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Approfondimenti

Cripto-attività e strumenti finanziari: le Linee guida dell’ESMA

8 Gennaio 2025

Filippo Annunziata, Università Luigi Bocconi, Milano; Università Ca’ Foscari, Venezia; European Banking Institute, Frankfurt

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza le nuove Linee Guida ESMA del 17 dicembre 2024 sui criteri per stabilire quando le cripto-attività debbano qualificarsi come strumenti finanziari.


1. Cripto-attività e strumenti finanziari

In data 17 dicembre 2024 l’ESMA ha emanato le attese Linee Guida volte a stabilire i criteri in base ai quali le cripto-attività dovrebbero qualificarsi quali strumenti finanziari, e dunque essere soggette alla disciplina MiFID II anziché a quella introdotta dal Regolamento MiCA.[1]

Si tratta di un contributo di rilievo, utile a risolvere una delle questioni più complesse della nuova disciplina europea sulle cripto-attività e, più in generale, dell’intera disciplina UE del mercato dei capitali. Come ampiamente segnalato in letteratura sin dalle prime riflessioni su questi temi[2], e ben evidenziato già nel Parere ESMA del 2019[3], uno dei problemi di fondo che si pongono nella disciplina delle (nuove) cripto-attività consiste nel loro inquadramento rispetto alla legislazione finanziaria pre-esistente. Si tratta di stabilire se una data cripto-attività sia inquadrabile in una delle fattispecie già note alla regolamentazione finanziaria, in ossequio al noto adagio della c.d. “neutralità tecnologica”, ampiamente richiamato dalle Linee Guida ESMA ma non sempre rispettato in modo coerente sul piano legislativo[4].

L’approccio alla tassonomia delle cripto-attività e al loro rapporto con il quadro più ampio della legislazione finanziaria può variare da un ordinamento all’altro, ma è apparso, sin dalle origini del fenomeno, come un profilo cruciale.[5] Anche il Regolamento sul mercato delle cripto-attività (Markets in Crypto-Assets Regulation[6] — MiCAR o, anche MiCA secondo l’acronimo ormai diffuso in letteratura)[7] mostra a riguardo non poche incertezze. Tra i problemi sollevati uno dei più complessi attiene proprio all’espressa esclusione dal MiCAR degli strumenti finanziari ai sensi dell’art. 2(4), che, per l’appunto, espunge dalla disciplina ciò che è già disciplinato dalla legislazione finanziaria preesistente.

Gli strumenti finanziari sono definiti dall’art. 4(1)(15) della MiFID II che rinvia all’elenco di cui alla sezione C dell’Allegato I. In sintesi, vi figurano i seguenti strumenti:

  • valori mobiliari[8];
  • strumenti del mercato monetario[9];
  • quote di organismi di investimento collettivo;
  • strumenti derivati; e
  • quote di emissione costituite da qualsiasi unità riconosciuta per la conformità ai requisiti della direttiva 2003/87/CE (sistema di scambio di quote di emissione).

Nel definire gli strumenti finanziari, la MiFID formula un elenco tendenzialmente chiuso di nozioni, anche se non privo di elementi di elasticità[10]. La Direttiva si astiene dal definire categorie generali o astratte, discostandosi così dall’approccio funzionale adottato negli Stati Uniti sulla base del test Howey.[11]. Sebbene alcune recenti proposte suggeriscano di rileggere le nozioni MiFID adottando un approccio funzionale, è dubbio che tale soluzione possa effettivamente adottarsi, superando a piè pari il dato letterale dei testi normativi[12].

L’approccio adottato dalla MiFID fa affidamento su nozioni che sono in larga misura rimesse al diritto degli Stati Membri. Si tratta di un elemento caratterizzante e, allo stesso tempo, di un limite della disciplina MiFID, che spesso viene trascurato, generando non pochi fraintendimenti. Così, e a mero titolo esemplificativo, al fine di stabilire cosa si intende per “valori mobiliari”, la nozione di “azione”, “obbligazione”, “titolo di debito”, ecc. è estranea al perimetro della MiFID, dovendosi, invece, rinvenire negli ordinamenti nazionali.

Il legislatore europeo non ha inteso affrontare direttamente queste questioni, affidandone la soluzione a molteplici strumenti di completamento della disciplina MiCAR, incluse le Linee Guida di cui si discute: esse, peraltro, come precisa l’ESMA, non intendono chiarire l’intera portata della nozione di strumento finanziario, ma solo i prodotti che rientrano sia nella definizione di cripto-attività del MiCAR sia nella definizione di strumento finanziario della MiFID II.

In ragione di ciò, l’interesse per le Linee Guida risiede nel fatto che le indicazioni ivi contenute assumono una portata generale, dovuta alla centralità che la nozione di strumento finanziario (e, in tale ambito, quella di valore mobiliare) riveste nel contesto della disciplina finanziaria europea: non soltanto la MiFID, dunque, ma anche il Regolamento prospetto, il Regolamento sugli abusi di mercato, la Direttiva UCITS, a tacer d’altro.

Seguendo la struttura del documento, si passeranno brevemente in rassegna le nuove Linee Guida ivi formulate, per poi concludere con alcune brevi considerazioni di sintesi.

2. Linea Guida 1 – Neutralità tecnologica.

La prima linea guida è di carattere introduttivo ed è volta a richiamare il principio di neutralità tecnologica, che da tempo ispira – almeno sul piano delle declamazioni – l’approccio regolatorio nei confronti delle più recenti tecnologiche[13]. Tale principio conduce a ritenere che il processo di tokenizzazione degli strumenti finanziari non dovrebbe influire sulla classificazione di tali attività. In questo senso, l’art. 18 del Regolamento DLT Pilot ha già modificato l’art. 4(1)(15) della MiFID II, definendo lo strumento finanziario come “qualsiasi strumento riportato nella sezione C dell’allegato I, compresi gli strumenti emessi mediante tecnologia a registro distribuito”. La rima linea guida, pertanto, non aggiunge molto al quadro esistente, fungendo essenzialmente da cornice all’intero documento.

