In tema di divieto di patto commissorio, l’art. 2744 cod. civ. persegue l’obiettivo di impedire che il debitore sottostia alla volontà del creditore, acconsentendo che il bene oggetto della garanzia venga trasferito al terzo come conseguenza del mancato pagamento del proprio debito, e si estende, dunque, a qualsiasi negozio che venga impiegato per raggiungere tal fine. Allo stesso modo, deve considerarsi nullo il patto con cui si conviene che il creditore possa trattenere direttamente il bene garantito fino a concorrenza del relativo credito, salvo che il suddetto procedimento preveda una stima del bene entro tempi certi e secondo modalità predefinite, che assicuri una valutazione imparziale del bene ancorata a parametri oggettivi.
Il Tribunale di Milano ha enunciato il seguente principio di diritto nel contesto di un’azione esperita da due soci di una società neo costituita, che avevano prestato un pegno sulla rispettiva quota sociale in favore del socio di maggioranza, a garanzia di un prestito emesso da detto socio alla società per l’acquisto di un immobile necessario per realizzare un determinato progetto sociale. A seguito dell’acquisto dell’immobile, la società rimaneva priva di fondi, e dunque impossibilitata a pagare il proprio debito. Pertanto, il socio di maggioranza, dopo aver deliberato la messa in liquidazione della società nell’assemblea dei soci, tratteneva la quota rappresentativa delle partecipazioni dei due soci di minoranza a garanzia del proprio credito.
I due soci debitori eccepivano la nullità del contratto di pegno, in quanto contrario al divieto di patto commissorio, nella parte in cui prevedeva la possibilità per il creditore, in caso di inadempimento da parte del debitore, di alienare a terzi il bene garantito, ovvero di trattenere il bene fino a concorrenza del relativo credito.
Sulla scorta del principio enunciato in premessa, il Tribunale di Milano ha accolto parzialmente le pretese attoree, dichiarando la nullità delle due clausole contenute nel contratto di pegno, ma chiarendo che tale nullità non pregiudica la validità del contratto di pegno, posto che la nullità di singole clausole contrattuali comporta la nullità del contratto solo laddove si dimostri che esse non abbiano un’esistenza autonoma, ma siano in correlazione inscindibile con il resto del contratto, circostanza questa che non risulta nel caso di specie. Il Tribunale di Milano ha pertanto dichiarato la nullità parziale del contratto di pegno, ma non dell’intero negozio giuridico, che rimane dunque pienamente valido ed efficace tra le parti.