Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una forte correlazione tra il mercato azionario e il mercato obbligazionario. Questo perché l’attesa recessione a livello globale ha di fatto messo in discussione la possibilità che molti Paesi, caratterizzati da bassa crescita ed elevato indebitamento, possano far fronte ai propri debiti.
L’epicentro di questo nuovo capitolo della crisi finanziaria – iniziata nel 2008 negli Stati Uniti – è certamente l’Europa o, meglio, riguarda alcuni dei principali Paesi appartenenti alla zona Euro.
La crisi di fiducia in atto ha determinato per l’Italia un aumento del tasso di rendimento dei titoli di Stato fino all’attuale 6,65% circa (dato al 7 novembre 2011) per i BTP a 10 anni (record storico da quando è in vigore l’euro).
L’aspetto più rilevante, e allo stesso tempo più pericoloso, è che la curva dei rendimenti sta cominciando ad appiattirsi: in termini di rendimento annuo non c’è sostanziale differenza tra un BTP a 3 anni rispetto a un BTP con scadenza 5 o 10 dieci anni. Si tratta di un aspetto finanziario molto pericoloso, in quanto nel momento in cui si dovesse verificare una inclinazione negativa sui rendimenti (i titoli a breve rendono di più di un titolo con media-lunga scadenza), vorrà dire che il mercato sconta una probabilità di insolvenza più alta nel breve periodo.
Purtroppo il premio per il rischio Italia si è esteso (e non poteva essere altrimenti) anche sul sistema bancario italianoche in questo momento si trova a dover pagare tassi di rendimento sul mercato in linea, se non al di sopra, dei titoli emessi dal Tesoro. Più al riparo sembra, fino ad oggi, il sistema industriale italiano, specialmente per quelle aziende che hanno un business maggiormente diversificato a livello globale e meno dipendente dall’andamento della politica e dell’economia interna.
Di conseguenza, il rischio per il risparmiatore, in particolar modo quello italiano, è di avere un portafoglio poco diversificato a livello geografico e, al contrario, eccessivamente concentrato nel Paese in cui vive. Riteniamo che un portafoglio ben diversificato consenta in questo momento di cogliere alcune delle occasioni offerte dal contesto del mercato in cui ci troviamo.
Caso Grecia.
Dopo il falso allarme sulla possibilità di far decidere al popolo greco circa le sorti del debito, adesso sembra essere tornata più probabile l’eventualità che il Tesoro ellenico attui un haircut ossia un taglio del debito (pari a circa 350 miliardi di euro) in misura pari al 50% del valore nominale. Tuttavia, la forma sarà quella di un fallimento pilotato con l’adesione volontaria da parte dei creditori, altrimenti si tratterebbe di un vero e proprio default, con la conseguenza di far scattare le polizze che garantiscono contro un fallimento (i cosiddetti CDS), causando ulteriori guai al sistema bancario e finanziario.
In molti si chiedono: se il taglio sarà del 50% perché le obbligazioni quotano 30 e non 50?Perché il mercato pensa che il taglio del 50% avverrà sull’intero debito a prescindere dalla scadenza di ciascuna obbligazione. Il restante 50% del debito, probabilmente, verrà ristrutturato attraverso l’emissione di nuovi titoli con scadenze più lunghe e magari con un tasso di interesse cedolare non particolarmente elevato.
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