3. Linea Guida 2 – I valori mobiliari.

3.1. Nel più ampio novero degli strumenti finanziari, la sottocategoria dei valori mobiliari è quella che presenta forse le maggiori difficoltà interpretative, e ciò per le affinità che spesso connotano le cripto-attività rispetto ai tipici strumenti equity o di debito. L’ESMA osserva che, nello stabilire se una cripto-attività sia qualificabile come valore mobiliare, bisognerebbe seguire un approccio basato non già sulla forma, ma sulla sostanza, il che costituisce, a ben vedere, una declinazione del principio di neutralità tecnologica. Riprendendo la definizione MiFID, una cripto-attività si qualifica dunque come valore mobiliare là dove, oltre a rientrare nelle nozioni base (azioni, obbligazioni, strumenti similari) soddisfa cumulativamente i tre criteri seguenti: (i) non è uno strumento di pagamento; (ii) appartiene a una “categoria” dei valori; e (iii) risulta negoziabile sul mercato dei capitali. E’ su questi tre elementi – da sempre di difficile inquadramento – che, in particolare, si sofferma la linea guida.

3.2. Quanto al primo elemento, il documento dell’ESMA muove dall’assunto che la MiFID II non fornisce alcuna definizione di strumento di pagamento. Ricorrendo a nozioni anche di uso comune, l’ESMA osserva che la nozione include solitamente metodi di pagamento liquidi come assegni, cambiali e strumenti di pagamento non in contanti come carte, bonifici bancari, addebiti diretti e moneta elettronica. Nel caso in cui una cripto-attività presenti diverse componenti, tra cui quella di strumento di pagamento, va condotta un’analisi caso per caso. Non essendoci, comunque, una nozione europea autonoma di strumento di pagamento, l’ESMA rinvia alle legislazioni nazionali, non senza ricordare che utili indicazioni si possono ricavare dagli Orientamenti EBA sull’esclusione delle limited networks ai sensi della PSD2[14]. L’ESMA osserva che, sebbene la MIFID II non fornisca una definizione propria di strumento di pagamento, gli Stati Membri che hanno introdotto una definizione nazionale hanno recepito nella loro legislazione la definizione contenuta nell’art. 4(14) della direttiva (UE) 2015/2366[15], relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno che, dunque, viene a rappresentare un utile termine di riferimento.

3.2. Quanto al secondo elemento, un requisito essenziale affinché uno strumento possa configurarsi come valore mobiliare è la sua appartenenza a una categoria di valori. Sul punto, le Linee Guida formulano considerazioni che vanno oltre l’approccio timido seguito nei precedenti documenti, a partire dal già citato Parere ESMA del 2019. Si afferma che – per stabilire la sussistenza di una categoria (e, dunque, l’appartenenza ad essa di una cripto-attività) – andrebbero considerati i seguenti elementi: (i) se le cripto-attività sono emesse dallo stesso emittente, e (ii) se le cripto-attività sono intercambiabili, cioè danno accesso agli stessi diritti (ad es., diritti sui dividendi, diritti di voto, o diritti sui proventi della liquidazione).

L’ESMA conclude che, se tutte le cripto-attività della stessa emissione rappresentano o conferiscono gli stessi diritti ed obblighi esse devono intendersi come intercambiabili. L’intercambiabilità implica pertanto che ogni token è identico nei diritti e negli obblighi per tutti i titolari (par. 19).

Dopo aver valutato se la cripto-attività fa parte di una classe, si deve valutare se fa parte di una classe di valori mobiliari. Le classi di valori mobiliari di cui alle lett. da a) a c) dell’art. 4(1)(44) della MiFID II sono esempi di valori mobiliari che rientrano nella definizione. Per determinare se una cripto-attività costituisce un valore mobiliare, si deve valutare se i diritti concessi sono equivalenti a quelli tipicamente concessi da uno specifico tipo di valore mobiliare (par. 20). Questo profilo, tuttavia, rinvia agli ordinamenti nazionali e alle relative definizioni (e discipline), confermando quanto già osservato in letteratura circa il rapporto tra diritto societario (e disciplina dei contratti) degli Stati Membri e definizioni MiFID II.

In particolare, al par. 21,  si osserva (a titolo di esempio) che le cripto-attività che conferiscono ai loro possessori diritti equivalenti a quelli conferiti dalle azioni (ad es., diritto di voto, diritto al dividendo e diritto ai proventi della liquidazione), dovrebbero essere qualificati come valori mobiliari. Tuttavia, tale qualificazione – come azioni, si intende – dipende dal diritto nazionale, che costituisce l’inevitabile base di partenza dell’analisi (nt. 38). In questo senso, il documento conferma l’esigenza di svolgere un’indagine che parta dalle legislazioni degli Stati Membri e da come queste ultime ricostruiscono, sulla base del loro diritto interno, le nozioni-base di ciò che costituisce una azione, un titolo di debito, o uno strumento a questi assimilabile (par. 21 e nt. 38): non esiste, infatti, alcuna nozione autonoma di tali strumenti propria del diritto UE[16].

In linea con quanto precede (par. 22), le cripto-attività che consentono ai detentori di partecipare a decisioni di corporate governance (come l’elezione dei membri del consiglio di amministrazione) dovrebbero, in linea di principio, essere equiparate alle azioni. Al contrario, le cripto-attività che concedono diritti di governance esclusivamente su questioni tecniche e/o modifiche operative, come gli aggiornamenti del protocollo e gli aggiustamenti delle commissioni, senza dare ai titolari alcuna influenza sulle decisioni di corporate governance, dovrebbero essere distinte dai valori mobiliari. In questo senso, il par. 23 cita l’esempio degli utility tokens utilizzati per accedere a determinati servizi, come i contenuti premium su una piattaforma di videogiochi o sconti su acquisti futuri. In tal caso, se i token non forniscono rendimenti paragonabili a quelli degli strumenti finanziari (ad es., il pagamento di dividendi o interessi) e mancano dell’elemento di appartenenza a una classe, tali token non dovrebbero essere qualificati come valori mobiliari. L’ESMA precisa che tale conclusione è valida anche se i token sono acquistati con l’aspettativa di un profitto dovuto ad un loro potenziale apprezzamento di valore (par. 27): non è, dunque, la componente di “investimento” che rileva, ma i diritti che il token attribuisce al titolare.

