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CRR 3: l’aggiornamento del Framework prudenziale di Basilea III

28 Agosto 2024

Michele Maugeri, Associate Partner, KPMG

Eleonora d’Elia, Associate Partner, KPMG

Giovanni Florian, Senior Manager, KPMG

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo si sofferma sulle novità introdotte dal Regolamento (UE) 2024/1623 (CRR 3 o CRR III), che ha recepito la riforma di Basilea III (c.d. Basilea 3+ o Basilea IV), con riferimento al trattamento dei rischi di credito, mercato, CVA e operativo, all’output floor e al calcolo dei fondi propri.


Con la pubblicazione del Regolamento (EU) 2024/1623, in data 31 Maggio sono stati approvati dai Presidenti del Parlamento e del Consiglio Europeo i testi definitivi dei Regolamenti n. 575/2013 (CRR) e della Direttiva 2013/36/EU (CRD) che recepiscono le novità normative contenute nella Riforma finale di Basilea III (comunemente conosciuta anche come “Basilea 3+” o “Basilea IV”), promossa a livello internazionale dal Comitato nel 2017.

I testi pubblicati all’interno della Gazzetta Ufficiale del 19 Giugno, prevedono la modifica del Regolamento sui requisiti patrimoniali e sui fondi propri con specifico riferimento al trattamento dei rischi di credito, mercato, CVA e operativo, al cosiddetto output floor e al calcolo dei fondi propri.

Questa ulteriore evoluzione e rafforzamento della regolamentazione prudenziale deriva dai risultati delle attività di Supervisione esperite nel tempo e quindi dalla necessità:

  • di ridurre la variabilità dei requisiti patrimoniali calcolati utilizzando i modelli interni, talvolta non giustificata dalle differenze tra i rischi sottostanti;
  • di incrementare l’affidabilità e la comparabilità dei coefficienti patrimoniali degli Istituti;
  • di introdurre un presidio dedicato sul cd. “rischio modello”.

Inoltre, è stato appurato che i metodi standardizzati attualmente utilizzati dalle Banche per calcolare i propri requisiti patrimoniali non tengono sufficientemente conto dei rischi cui le stesse sono esposte, ossia non sono adeguatamente sensibili al rischio, il che comporta requisiti patrimoniali non correttamente dimensionati.

L’entrata in vigore del testo definitivo del CRR 3 è stata confermata a partire dal 1.1.2025, ad eccezione di alcune previsioni di immediata applicazione a partire dal 9 Luglio us e della disciplina relativa ai rischi di mercato che è oggetto di differimento al 1 Gennaio 2026[1]. Tuttavia, considerando anche i vari periodi transitori e le disposizioni temporanee, il complesso delle nuove regole sarà pienamente operativo solo a partire dal 2033.

1. Le principali modifiche del CRR III

Il nuovo testo del CRR 3 modifica l’attuale framework normativo, dettagliando i principali interventi previsti dal Regolatore europeo in materia di determinazione dei requisiti patrimoniali obbligatori per gli Istituti di Credito, definendo l’introduzione del cosiddetto “output floor” e introducendo una serie di previsioni prudenziali non di stretta derivazione dal framework internazionale.

Di seguito, si riportano le principali modifiche[2]:

Rischio di Credito Standard

La revisione del metodo standardizzato mira ad aumentarne la sensibilità al rischio in relazione a talune esposizioni, al fine di garantire una maggiore adeguatezza nella misurazione del rischio di credito e, di conseguenza, nel calcolo dei requisiti di fondi propri.

La CRR 3 aggiorna l’attuale architettura delle esposizioni off-balance, prevedendo 5 nuovi bucket (in luogo dei 4 attuali) e introducendo un trattamento più stringente per gli impegni liberamente cancellabili (unconditionally cancellable committments, UCC), cui sarà applicato un credit conversion factor (CCF) del 10% in luogo dell’attuale 0%.

Tale novità riveste carattere significativo in termini di maggiori assorbimenti patrimoniali specie nel mercato italiano, dove si fa largo uso di queste tipologie di finanziamenti alle imprese e ai privati consumatori.

