserito quale prestatore d’opera qualificato, conseguendone che, nel primo caso, il credito ha natura privilegiata […] mentre nel secondo caso ha natura chirografaria…”.

Nel caso di specie, un avvocato, nel contesto della procedura fallimentare della società sua assistita, si era visto negare (dapprima nel decreto di esecutività dello stato passivo e, successivamente, nel provvedimento del Tribunale di Milano oggetto di censura dinanzi la Suprema Corte) l’asserita natura privilegiata del suo credito ex art. 2751-bis, comma 2, del codice civile – che stabilisce la natura privilegiata delle “retribuzioni dei professionisti e di ogni altro prestatore d’opera intellettuale dovute per gli ultimi due anni di prestazione” – giacché, a giudizio del Tribunale di Milano, la predetta disposizione sarebbe dettata per i professionisti considerati uti singuli e, pertanto, il trattamento derogatorio della par condicio creditorum ivi conseguente non sarebbe da applicare nel caso in cui il credito sia vantato da un professionista che sia membro di un’associazione professionale, a fortiori nel caso in cui quest’ultima sia di media o grande dimensione.

La predetta statuizione del Tribunale di Milano è stata, dunque, oggetto di censura da parte dell’avvocato-creditore mediante ricorso per Cassazione. Investito della controversia, il Supremo Collegio ha accolto il ricorso e dunque cassato il provvedimento impugnato (con rinvio ex art. 384, comma 2, del codice di procedura civile) delineando, come già sopra indicato, il ruolo del giudice di merito nella valutazione del perimetro di applicazione della disposizione di cui all’art. 2751-bis, comma 2, del codice civile, nonché precisando che nel predetto perimetro “non è instaurabile alcuna presunzione delimitativa della personalità della prestazione stessa ove erogata da un professionista (per di più ordinistico) correlato organizzativamente ad altri in un contesto associato”.


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