Anche i token che tracciano la performance di una o più attività sottostanti, conferendo ai detentori diritti paragonabili a quelli dell’acquisto o della vendita di valori mobiliari, possono essere qualificati come valori mobiliari se fanno parte di una classe e sono negoziabili. Sempre seguendo i criteri MiFID, si dovrebbe anche considerare se tali token danno luogo a un regolamento in contanti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, materie prime o altri indici o misure.

Quanto ai titoli di debito, le cripto-attività che rappresentano un debito simile a un debito monetario, come una frazione di un prestito dovuto dall’emittente, dovrebbero essere equiparati alle obbligazioni. Rientrerebbero in tale ambito, ad es., le cripto-attività che forniscono ai loro possessori pagamenti regolari di interessi e/o promettano il rimborso del capitale a una data futura.

3.3. Un punctum crucis: la negoziabilità sul mercato dei capitali.

Su uno dei punti più problematici della nozione, già oggetto di non poche incertezze nel Parere del 2019, le nuove Linee Guida sposano giustamente un approccio ampio: uno strumento è da considerarsi negoziabile quando è in grado di essere trasferito o scambiato liberamente. Prevale dunque un’interpretazione di tipo sostanzialistico che assimila la negoziabilità con la trasferibilità o, in alternativa, con la scambiabilità, purché ciò possa avvenire liberamente. Sembra potersi concludere che l’elemento qualificante risieda non nelle tecniche, modalità, strumenti che consentono lo scambio, ma nel fatto che quest’ultimo non sia sottoposto a restrizioni strutturali (potendosi, a giudizio dell’ESMA, ammettersi restrizioni temporanee). In linea con l’interpretazione della MiFID II, si osserva che l’astratta possibilità di essere trasferito o negoziato dovrebbe essere considerata sufficiente, anche senza che sia riscontrabile un mercato specifico. L’ESMA conclude che la negoziabilità sembrerebbe essere propria dalla maggior parte delle cripto-attività, poiché la DLT rende possibile il trasferimento della proprietà dal venditore all’acquirente.

Quanto all’altro elemento della definizione, ossia il “mercato dei capitali”, anch’esso non è definito, ma – seguendo quanto già indicato nel documento di consultazione diffuso in preparazione delle Linee Guida[17] – il documento sposa un concetto ampio, che include tutti i contesti in cui si incontrano l’acquisto e la vendita di interessi in titoli. Come già ritenuto in base all’interpretazione delle nozioni MiFID e osservato nelle Q&As della Commissione UE, l’ambito non è dunque limitato agli strumenti quotati o negoziati sui mercati regolamentati né (si aggiungerebbe) su altre trading venues, come invece avevano osservato alcune Autorità in occasione del Parere del 2019. I mercati dei capitali sono intesi come sedi di negoziazione in cui vengono convogliati acquirenti desiderosi di investire e venditori bisognosi di capitali: naturalmente, se le cripto-attività sono negoziate su una piattaforma equivalente a una piattaforma di trading MiFID, ciò è indicativo del fatto che sono negoziabili su un “mercato dei capitali”.

Le cripto-attività dovrebbero essere considerate liberamente negoziabili se, prima dell’ammissione alla negoziazione, non esistono restrizioni tali da compromettere la creazione di un mercato equo, ordinato ed efficiente[18]. Il fatto che, ad es., gli investitori debbano essere inseriti in una whitelist non dovrebbe di per sé impedire ad una cripto-attività di essere qualificata come valore mobiliare, anche se è necessaria, comunque, una valutazione caso per caso, che di nuovo dipende dal diritto nazionale di volta in volta applicabile (par. 29).

Le restrizioni imposte dall’emittente possono potenzialmente limitare la trasferibilità delle cripto-attività in vari modi, e dunque comprometterne la negoziabilità. Il documento richiama, ad es., restrizioni temporali, geografiche, tecniche, quali quelle che possono essere inserite negli smart contract e che richiedono il rispetto di determinati criteri (come, periodi di detenzione e vincoli di utilizzo) prima che i trasferimenti siano consentiti. In definitiva, si può concludere che i criteri per classificare una cripto-attività come un valore mobiliare trasferibile dovrebbero includere: (i) trasferibilità e intercambiabilità (negoziabilità e appartenenza a una classe), e (ii) riconoscimento di diritti simili a quelli di altri valori mobiliari. In base alla definizione di valori mobiliari contenuta nella MiFID II, tutti i criteri summenzionati devono essere soddisfatti affinché le cripto-attività possano essere classificate come valori mobiliari. Se non lo sono, la cripto-attività sarà soggetta al MiCAR, e non già ai regimi esistenti, a cominciare da MiFID II.

4. Linea Guida 3 – gli strumenti del mercato monetario.

Alcuni utili spunti vengono forniti su un altro concetto non compiutamente definito dalla MiFID II, ossia quello di mercato monetario. Anche in questo caso, il par. 42 delle Linee Guida evoca nozioni ricavate dalla prassi, ricordando che si tratta tipicamente di strumenti di debito negoziabili a breve termine, emessi da governi, istituti di credito o società per raccogliere fondi sul mercato monetario. Oltre a ciò, la nt. 43 rinvia al Considerando 21 del Regolamento sui fondi monetari[19], il quale prevede che tali strumenti comprendono buoni del tesoro e degli enti locali, certificati di deposito, carte commerciali, accettazioni bancarie e titoli a medio o breve termine. Una cripto-attività che sia riconducibile a questa categoria dovrebbe incorporare caratteristiche simili, tra cui l’obbligo di rimborso di un saldo attivo, senza che si ingeneri confusione con i depositi bancari rientranti nell’ambito di applicazione della Direttiva 2014/49/UE[20].

