Con la presente sentenza la Cassazione prende posizione sull’elemento psicologico del reato di bancarotta preferenziale ed afferma che, per l’integrazione di tale ipotesi criminosa, “è richiesto il dolo specifico, costituito dalla volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione dell’eventualità di un danno per gli altri, secondo lo schema del dolo eventuale; ne consegue che tale finalità non è ravvisabile allorché il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia della attività sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa ritenersi più che ragionevolmente perseguibile”.
Con questa pronuncia la Corte ha fatto applicazione del costante orientamento secondo il quale il comma 3 dell’art. 216 l. Fall. punisce la condotta dell’amministratore che si autoliquidi somme a titolo di compenso, in danno della par condicio creditorum (fra le tante, Sez. V, 05 giugno 2018, n. 54465; Sez. V, 05 marzo 2014, n. 16983; Sez. V, 21 novembre 2013, n. 673).
In tale frangente, il discrimen fra bancarotta preferenziale e bancarotta fraudolenta per distrazione viene individuato dal fatto che l’amministratore percepisca una somma congrua rispetto al lavoro prestato, sicché la deminutio del patrimonio, non essendo illecita perché indebita o dettata da finalità depauperative, assume rilevanza penale a causa del pregiudizio dei creditori muniti di titolo preferenziale (in senso conforme, Sez. V, 10 luglio 2015, n. 48017; Sez. V, 16 aprile 2010, n. 21570; in senso contrario, sull’assunto in base al quale l’amministratore è vincolato alla società dall’obbligo di fedeltà e da quello della tutela degli interessi sociali, qualificano la condotta come distrattiva Sez. V, 17 luglio 2014, n. 47616; Sez. V, 30 maggio 2012, n. 25292. Sui reati di bancarotta e sul discrimine fra bancarotta preferenziale e bancarotta fraudolenta per distrazione, Bricchetti, Pistorelli, La bancarotta e gli altri reati fallimentari, Milano, 2011, 140; Carnuccio, I reati fallimentari, Padova, 2016, 150).
Di particolare interesse è l’interpretazione che la Corte fornisce dell’elemento soggettivo, consolidata nel richiedere il dolo specifico riguardo al favoreggiamento del creditore, ma ritenendo tuttavia sufficiente il dolo eventuale dell’accettazione del verificarsi di un pregiudizio in capo alla massa creditoria.
Ciò sull’assunto che l’opinione contraria, che richiede un dolo specifico composto, caratterizzato dalla duplice intenzione di favorire (animus favendi) e danneggiare (animus nocendi), finirebbe per rendere inoperante la fattispecie di bancarotta preferenziale, poiché difficilmente il fallito si prefigge anche il fine di danneggiare la massa creditoria, volendo più semplicisticamente il favoreggiamento di uno o più soggetti specifici (per un esame dei vari orientamenti Ambrosetti, Mezzetti, Ronco, Diritto penale dell’impresa, Bologna, 2012, 304; Cocco, sub art. 216 l. fall., in Palazzo, Paliero (a cura di), Commentario breve alle leggi penali complementari, Padova, 2007, 1203; Puccetti, Reati fallimentari, in Gaito, Ronco (a cura di), Leggi complementari, Torino, 2009, 2710).
Secondo l’orientamento dominante in giurisprudenza, il dolo eventuale rimane in ogni caso incompatibile con la finalità richiesta dalla fattispecie incriminatrice, oggetto di dolo specifico (in questo senso già Sez. I, 29 gennaio 1990, n. 5914; Sez. III, 12 marzo 2008, n. 15633; con riferimento anche ad ipotesi di dolo diretto Sez. I, 7 ottobre 2009, n. 41306. Sul punto Mantovani, Diritto penale. Parte generale, Padova, 2017, 320).