Il credito d’imposta di cui all’art. 150, c. 2, del D.L. n. 34/2024, sorge ed è usufruibile con riferimento all’anno in cui avviene la restituzione delle somme indebitamente corrisposte, nonostante la mancanza di una pronuncia definitiva giurisdizionale che renda definitiva la pretesa del sostituto d’imposta e anche nell’ipotesi in cui il rimborso venga effettuato da un soggetto, diverso dal beneficiario, che ne abbia comunque la disponibilità.
In tali termini si è espressa l’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 7 del 17 gennaio 2025 nel merito della fruizione del credito d’imposta del 30% spettante ai soggetti sostituti d’imposta per il recupero delle ritenute IRPEF operate e versate all’Erario al momento della corresponsione di somme rivelatesi successivamente indebite e, dunque, soggette ad obbligo di restituzione da parte dei percipienti.
Il caso di specie riguardava un caso di indebito oggettivo relativo ad emolumenti pensionistici erogati – “al netto” delle ritenute Irpef e previdenziali ai sensi dell’art. 10, co. 2-bis, del d.P.R. n. 917/1986 – erroneamente in favore di un soggetto (scoperto essere) defunto e rispetto ai quali l’ente pagatore aveva richiesto il rimborso all’unico erede e alla banca presso la quale il de cuius aveva acceso il rapporto di conto corrente, dove venivano accreditate le somme a tale titolo.
Apertosi un contenzioso civile tra le parti sopra citate, definito in primo grado con la condanna dell’erede e della banca alla restituzione delle somme indebitamente percepite dal pensionato defunto, con sentenza ancora suscettibile di appello, l’amministrazione istante ha sottoposto all’Agenzia delle Entrate il dubbio interpretativo relativo a:
- la corretta individuazione del momento iniziale di utilizzo del credito d’imposta, alla luce dei primi chiarimenti forniti con Circolare 8/E del 2021 secondo cui il “diritto del sostituto a fruire del credito d’imposta sorge nel momento in cui non può più essere eccepita la legittimità della pretesa alla restituzione”, laddove il rimborso venga effettuato non dal beneficiario o dal suo erede, bensì dalla banca dove era stato acceso il rapporto di conto corrente di appoggio;
- i profili dichiarativi da effettuare per l’effettivo accesso e per la piena compliance con la normativa fiscale.
In merito al requisito “sostanziale”, nel documento di prassi in commento è stato chiarito che, “nelle more della definitività della pretesa accertata con pronuncia allo stato ancora appellabile”, il diritto al credito d’imposta “sorge con riferimento al periodo d’imposta in cui avviene la restituzione delle somme indebitamente corrisposte”, anche se effettuata “dal suo erede alla cui posizione tali somme restano imputabili” o dalla banca con riguardo alle disponibilità liquide giacenti sul conto corrente del beneficiario defunto.
Con riguardo, invece, ai citati profili formali e dichiarativi, prodromici all’effettivo accesso alla misura in parola, gli obblighi incombenti sull’amministrazione istante sono stati sintetizzati:
- nel rilascio all’erede della Certificazione Unica 2025, indicando i dati relativi al defunto ed esponendo l’importo delle somme indebitamente corrisposte, al netto delle ritenute operate;
- nell’indicazione nel quadro SX del modello 770/2025 dell’importo del credito maturato, pari al 30% delle somme indicate nella citata Certificazione Unica rilasciata all’erede.