Per qualificarsi come strumento del mercato monetario ai sensi della MiFID II, una cripto-attività dovrebbe quindi, tra le altre, presentare una scadenza predefinita o una data di rimborso. Per esempio, alcune piattaforme offrono conti di risparmio a breve termine per cripto-attività che mirano a mantenere un valore stabile (cripto-attività collegate ad asset stabili come l’euro o il dollaro statunitense). Se questi strumenti di avessero una scadenza breve e fornissero rendimenti ai detentori, presenterebbero caratteristiche analoghe agli strumenti del mercato monetario. Le Linee Guida menzionano anche l’ipotesi in cui una società emette una cripto-attività negoziata su una piattaforma per fornire prestiti a breve termine agli utenti: il token rappresenta un certificato di credito, rimborsabile dalla parte mutuataria con gli interessi al termine di un breve periodo. Sebbene il valore del token sia ancorato all’euro per assicurarne la stabilità, il prezzo può fluttuare per riflettere gli interessi maturati durante il periodo di prestito, ma può essere determinato con precisione in qualsiasi momento. Soddisfacendo questi criteri cumulativi, la cripto-attività dovrebbe essere considerata analoga ad uno strumento del mercato monetario.

5. Linea Guida 4 – quote di OICR.

Da tempo (e come già evidenziato nel Parere del 2019) si discute se talune cripto-attività possano configurarsi alla stregua di organismi di investimento collettivo del risparmio. I confini non del tutto precisi di quest’ultima nozione hanno, peraltro, acuito il rischio di incertezze interpretative. In linea con i precedenti orientamenti46, le Linee Guida ricordano che affinché una cripto-attività sia qualificabile come quota di un organismo di investimento collettivo (OIC), il progetto collegato alla cripto-attività dovrebbe comportare collettivamente: (i) la messa in comune del capitale di un certo numero di investitori; (ii) lo scopo di investire questo capitale in conformità ad una politica di investimento definita; (iii) al fine di generare un rendimento comune a beneficio di tali investitori. Quanto sopra prescinde dal fatto che i partecipanti conferiscano moneta legale o cripto-attività e fermo restando che la gestione degli attivi deve connotarsi per l’elemento della autonomia.

Una cripto-attività che consenta, ad es., ai detentori di (i) investire in fondi di investimento digitali, dove i detentori hanno diritto a una quota proporzionale dei rendimenti generati dal portafoglio gestito, senza alcuna partecipazione alla governance relativa alle strategie di investimento e (ii) di riscattare i propri token nella misura di una quota del valore del portafoglio, dovrebbe essere considerata come una quota di un organismo di investimento collettivo.

Posto che uno degli elementi qualificanti la nozione di OICR è la gestione in autonomia dei partecipanti, le Linee Guida richiamano l’attenzione sul fatto che i detentori dei token abbiano la facoltà di interferire nella discrezionalità quotidiana, o abbiano controllo sulle questioni operative relative alla gestione quotidiana delle attività incluse nel patrimonio gestito. In tal caso, la cripto-attività non si qualificherà come quota di un organismo di investimento collettivo.

In questo contesto, è irrilevante che le decisioni di investimento siano prese da esseri umani, codici/algoritmi o smart contract, purché tali decisioni siano tali da incidere sull’attuazione della politica di investimento stabilita. Per esempio, il documento rileva che un token ricevuto nell’ambito di un servizio di liquid staking (dove gli utenti delegano i diritti di governance legati ai loro token a un fornitore di servizi di staking) non dovrebbe essere considerato una quota di un organismo di investimento collettivo se nell’attività di staking non è ravvisabile una gestione collettiva da parte di terzi svolta in conformità ad politica di investimento predefinita, come nel caso in cui gli utenti mantengano il controllo giornaliero sui loro token e possano scambiarli liberamente: sul punto, sebbene il documento sembri sovrapporre un po’ impropriamente tre elementi che dovrebbero rimanere distinti (la politica di investimento, la gestione in autonomia e la libertà di trasferimento), l’osservazione pare condivisibile. Il documento precisa che il termine “liberamente” si riferisce alla possibilità di trasferire o scambiare i token senza restrizioni, escludendo quindi i limiti dovuti all’uso della tecnologia DLT, come il periodo di blocco di 24-48 ore, comune nei servizi di liquid staking.

La liquidità delle attività investite o delle quote emesse dall’organismo non sono, invece, validi criteri per la classificazione come organismo di investimento collettivo. Per essere classificata come quota di un organismo di investimento collettivo, la cripto-attività deve, piuttosto, avere l’obiettivo di fornire agli investitori un rendimento comune, generato dal rischio comune derivante dall’acquisizione, dalla detenzione o dalla vendita delle attività di investimento sottostanti. Questa è, in vero, la ragione assorbente per la quale un asset-referenced token regolato dal MiCAR non può qualificarsi alla stregua di una quota di un OICR. Infine, un altro aspetto fondamentale da tenere in considerazione è la finalità commerciale o industriale del progetto della cripto-attività[21]: affinché l’emittente di una cripto-attività possa essere classificato come OICR deve essere riscontrabile il carattere finanziario della politica di investimento perseguita.

6. Linea Guida n. 5 – Gli strumenti derivati

Nella Linea Guida 5, l’ESMA prende posizione in merito a un profilo particolarmente problematico, rappresentato dal rapporto tra le cripto-attività e gli strumenti derivati. Si tratta di una sezione piuttosto innovativa, poiché il tema non era stato compiutamente affrontato nei precedenti interventi dell’ESMA, a cominciare dal Parere 2019. Nel documento, si osserva che andrebbero distinte due situazioni: la prima, non prevista dal MiCAR, è quella in cui le cripto-attività fungono da attività sottostanti a strumenti derivati. La seconda è quella in cui le cripto-attività siano esse stesse qualificabili come derivati.