La principale novità è tuttavia rappresentata dall’inserimento nel perimetro prudenziale delle offerte inviate alla clientela ma non ancora accettate, per cui l’accettazione del cliente è vincolante per la Banca, per cui ad oggi la normativa non prevede alcun trattamento specifico ma che a partire dal 1 Gennaio 2025 dovranno essere ponderati con il medesimo fattore di conversione applicabile all’esposizioni fuori bilancio associata e dovranno, pertanto, essere inclusi nel perimetro di RWA[3].

Per le esposizioni al dettaglio, il legislatore allinea il trattamento dell’asset class delle esposizioni al dettaglio con quanto già previsto nei metodi IRB, in modo da garantire un’applicazione coerente dei corrispondenti fattori di ponderazione allo stesso insieme di esposizioni ed introduce un trattamento preferenziale di ponderazione del rischio del 45 % per le esposizioni rotative (es. carte di credito a saldo) che soddisfano una serie di condizioni di rimborso o di utilizzo in grado di ridurre il profilo di rischio (c.d. esposizioni transattive).

Inoltre, viene modificato il trattamento delle esposizioni verso Intermediari Vigilati introducendo il metodo standardizzato di valutazione del rischio di credito (c.d. Standardised Credit Risk Assesment – SCRA) per le esposizioni per le quali non è disponibile una valutazione del merito di credito da parte di un’ECAI prescelta che prevede l’assegnazione di uno specifico Risk Weight all’esito di una attività di assessment dedicata e incentrata sui livelli assunti da specifici indicatori prudenziali (i.e. CET1, T1 e Total Capital Ratio) e di leva finanziaria.

Una revisione dell’impianto interessa anche le esposizioni in strumenti di capitale dove vengono dettagliate ulteriormente le posizioni rientranti in tale asset class, con incremento dei fattori di ponderazione applicati, dall’attuale 100% al 250% per le esposizioni in equity e 400% per le esposizioni non quotate nei confronti di imprese di venture capital e private equity in previsione di significativi capital gain di breve termine.

In deroga a quanto sopra, è tuttavia prevista l’assegnazione di un fattore di ponderazione del rischio dello 0% alle esposizioni in strumenti di capitale verso Banche centrali che pertanto non concorrono più a produrre alcun assorbimento patrimoniale.

Contestualmente, l’attuale trattamento delle esposizioni in titoli di debito subordinato viene rivisto in coerenza con gli standard previsti nella Riforma di Basilea III, mediante applicazione di un fattore di ponderazione del rischio del 150 % agli strumenti di fondi propri subordinati (nella forma di strumenti di Tier 2) ovvero agli strumenti di debito subordinato MREL/TLAC eligible (quali, a titolo esemplificativo, gli strumenti senior non preferred).

Un ulteriore aspetto riguarda, poi, il c.d. Danish Compromise, che riduce l’assorbimento di capitale delle partecipazioni in compagnie di assicurazione. Il testo definitivo del CRR 3 prevede l’applicazione di un fattore di ponderazione del rischio di credito del 250%, sostanzialmente inferiore a quello attualmente previsto (RW=370%), rendendo la misura strutturale e non più temporanea.

Il trattamento della classe di esposizioni garantite da immobili mantiene la distinzione tra ipoteche su immobili residenziali e non residenziali, con l’introduzione di un ulteriore driver che prevede un trattamento specifico per i mutui ipotecari garantiti da immobili produttori di reddito (IPRE), ossia mutui ipotecari il cui rimborso dipende in misura rilevante dai flussi di cassa (nella forma di canoni leasing o locazione ovvero proventi della vendita) generati dall’immobile a garanzia.

Tali esposizioni ricevono un fattore di ponderazione differenziato sulla base del valore assunto dal rapporto tra il valore lordo dell’esposizione e valore dell’immobile a garanzia (ETV).

Tra le novità principali introdotte rientra un trattamento specifico per i prestiti che finanziano l’acquisizione, lo sviluppo o la costruzione (ADC) di immobili residenziali o non residenziali prevedendo una ponderazione differenziata (peggiorativa) dovuta al fatto che la fonte di rimborso al momento della concessione del prestito è costituita da una vendita pianificata, ma incerta, dell’immobile oppure da flussi di cassa sostanzialmente incerti. È, tuttavia, previsto un trattamento prudenziale favorevole qualora l’esposizione ADC sia relativa ad un immobile residenziale e siano rispettate talune condizioni[4].

