Con la Risposta a interpello n. 78 del 2025 l’Agenzia delle Entrate ha affermato che il regime derogatorio introdotto dall’art. 110, c. 3-bis, del TUIR si applica anche alle variazioni delle rimanenze finali delle cripto-attività, con conseguente esclusione dell’intera disciplina dell’art. 92 TUIR.
La norma oggetto di interpretazione – introdotta dall’art. 1, comma 131, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di bilancio 2023) – stabilisce che “In deroga alle norme degli articoli precedenti del presente capo e ai commi da 1 a 1-ter del presente articolo, non concorrono alla formazione del reddito i componenti positivi e negativi che risultano dalla valutazione delle cripto-attività alla data di chiusura del periodo d’imposta, a prescindere dall’imputazione al conto economico”.
Secondo l’Amministrazione, il perimetro della deroga si estende a tutte le componenti valutative – ivi incluse quelle che derivano dai criteri di valorizzazione delle rimanenze – con esclusione di ogni effetto sul reddito d’esercizio derivante dalle valutazioni di fine periodo.
Pertanto, anche i fenomeni di quantificazione del “magazzino contabile” (es. valorizzazione delle rimanenze secondo i criteri fiscalmente riconosciuti del CMP, FIFO o LIFO) risultano privi di rilevanza fiscale, e il relativo effetto dovrà essere sterilizzato in dichiarazione.
Il chiarimento è stato sollecitato in relazione a un’operazione di trading su criptovalute che la società istante, una S.p.A. operante nel settore bancario, intendeva avviare in via continuativa, in proprio nome e conto, a partire dall’esercizio 2024.
Ai fini contabili, le criptovalute venivano classificate come rimanenze ai sensi dello IAS 2, in quanto detenute per la vendita nel normale svolgimento dell’attività d’impresa, e valutate al fair value.
Le relative movimentazioni erano invece gestite internamente secondo il metodo del costo medio ponderato (CMP).
Tale impianto contabile generava una divergenza tra il valore delle rimanenze risultante dal bilancio, e quello desumibile dalle scritture di magazzino, sollevando dubbi circa la corretta interpretazione dell’art. 110, comma 3-bis, TUIR, in particolare se la deroga ivi prevista dovesse ritenersi limitata alle sole differenze derivanti dall’adeguamento del CMP al fair value, ovvero se escludesse, più in generale, la rilevanza fiscale delle valutazioni contabili, incluse le variazioni delle rimanenze determinate con il criterio CMP.
L’Agenzia ha confermato che la disposizione derogatoria deve intendersi come riferita all’intera disciplina delle variazioni di rimanenze, ivi inclusa quella recata dall’art. 92 TUIR.
L’intento del legislatore, si legge nel parere, è quello di neutralizzare in via sistematica gli effetti fiscali delle oscillazioni di valore delle cripto-attività, prescindendo dalle modalità di redazione del bilancio e dal criterio adottato.
Rimangono, per converso, rilevanti le componenti da realizzo, in caso di cessione o permuta delle criptovalute.