In relazione alla prima situazione, l’ESMA richiama i criteri che presiedono alla classificazione degli strumenti derivati come strumenti finanziari secondo le categorie di cui all’Allegato I, sezione C, punti (4)-(10) della MiFID II. Le autorità nazionali competenti potrebbero, ad es., considerare il caso di una cripto-attività concepita come un accordo di vendita in cui una parte si impegna ad acquistare una certa quantità di specifiche cripto-attività a una data futura per un prezzo predeterminato. I diritti connessi a questa cripto-attività comprenderebbero l’obbligo di consegnare le cripto-attività alla data e al prezzo concordati, indipendentemente dal prezzo di mercato a quella data futura, o di pagare la differenza tra il prezzo concordato e il prezzo di mercato. L’ESMA osserva che, a seconda delle circostanze, un contratto di questo tipo potrebbe essere considerato un contratto derivato. Un altro esempio è quello dei perpetual futures, che sono strumenti derivati che non hanno una data di scadenza o di regolamento. A differenza dei future tradizionali, i future perpetui sono concepiti per fornire un’esposizione continua all’attività sottostante senza rollover periodici. Nonostante la loro struttura unica, i future perpetui devono essere trattati come contratti derivati, poiché il loro valore deriva dalle variazioni di prezzo legate alla performance nel tempo di un’attività sottostante. I futures perpetui tokenizzati dovrebbero quindi essere classificati in base ai criteri stabiliti nell’Allegato I, sezione C, punti (4)-(10) della MiFID II.

In relazione alla seconda situazione, va innanzitutto considerato se: (i) i diritti dei detentori di cripto-attività sono condizionati da un contratto basato su un impegno futuro (che può essere un forward, un’opzione, uno swap o un future), che crea uno sfasamento temporale tra la conclusione e l’adempimento degli obblighi previsti da tale contratto; (ii) il valore della cripto-attività deriva da quello di un’attività sottostante e (iii) segue le modalità di regolamento di cui all’Allegato I, sezione C, punti (4)-(10) della MiFID II. Un elemento da considerare è se la cripto-attività ha un elemento sottostante, come tassi, indici o strumenti rilevanti ai sensi dell’Allegato I, sezione C, punti (4)-(10) della MiFID II e dei testi di livello 2 ad essi correlati. Posto che il sottostante è la base per determinare il valore o il payoff del derivato, il valore della cripto-attività dovrebbe dipendere anche dalle variazioni di valore del sottostante.

Le considerazioni dell’ESMA sembrano apparentemente chiare ma, in verità, lasciano irrisolte molte questioni, in quanto non affrontano compiutamente il tema della natura degli asset (o delle grandezze) sottostanti il token, né distinguono ulteriormente tra derivati negoziati sulle trading venues MiFID e quelli che, invece, non lo sono.

Al fine di chiarire i confini tra derivati e token collegati ad attività, l’ESMA chiarisce che, se il valore di un token è determinato in base all’andamento di una riserva di attività sottostanti, esso dovrebbe essere considerato come un token collegato ad attività (v. gli asset-referenced token o ART, come definiti dal MiCAR) e non come un derivato (v. supra). Di contro, quando il valore o la performance del token sono stabiliti facendo sinteticamente riferimento a un’altra attività o diritto o a una combinazione di questi, l’ESMA invita a valutare se il token debba essere qualificato come strumento finanziario. Le Linee Guida citano il caso di una cripto-attività che riflette l’andamento di un’azione, di un’obbligazione o di un altro tipo di strumento finanziario (performance e/o ricavi generati). Se tale attività conferisce un ritorno economico direttamente correlato a uno strumento finanziario (analogamente ad un equity swap cartolarizzato) essa dovrebbe considerarsi un derivato. Un altro caso è quello di una cripto-attività che segue la performance di un paniere di strumenti finanziari, la cui caratteristica principale è di fornire al possessore i rendimenti di un indice specifico per un periodo definito. Infine, un ulteriore esempio riguarda una cripto-attività che riflette un contratto di swap, in cui due parti concordano di “scambiarsi” la performance di un indice. Se la cripto-attività rappresenta un’obbligazione a consegnare il valore equivalente dell’indice a una data futura, essa è riconducibile a un contratto future. In questo esempio, il possessore guadagna o perde a seconda del valore dell’indice alla scadenza del contratto. Questa configurazione, che stabilisce uno scarto temporale tra la stipula e l’esecuzione del contratto, e per la quale il valore della cripto-attività dipende dall’andamento dell’indice, dovrebbe essere considerata come rispondente alle caratteristiche di un contratto derivato, a condizione che siano presenti gli altri elementi rilevanti di cui all’Allegato I, sezione C, punti (4)-(10), della MiFID II.

Un altro esempio formulato dalle Linee Guida è quello di una cripto-attività che rappresenta un’esposizione sintetica a un paniere di token, riflettendone l’andamento senza tuttavia implicare alcun diritto di proprietà diretto sugli asset sottostanti. In un prodotto sintetico negoziato in borsa, il titolare guadagna dalla performance combinata del paniere, secondo i relativi termini contrattuali. La cripto-attività potrebbe essere strutturata per fornire rendimenti basati su specifiche metriche di performance e condizioni il cui andamento si misura sulla performance dei token. Tale cripto-attività potrebbe essere qualificata come contratto derivato, a condizione che siano presenti gli altri elementi rilevanti di cui all’Allegato I, sezione C, punti (4)-(10) della MiFID II.

Un altro caso riguarda una cripto-attività che fornisce il diritto (ma non l’obbligo) di acquistare o vendere una specifica cripto-attività a un prezzo predeterminato entro un certo periodo di tempo, che dovrebbe, con ogni probabilità, qualificarsi come un’opzione. Una cripto-attività potrebbe anche rappresentare contratti futures per materie prime tradizionali, come l’oro o il petrolio, e quindi essere classificato come strumento finanziario se sono soddisfatte le condizioni di cui ai punti (4)-(10) dell’Allegato I, sezione C, della Mifid II.

Tutti questi esempi sono sicuramente utili ma non giungono a conclusioni sufficientemente certe. Il punto nodale, infatti, riguarda proprio la ravvisabilità degli elementi che qualificano i derivati ai sensi della MiFID, in particolare le modalità di regolamento del contratto alla scadenza, la natura dei beni sottostanti e il fatto che il contratto sia o meno scambiato su un mercato regolamentato, un MTF o un OTF. Sul punto, le Linee Guida si fermano, per così dire, alle soglie del problema limitandosi a ricordare che anche la forma di regolamento, in contanti o tramite cripto-attività, può influire sulla classificazione del prodotto, facendolo ricadere o tra le cripto-attività regolate dal MiCAR oppure tra gli strumenti finanziari ex-MiFID.