Conseguentemente, viene soppresso l’attuale trattamento dedicato per le esposizioni connesse a rischi particolarmente elevati (c.d. portafoglio di esposizioni ad “alto rischio”) che prevedeva l’applicazione di un RW del 150% ai “finanziamenti per immobili a fini speculativi” e agli investimenti di imprese di venture e private equity.

In ultimo, in linea con quanto già previsto dal legislatore nei metodi basati sui rating interni, la CRR 3 amplia ulteriormente il perimetro delle asset class regolamentari per il metodo standardizzato, prevedendo l’introduzione all’interno del preesistente portafoglio regolamentare di esposizioni verso Imprese della classe di finanziamenti specializzati.

Sono previsti due metodi generali per l’identificazione dei fattori di ponderazione del rischio applicabili alle esposizioni specializzate, uno per le esposizioni provviste di rating esterno e uno per quelle sprovviste di rating esterno, garantendo in quest’ultimo caso un trattamento ai fini patrimoniali favorevole per la classe di finanziamenti di progetti o a destinazione specifica che beneficiano di una gestione prudente e conservativa dei rischi finanziari associati, rispettando una serie di criteri in grado di abbassare il loro profilo di rischio ad un livello di “qualità elevata”.

Va necessariamente rammentato che, sebbene non direttamente esplicitato nel corpus normativo, le modifiche regolamentari appena dettagliate richiederanno altresì l’aggiornamento del calcolo degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio per gli strumenti sottostanti agli OIC detenuti nel banking book in caso di adozione dell’approccio look-through ovvero del Regolamento di Gestione.

Il testo definitivo del CRR 3 è nel complesso fedele agli standard elaborati dal Comitato di Basilea, benché con talune deviazioni, tra le quali vi è la conferma dell’applicazione del c.d. SME supporting factor per le esposizioni verso una PMI inclusa nella classe delle esposizioni al dettaglio o nelle classi delle esposizioni verso imprese o garantite da ipoteche su beni immobili (ma escluse le esposizioni ADC) e dell’infrastructure supporting factor per le esposizioni verso imprese (ICSF).

Le modifiche attinenti al metodo standardizzato in precedenza riassunte riguardano non solo le Banche che adottano tali metodi ai fini di primo pilastro ma anche quelle che adottano i metodi IRB per via dell’introduzione del c.d.output floor”.

È tuttavia previsto un articolato regime transitorio ovvero di clausole di grandfathering (es. partecipazioni strategiche detenute da un lasso di tempo predefinito in società e imprese di assicurazione soggette ad influenza notevole) che consentiranno di dilazionarne i suddetti impatti patrimoniali ed attuare le opportune azioni gestionali al fine di contenere gli impatti negativi, con specifico riferimento alle esposizioni in strumenti di capitale e ai CCF per le esposizioni fuori bilancio.

Rischio di Credito IRB

Quanto all’approccio IRB il Regolatore è intervenuto sull’attuale framework di vigilanza, limitando le classi di esposizioni per le quali è ammissibile il ricorso alla metodologia IRB avanzata (A-IRB), come nel caso delle esposizioni verso grandi imprese ed esposizioni verso Intermediari Vigilati o soggetti di altri settori finanziari, dove sarà consentito esclusivamente il ricorso al metodo IRB di base (F-IRB) con possibilità di stimare internamente soltanto la PD, oppure nel caso delle esposizioni in strumenti di capitale dove il metodo IRB non è più ammesso.

Nell’ottica di garantire che i livelli di assorbimento patrimoniale siano sufficientemente prudenti, attenuando così il rischio di modello e migliorando la comparabilità dei coefficienti, è stato previsto l’aggiornamento dei valori minimi utilizzati per le stime interne della PD per le esposizioni al dettaglio, e sono stati introdotti contestualmente nuovi limiti (cd. input floor) per i valori di LGD e CCF.

