La controversia sottoposta alla cognizione del Collegio concerne la contestata violazione da parte dell’Intermediario degli obblighi di correttezza, buona fede e trasparenza nella prestazione del servizio di ricezione ed esecuzione di ordini per conto del cliente nell’ambito di una operatività effettuata attraverso la piattaforma di trading online dell’Intermediario, avente ad oggetto un ETC (Exchange Traded Commodity) su criptovalute (Bitcoin).
Il Ricorrente espone di essersi trovato, in data 6 gennaio 2021, nell’impossibilità di operare su un ETC su criptovalute, dopo che tra il 1° dicembre 2020 e il 4 gennaio 2021 aveva realizzato sullo stesso strumento una operatività in acquisto e vendita, sempre mediante la piattaforma di trading online dell’Intermediario, grazie alla quale aveva conseguito una plusvalenza di euro 1.500,00. In merito ai fatti oggetto delle sue doglianze in questa sede, il Ricorrente evidenzia che “la piattaforma […], senza che la banca mi abbia comunicato nulla, mi impedisce di vendere il prodotto in guadagno, né di acquistarlo per diverse volte, fino a quando un ordine di vendita viene accettato per un piccolo importo e, nuovamente, l’operatività viene impedita”.
Il Ricorrente aggiunge che non avendo più l’Intermediario consentito l’operatività sull’ETC, egli si è visto così costretto ad aprire un nuovo rapporto presso un intermediario terzo il quale, a trasferimento avvenuto, gli ha consentito di proseguire l’operatività in discorso.
L’Intermediario si è costituito presentando controdeduzioni nell’ambito delle quali eccepisce che nessuna responsabilità può essergli imputata, avendo inibito l’operatività sull’ETC in conseguenza del fatto che la Financial Conduct Authority (FCA) in data 6 gennaio 2021 con il Police Statement PS20/20 “ha fissato delle regole che vietano l’acquisto, il marketing e la distribuzione a tutti i consumatori al dettaglio di strumenti finanziari che fanno riferimento a criptovalute negoziate da aziende che agiscono in o dal Regno Unito”; aggiunge che “anche i broker utilizzati dalla Banca per la negoziazione di questi strumenti hanno deciso di applicare analoghe limitazione, nello specifico per l’acquisto di detti prodotti, fatta salva la possibilità di inviare ordini di vendita” e che “le preposte strutture…hanno pubblicato sulla piattaforma di trading l’avviso con il quale veniva informata la propria clientela che a seguito delle restrizioni emanate da autorità estera in merito al trading di strumenti finanziari riferiti a criptovalute, per la clientela retail, meritevole di maggiore tutela secondo le disposizioni vigenti, non sarebbe stata disponibile la negoziazione di tali strumenti, garantendo invece la negoziazione telefonica per la clientela professionale”.
L’Intermediario fa altresì notare che nelle clausole contrattuali sottoscritte dal Ricorrente “è esclusa la responsabilità della Banca per gli eventuali disservizi e/o pregiudizi che derivino al Cliente da: sospensione o cattivo funzionamento del servizio telefonico, postale o di erogazione dell’energia elettrica; serrate o scioperi, anche del Personale della Banca, ovunque verificatesi; impedimenti od ostacoli determinati da disposizioni di legge o da atti di autorità nazionali od estere; provvedimenti od atti di natura giudiziaria o fatti di terzi”.
Sulla scorta di quanto affermato dal controricorrente, l’ACF ha ritenuto di non accogliere il riscorso, in quanto la mancata vendita non può dirsi essere stata effetto del blocco dell’operatività come conseguenza delle restrizioni emanate dall’autorità britannica, poiché il blocco era riferibile solo a operazioni di acquisto e non anche di vendita.
Inoltre, stante il trend rialzista dell’ETC nel corso del mese di gennaio, non pare configurabile neanche una fattispecie di lucro cessante, oltre a doversi da ultimo considerare che quella prefigurata dal Ricorrente è una strategia operatività rilevabile essenzialmente ex post che, in quanto tale, non può dirsi idonea a dare idoneo fondamento alla domanda di ristoro formulata.