7. Linea Guida 6 – le quote di emissione.

Nel caso di cripto-attività che rappresentano quote di emissione rientranti nell’ambito di applicazione della Direttiva 2003/87/CE, la loro qualificazione alla stregua di strumenti finanziari è, tutto sommato, agevole. Ciò deriva dal fatto che le quote di emissione UE (per tali intendendosi quelle che rientrano nella citata Direttiva) sono espressamente considerate strumenti finanziari e che il Regolamento DLT Pilot ha esteso la definizione di strumento finanziario anche agli strumenti emessi tramite tecnologia a registro distribuito.

Laddove, invece, la cripto-attività rappresenti un voluntary carbon credit, o comunque una quota di emissione non rientrante nella disciplina UE, la qualificazione (in questo caso, come asset soggetto a MiCAR, e non già a MiFID) può risultare problematica. Secondo il documento ESMA, in tal caso, per essere considerata una quota di emissione, la cripto-attività dovrebbe conferire un chiaro diritto alle emissioni, come il diritto di emettere una determinata quantità di gas a effetto serra o di fungere da compensazione riconosciuta per tali emissioni. Bisognerebbe altresì valutare se la cripto-attività è utilizzabile per adempiere agli obblighi legali relativi alla riduzione delle emissioni di carbonio. La cripto-attività dovrebbe, inoltre, essere anche negoziabile su piattaforme di terzi o essere in grado di essere negoziata.

8. Linea Guida 7 – cosa sono le cripto-attività?

La Settima Linea Guida riguarda la nozione generale di cripto-attività, sulla scorta delle definizioni formulate dal MiCAR. Il punto di partenza è rappresentato dalla constatazione che una cripto-attività è una rappresentazione digitale di valori o diritti, in grado di essere trasferiti e conservati utilizzando la tecnologia DLT. In tale contesto, sebbene un token di utilità possa essere accompagnato da diritti di governance (i cc.dd. governance cripto-asset), al fine di non qualificarsi alla stregua di uno strumento finanziario esso non dovrebbe, come visto, replicare i diritti connessi agli strumenti finanziari, a partire da quelli connessi ai valori mobiliari ai sensi della MiFID II. Lo stesso vale per le cripto-attività accompagnate da un’aspettativa di profitto. L’aspettativa di un profitto futuro non dovrebbe essere di per sé sufficiente a qualificare una cripto-attività come strumento finanziario ai sensi di MiFID II. Quanto, invece, alle cripto-attività che non sono trasferibili ad altri titolari e che sono accettate solo dall’emittente o dall’offerente, esse non rientrano nell’ambito di applicazione del MiCAR in quanto, per l’appunto, non trasferibili utilizzando la tecnologia DLT. Lo stesso vale per le cripto-attività che sono uniche e non fungibili con altre cripto-attività.

Appare degna di nota la precisazione, che chiude la sezione dedicata alla Linea Guida 7, con la quale si chiarisce il documento ESMA non intende specificare tutti i tipi di cripto-attività che non rientrano nell’ambito di applicazione del MiCAR. Le Autorità competenti dovrebbero sempre e comunque valutare se una cripto-attività si qualifichi come uno o più degli strumenti elencati nell’art. 2(4) del MiCAR e la sua riconducibilità, o meno, alle diverse tipologie di strumenti finanziari.

9. Linea Guida 8 – gli NFT

Le considerazioni relative ai non-fungible tokens sono di particolare rilievo, stante anche l’imprecisa formulazione del Regolamento MiCA, sia nei considerando, sia nel testo. Un primo profilo sul quale si sofferma il documento riguarda l’“unicità” del token e, quindi, la sua non sostituibilità. I non-fungible tokens dovrebbero quindi avere caratteristiche e/o diritti chiaramente distinti rispetto ad altre cripto-attività emesse dallo stesso (o da qualsiasi altro) emittente. Al riguardo, non si deve avere riguardo esclusivamente alle specificità tecniche, come l’attribuzione di un identificatore unico, ma vanno presi in esame anche altri elementi, tra i quali  il valore intrinseco, la rarità, l’utilità e la funzionalità, nonché la proprietà e i diritti attribuiti dal token (come, ad es., diritti esclusivi di accesso o di utilizzo).

Nel valutare l’unicità di una cripto-attività, gli NFT che traggono il loro valore dalle loro caratteristiche uniche o dall’utilità specifica che forniscono al detentore, benché possano essere scambiati e formare oggetto di speculazione (“speculated“), non dovrebbero essere considerati sostituibili in quanto il loro valore non può essere facilmente paragonato ad altri asset. Si conclude, pertanto, che la scambiabilità del token non è di per sé sufficiente a renderlo fungibile, così chiarendo un profilo che, nelle versioni preparatorie del MiCAR, era stato discusso.

Al fine di qualificare un token come NFT, l’ESMA suggerisce anche di svolgere un “test sul valore di interdipendenza” considerando: (i) se il valore della cripto-attività deriva principalmente dalle sue caratteristiche uniche e/o dall’utilità/benefici specifici che offre al suo possessore (ad es., un NFT specifico legato a un’opera d’arte digitale in edizione limitata di un artista famoso); (ii) la misura in cui l’interconnessione tra vari tipi di cripto-attività influenza il valore dell’uno e dell’altro, in modo tale che il NFT non abbia un valore proprio decorrelato dagli altri NFT della serie o della collezione (ad es., l’esistenza di un prezzo di negoziazione comune per una serie di token), nonché (iii) le caratteristiche uniche che distinguono queste cripto-attività dalle altre.

Quanto agli NFT frazionati (F-NFT), essi richiedono verifiche aggiuntive. Bisogna infatti considerare: (i) se le cripto-attività rappresentano una quota di proprietà di un singolo token unico e non fungibile; (ii) se le parti frazionarie, considerate separatamente, sono considerate uniche e non fungibili; (iii) se queste parti frazionarie condividono caratteristiche identiche; e (iv) se vi è la possibilità di ricostruire la proprietà completa del token unico e non fungibile aggregando tutte le sue componenti frazionarie. Il documento ESMA fa l’ipotesi di un NFT frazionato in centinaia di gettoni più piccoli che rappresentano una parte dell’immagine iniziale del NFT. Mentre l’immagine del NFT originale è unica, i token frazionati potrebbero non soddisfare individualmente i criteri di unicità e non fungibilità.