Il nuovo Regolamento CRR 3 modifica, altresì, l’ambito di applicazione e i metodi di calcolo per l’ottenimento delle stime interne dei CCF utilizzati per stabilire il valore dell’esposizione degli elementi fuori bilancio, prevedendo l’utilizzo di un periodo fisso di 12 mesi antecedenti il default per la stima interna dei CCF e consentendo il ricorso a stime interne soltanto per gli impegni per i quali il corrispondente CCF standardizzato è inferiore al 100 %.

Va infine menzionata la soppressione del “fattore di graduazione dell’1,06” nella formula del fattore di ponderazione del rischio, che semplifica così il calcolo e annulla l’aumento della calibrazione del 6% nei fattori di ponderazione del rischio basati sui rating interni che si applicano nel quadro attuale.

Gli ambiti di intervento prioritari che le Banche A-IRB sono tenute ad indirizzare possono quindi essere ricondotti alla revisione delle metriche di misurazione e monitoraggio dei parametri di rischio, con particolare riferimento:

  • all’adeguamento del modello PD Large Corporate a seguito delle nuove regole di segmentazione che comportano un diverso perimetro di sviluppo;
  • all’adeguamento dei modelli LGD post rimozione delle esposizioni appartenenti al segmento Large Corporate e considerando il diverso trattamento dei drawings after default nel calcolo della realised LGD;
  • all’adeguamento del perimetro di applicazione dei CCF stimati internamente limitato esclusivamente agli impegni cd. rotativi[5];
  • all’aggiornamento dei parametri di rischio in seguito alla ricalibrazione dei valori di input floor PD da applicare alle esposizioni QRRE e all’adozione di nuovi valori di input floor LGD per esposizioni verso imprese e al dettaglio.

Dovranno altresì identificare gli ambiti di intervento che richiedono una ristima dei parametri di rischio rispetto a quelli dove è richiesta una ricalibrazione.

Infine, dal punto di vista informatico, oltre a dover recepire gli interventi metodologici all’interno dei motori di calcolo degli RWA A-IRB, dovrà essere posta particolare attenzione agli aspetti di system integration.

Credit Risk Mitigation (CRM)

Nell’ambito delle tecniche di attenuazione del rischio di credito (Credit Risk Mitigation, CRM) sono stati rivisti i coefficienti di scarto di garanzia applicabili alle garanzie reali finanziarie nell’ambito del metodo integrale, così come i valori delle LGD garantite e i coefficienti di scarto di garanzia applicabili alle esposizioni trattate secondo il metodo F-IRB.

Inoltre, sempre in relazione alle garanzie reali finanziarie, è stata esplicitata la possibilità di applicare il metodo look-through agli OIC acquisiti a titolo di protezione del credito, in alternativa all’adozione del fall-back approach o del Regolamento di Gestione. Le Banche che dispongono di consistenti garanzie reali finanziarie saranno quindi incentivate alla definizione di un processo che permetta l’adozione del look-through in ragione della potenziale riduzione degli assorbimenti patrimoniali attesi derivante da una più puntuale valutazione dell’ammissibilità dello strumento sottostante l’OIC.

Tra gli altri interventi in ambito CRM, vale la pena menzionare l’intento del Regolatore di ridurre l’impatto degli effetti ciclici sulla valutazione di immobili a garanza di prestiti.

In tale contesto, è previsto che in caso di una rivalutazione oltre il valore al momento della concessione del prestito, il valore dell’immobile non possa superare il valore medio misurato per tale immobile o per un immobile comparabile negli ultimi anni, ovvero il valore di perizia dell’immobile a seconda di quale sia il più alto, distinguendo l’orizzonte temporale di riferimento in funzione della tipologia di immobile (commerciale o residenziale).

È previsto che il valore dell’immobile possa superare tale valore nel caso in cui siano state apportate modifiche che ne aumentino inequivocabilmente il valore quali miglioramenti della prestazione energetica o miglioramenti della resilienza, della protezione e dell’adattamento ai rischi fisici dell’edificio o dell’unità abitativa.

