Con sentenza del 18 dicembre 2014, causa C‑449/13, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato i seguenti principi di diritto:
1) Le disposizioni della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE, devono essere interpretate nel senso che:
– da una parte, ostano ad una normativa nazionale secondo la quale l’onere della prova della mancata esecuzione degli obblighi prescritti agli articoli 5 e 8 della direttiva 2008/48 grava sul consumatore e,
– dall’altra, ostano a che, in ragione di una clausola tipo, il giudice debba ritenere che il consumatore abbia riconosciuto la piena e corretta esecuzione degli obblighi precontrattuali incombenti al creditore, e tale clausola comporti quindi un’inversione dell’onere della prova dell’esecuzione di detti obblighi tale da compromettere l’effettività dei diritti riconosciuti dalla direttiva 2008/48.
2) L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 dev’essere interpretato nel senso che, da un lato, non osta a che la valutazione della solvibilità del consumatore sia effettuata sulla base delle sole informazioni fornite da quest’ultimo, purché tali informazioni siano adeguate e le mere dichiarazioni del consumatore siano corredate da documenti giustificativi e, dall’altro, non impone al creditore di procedere a controlli sistematici delle informazioni fornite dal consumatore.
3) L’articolo 5, paragrafo 6, della direttiva 2008/48 dev’essere interpretato nel senso che, benché non osti a che il creditore fornisca chiarimenti adeguati al consumatore prima di aver valutato la sua situazione finanziaria e le sue esigenze, può però verificarsi che la valutazione della solvibilità del consumatore richieda un adattamento dei chiarimenti adeguati forniti, i quali devono essere comunicati al consumatore in tempo utile, preliminarmente alla firma del contratto di credito, senza tuttavia dover dar luogo alla redazione di un documento specifico.