10. Linea Guida 9 – Cripto-attività ibride

Sin dalle prime indicazioni sulla classificazione delle cripto-attività si è discusso su come inquadrare i token ibridi: se si dovesse, ad es., in qualche modo individuare la componente prevalente del token, o il suo impiego sul mercato, o se si dovessero adottare criteri multifunzionali. L’ESMA prende una posizione coraggiosa, là dove afferma che, qualora un token ibrido presenti i tratti di uno strumento finanziario, tale elemento dovrebbe avere la precedenza sugli altri, che ne verrebbero per tale via riassorbiti. Nella valutazione di tali elementi, la sostanza dovrebbe prevalere sulla forma, in particolare per i token ibridi le cui funzioni o attributi potrebbero evolvere durante il loro ciclo di vita. Se poi la cripto-attività assolve a funzioni multiple – ad esempio perché combina gli aspetti di uno strumento finanziario, di pagamento e di utilità – la compresenza di questi elementi va comunque considerata, in quanto rilevante per la sua qualificazione, sebbene, sul punto, il documento si astenga dal formulare ulteriori considerazioni.

11. Considerazioni conclusive

Tra le numerose misure di implementazione e di soft law alle quali il Regolamento MiCA rinvia, le Linee Guida emanate dall’ESMA in punto di qualificazione delle cripto-attività rispetto agli strumenti finanziari sono indubbiamente tra le più rilevanti. Esse forniscono un contributo essenziale per delimitare l’ambito di applicazione del Regolamento rispetto alla legislazione finanziaria preesistente, in particolare rispetto all’intero corpus di provvedimenti che si basa sulla nozione di strumento finanziario, a partire naturalmente dalla MiFID II.

Su molte questioni, le Linee Guida travalicano il mero scopo di meglio identificare le cripto-attività soggette al MiCAR e forniscono, per la prima volta, criteri generali per interpretare la nozione di strumento finanziario in quanto tale, incluse le sotto-nozioni che rinviano a discipline settoriali più specifiche (UCITS e AIFMD).

Se, sotto numerosi profili, le Linee Guida riescono a fornire un quadro sufficientemente preciso, su altri esse devono, giocoforza, limitarsi a formulare indicazioni meno puntuali, rinviando alle legislzioni degli Stati Membri, che costituiscono la base stessa di ogni indagine sulle tassonomie. In mancanza di una piena armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia societaria, le nozioni fondamentali che sorreggono le tassonomie europee restano frammentate e, di conseguenza, anche il quadro eurounitario rimane tale.

Fermo restando quanto precede, le Linee Guida tentano ad ogni modo di valorizzare un approccio funzionale nel quale la sostanza prevalga sulla forma: non riescono, però, a portare a compimento tale percorso interpretativo, a fronte di dettati normativi che muovono, invece, da presupposti diversi, e di cui non è possibile forzare le maglie.

Un ulteriore valore di questo documento è dunque di far nuovamente riflettere sull’opportunità di una più profonda revisione della legislazione europea sul mercato dei capitali, in vista di un suo consolidamento e di una evoluzione verso nuove nozioni fondamentali, più in linea con la complessità del quadro offerto dalle recenti evoluzioni tecnologiche e di mercato[22].

 

[1] Guidelines on the conditions and criteria for the qualification of crypto-assets as financial instruments, ESMA75453128700-1323, 17 dicembre 2024.

[2] Di alcune di queste questioni ci eravamo già occupati in F. Annunziata, Speak, If You Can: What Are You? An Alternative Approach to the Qualification of Tokens and Initial Coin Offerings, in ECFR, 2020. Sul tema v. poi R.H. Weber, R. Baisch, Cryptoassets: Taxonomy and Regulatory Approaches, in BFLR, 2023; F. Krysa, Taxonomy and Characterisation of Crypto Assts in Private International Law, in A. Bonomi, M. Lehman, S. Lalani, (eds.), International and Comparative Business Law and Public Policy, Vol. 4, Leiden, 2023.

[3] https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/library/esma50-157-1391_crypto_advice.pdf

[4] A livello di standard sovrannazionali, ancora in fase di consolidamento, v. Financial Stability Board (FSB), High-level Recommendations for the Regulation, Supervision and Oversight of Crypto Activities and Markets. Final report, 17 luglio 2023; Bank for International Settlements (BIS), The crypto ecosystem: key elements and risks Report submitted to the G20 Finance Ministers and Central Bank Governors, luglio 2023. Recentissime anche le raccomandazioni dello International Organization of Securities Commission (IOSCO), Policy Recommendations for Crypto and Digital Asset Markets – Final Report, 16 novembre 2023.

[5] Esisteva già, anche prima del MiCAR, ampia letteratura sul tema. Si vedano, senza pretese di completezza, P. Hacker, C. Thomale, Crypto-Securities Regulation: ICOs, Token Sales and Cryptocurrencies under EU Financial Law, in ECFR, 2018; K. Langenbucher, European Securities Law – Are We in Need of a New Definition? A Thought Inspired by Initial Coin Offerings, in RTDF, 2018; I.M. Barsan, Legal Challenges of Initial Coin Offerings (ICO), in RTDF, 2017; P. Maume, M. Fromberger, Regulation of Initial Coin Offerings. Reconciling U.S. and E.U. Securities Laws, in Chic. J. Int. Law, 2019; P. Zickgraf, Initial Coin Offerings in P. Maume, L. Maute and M. Fromberger (eds), The Law of Crypto Assets, Monaco di Baviera, 2022. Su tutti questi temi v. ora il recentissimo commentario di S.  Kalls, Ch. Krönte, O. Völke, ,(eds.)  Crypto-Assets: MiCAR, DLT-Pilotregelung, MiFID II, Prospekt-VO, MAR, E-Geld-RL, GeldwäscheRL, Steuerrecht, KMAG-E, C.H- Beck, Manz, November 2024.