L’obiettivo del Regolatore è quindi quello di “premiare”, nella determinazione della perizia dell’immobile, gli asset che dispongono di caratteristiche strutturali che garantiscono elevati standard di efficienza energetica e che riducono gli impatti derivanti da potenziali eventi climatici estremi nonché che dispongono di coperture assicurative non limitate agli eventi di incendio e scoppio.

Sempre in materia di revisione del valore del bene immobile a garanzia, è infine demandato agli Enti di aggiornare gli attuali processi di monitoraggio del valore delle garanzie immobiliari verificando se gli effetti connessi alle variabili ambientali possano aver diminuito il valore della proprietà in modo sostanziale rispetto ai prezzi di mercato.

Alla luce di quanto sopra indicato, appare evidente l’importanza di rivedere i processi di gestione e monitoraggio delle garanzie, in particolare sul portafoglio garantito da immobili, nonché revisionare il processo di allarme per garantire che i nuovi requisiti di ri-perizia siano rispettati.

Rischio Operativo

Con riferimento al calcolo dei requisiti patrimoniali sul rischio operativo, il testo definitivo del 19 Giugno u.s. prevede un uniconon-model based approach” (SA, Standardized Approach) come definito dalla riforma del Comitato. Tale approccio trova la sua genesi nella scarsa risk-sensitivity dei vigenti metodi BIA/TSA e nella difficile comparabilità, ampiezza delle prassi osservabili e potenziale erraticità dei metodi interni AMA. Con riferimento al rischio operativo, pertanto, non sarà più consentito utilizzare i modelli interni.

Il metodo di calcolo sarà quindi unico per tutti gli Istituti di credito indipendente dalla dimensione degli stessi e dal modello di business.

La proposta “plain vanilla” del Comitato di Basilea per il nuovo metodo standardizzato prevedeva la combinazione:

  • di un indicatore che si basa sulle dimensioni dell’attività dell’Istituto di credito (componente dell’indicatore di attività o BIC), ottenuto a partire dalla somma delle componenti (BI) di interesse e dividendi (ILDC), servizi (SC) e finanziarie (FC) medie dei tre anni e corrette per un coefficiente incrementale Beta dipendente dalla dimensione del BI dell’impresa stessa
  • con una Loss Component da cui deriva un coefficiente c.d. ILM (Internal Loss Multiplier), rappresentativo del profilo di rischiosità osservata dell’intermediario in quanto stimato sulla base della serie storica delle perdite operative registrate.

Un approccio così definito avrebbe dovuto garantire un dimensionamento maggiormente accurato dei requisiti patrimoniali assicurando una correlazione con il profilo di rischio dell’intermediario, non facendo venir meno l’incentivo a dotarsi di un framework robusto di gestione dei rischi operativi e riducendo i c.d. sunk cost sostenuti per implementare dei framework TSA e AMA compliant.

Tuttavia, nel testo definitivo del CRR 3 è stato previsto di porre la componente ILM pari ad 1, di fatto sterilizzando l’effetto sul calcolo del capitale regolamentare dei dati storici sulle perdite operative per tutti gli Istituti di credito nell’UE.

In aggiunta, nel disciplinare le modalità di calcolo del capitale regolamentare in applicazione del nuovo metodo standardizzato, la CRR 3 definisce specifici requisiti normativi per l’implementazione del framework di gestione del rischio operativo, in precedenza non binding per le Banche che adottavano i metodi BIA.

Per gli Istituti con BIC pari o superiore a 750 milioni di euro è richiesto di calcolare e rendicontare i livelli di perdita storica degli ultimi 10 anni.

In sintesi, quindi, il testo introduce significative novità in materia di calcolo e gestione del rischio operativo. I potenziali impatti di carattere organizzativo e sui processi aziendali saranno rilevanti per le Banche che oggi adottano il metodo BIA, ed in particolare per quelle di elevate dimensioni (sopra la soglia del BI di 750 milioni ovvero 1 miliardo di euro) che dovranno in aggiunta alla definizione e manutenzione di un framework di gestione del rischio operativo garantire una Loss Data Collection sulla base di articolati ed elevati standard qualitativi. Per le Banche che adottano oggi il TSA gli interventi da programmare potrebbero dover riguardare gli affinamenti al processo di Loss Data Collection (es. modalità di raccolta degli eventi non standard, tecniche di consolidamento dei dati a livello di Gruppo)[6]. Diversamente le Banche che oggi sono autorizzate ad adottare i metodi AMA continueranno ad agire il proprio framework senza necessità di programmare iniziative evolutive connesse alla introduzione del CRR 3.