[6] Regolamento (UE) 2023/1114 relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 1095/2010 e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/1937.

[7] Per una prima disamina, v. M. Lehmann, MiCAR-Gold Standard or Regulatory Poison for the Crypto Industry?, EBI Working Paper Series 160, 2024; M. Lehmann, F. Schinerl, Drawing the borderline between MiFID and MiCAR, EBI Working Paper Series, 171, 2024 ora in Capital Markets Law Journal, 2024; cui adde P. Maume, The Regulation on Markets in Crypto-Assets (MiCAR): Landmark Codification, or First Step of Many, or Both?, in ECFR, 2023; T. van der Linden, T. Shirazi, Markets in crypto-assets regulation: Does it provide legal certainty and increase adoption of crypto-assets?, in Financial Innovation, 2023; R. Lener, Criptoattività e cripto valute alla luce degli ultimi orientamenti comunitari, in Giur. comm., 2023; S. L. Furnari, R.A. Lener, Contributo alla Qualificazione Giuridica dell’Offerta al Pubblico di Utility Token (Anche) alla Luce della Proposta di Regolamento Europeo sulle Cripto-Attivita, in Bocconi Legal Papers, 2023; N. Ciocca, Servizi di custodia, negoziazione e regolamento di cripto-attività, in ODCC, 2022; S. Capaccioli, M.T. Giordano (a cura di), Crypto-asset: Regolamento MiCA e DLT Pilot Regime. Analisi ragionata su token, stablecoin, CASP, Milano, 2023; T. Tomczak, Crypto-assets and crypto-assets’ subcategories under MiCA Regulation, in Capital Markets Law Journal, 2022; C. Gortsos, The Commission’s 2020 Proposal for a Markets in Crypto-Assets Regulation (‘MiCAR’): A Brief Introductory Overview, 2021. Più specifico e dedicato ai profili di accesso all’attività, M.T. Paracampo, I prestatori di servizi su cripto-attività. Tra mifidizzazione della MICA e tokenizzazione della Mifid, Torino, 2023. Sulle “mancanze” del Regolamento, D.A. Zetzsche, R. Buckley, D.W. Arner, M. Van Ek, Remaining Regulatory Challenges in Digital Finance and Crypto-Assets after MiCA (2023), https://ssrn.com/abstract=4487516.

[8] Si veda la sez. 3 di seguito.

[9] Definiti all’art. 4(1)(17) come quelle categorie di strumenti normalmente negoziati sul mercato monetario, come i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le carte commerciali, ad esclusione degli strumenti di pagamento. Questa definizione va tuttavia integrata con quanto prevede l’art. 11 del Regolamento delegato 2017/565, che vi include altri strumenti con caratteristiche sostanzialmente equivalenti, quando hanno un valore che può essere determinato in qualsiasi momento, non sono derivati e, riflettendo la natura a breve termine del mercato monetario, hanno una scadenza all’emissione di 397 giorni o meno.

[10] N. Moloney, EU Securities and Financial Markets Regulation, Oxford, 2023, 265; A. Hudson, The Law of Finance, 2013, 52; J. Armour, D. Awrey, P. Davies, L. Enriques, J.N. Gordon, C. Mayer, J. Payne, Principles of Financial Regulation, Oxford, 2016, 245; G. McMeel, J. Virgo (eds.), McMeel and Virgo on Financial Advice and Financial Products, Oxford, 2014.

[11] Nel corso degli anni, la nozione di strumento finanziario è stata oggetto di un controllo giudiziario molto limitato da parte dei tribunali dell’UE. Tra i pochi casi, si vedano, C-604/11 Genil 48 SL, Comercial Hostelera de Grandes Vinos SL contro Bankinter SA, Banca Bilbao Vizcaya Argentaria SA (ECLI:EU:C:2013:344) e C-312/14, Banif Plus Bank Zrt (ECLI:EU:C:2015:621).

[12] In questo senso, M. Lehmann, F. Schinerl, op. cit., 15 ss.

[13] V. già, in tal senso, il rapporto dell’Expert Group on Regulatory Obstacles to Financial Innovation (ROFIEG) (2019), 30 Recommendations on Regulation, Innovation And Finance, Final Report to the European Commission.

[14] EBA, Orientamenti sull’esclusione relativa alle reti limitate a norma della direttiva relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, 24 febbraio 2022, EBA/GL/2022/02.

[15] Direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015.

[16] Ci sia consentito, sul punto, il rinvio a F. Annunziata, Taxonomy Of Crypto-Assets and Financial Instruments: Where Do We Stand?, all’indirizzo: https://ssrn.com/abstract=4989905.

[17]https://www.esma.europa.eu/sites/default/files/2024-01/ESMA75-453128700-52_MiCA_Consultation_Paper_-_Guidelines_on_the_qualification_of_crypto-assets_as_financial_instruments.pdf

[18] Cfr. il Considerando 1 del Regolamento delegato (UE) 2017/568 del 24 maggio 2016 che integra la direttiva 2014/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione per l’ammissione degli strumenti finanziari alla negoziazione nei mercati regolamentati.

[19] Regolamento (UE) 2017/1131 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 sui fondi comuni monetari.

[20] Sul punto si veda il rapporto EBA sui tokenised deposits, dicembre 2024, reperibile all’indirizzo: https://www.eba.europa.eu/sites/default/files/2024-12/4b294386-1235-463f-b9b5-08f255160435/Report%20on%20Tokenised%20deposits.pdf.

[21] Si v. Orientamenti sui concetti chiave della direttiva sui fondi di investimento alternativi, 13 agosto 2013, ESMA/2013/611, 29 e 31.

[22] Nella direzione indicata, ad esempio, da M. Lehmann, F. Schinerl, op. cit., o del progetto guidato da R. Veil per una codificazione del diritto europeo del mercato dei capitali (v. il primo volume dei relativi studi, Regulating EU Capital Markets Union: Volume I: Fundamentals of a European Code, Oxford University Press, 2024 e, ivi, il contributo di J. Dibinski e K. Oplustil).

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