Rischio di CVA e Mercato

Nell’ottica di migliorare la sensibilità e la resilienza al rischio, il legislatore è intervenuto con riferimento al rischio di Credit Valuation Adjustment (CVA) introducendo tre nuove metodologie: l’approccio standardizzato (“SA-CVA”), un approccio “base” (“BA CVA”) e il Simplified Approach (quest’ultimo applicabile solo se rispettate determinate condizioni così come specificate in normativa).

Il SA-CVA, per cui le Banche devono richiedere l’approvazione all’Autorità di Vigilanza, continua ad essere l’approccio più sensibile al rischio, basandosi sulle stime delle sensitivities relative ai risk factors. Sebbene sia classificato come approccio standard, le Banche possono adottare tale approccio solo se soddisfano determinati requisiti in materia di dati, modellistica e governance.

Il calcolo del requisito di capitale nell’ambito del BA-CVA utilizza invece come parametri di input l’Exposure at Default (EAD) calcolata per il rischio di controparte ed i risk weights che dipendono dal settore in cui operano le controparti e dal merito creditizio.

Il BA-CVA presenta una versione Reduced” e una “Full”, che comportano due regole di calcolo differenti. La versione Full è adottata da Banche che svolgono attività di copertura diretta della componente di aggiustamento del Fair Value relativa al CVA con strumenti eligible quali single-Same CDS o Index CDS. La versione Reduced è finalizzata a quelle Banche che non effettuano coperture dirette del CVA, introducendo pertanto della semplificazione della metrica[7].

Va, tuttavia, precisato che il testo conferma la possibilità di escludere dal calcolo le esposizioni con una Controparte Centrale qualificata e con un clearing broker. Inoltre, possono essere escluse dal calcolo le operazioni infragruppo e le operazioni con soggetti non finanziari, quest’ultime solo se i nozionali rispettano determinati requisiti previsti dalla normativa.

In riferimento al Rischio di Mercato, il CRR 3 sottopone gli Istituti dinanzi a nuove sfide soprattutto a livello metodologico e nell’ottica di aggiornare i processi di classificazione delle attività nei portafogli regolamentari e di monitorare costantemente la correttezza di tale categorizzazione. Le Banche che decideranno di adottare modelli interni per il calcolo del capitale, dovranno predisporre adeguati sistemi e infrastrutture dati al fine di rispettare i requisiti generali quantitativi e qualitativi previsti dalla normativa.

A seguito dell’adozione in data 24 Luglio del c.d. “delegated act” da parte della Commissione Europea, è stato confermato il posticipo della data di applicazione degli own funds requirements all’01/01/2026 per far fronte alle significative differenze tra UE e paesi terzi nell’implementazione delle regole per il calcolo del requisito patrimoniale che si verrebbero a creare in caso di adozione immediata del framework FRTB.

2. L’introduzione dell’Output Floor

Tra i principali elementi innovativi del nuovo Regolamento (CRR 3) rientra l’introduzione di una soglia (c.d. output floor) con l’obiettivo di contrastare il possibile effetto di sottostima dei requisiti di fondi propri calcolati utilizzando modelli interni connesso a difetti o debolezze degli stessi e garantendo, indirettamente, un presidio regolamentare al c.d. Model Risk.

Nello specifico, le Banche che adottano i modelli interni per calcolare le esposizioni ponderate per il rischio non potranno ridurre le proprie esposizioni ponderate complessive (Unfloored Total Risk Exposure, U-TREA) al di sotto del 72,5% delle esposizioni ponderate per il rischio che sarebbero state ottenute utilizzando i soli metodi standardizzati (Standardised Total Risk Exposure, S-TREA)[8].

Pertanto, l’output floor agisce come backstop prudenziale al dimensionamento degli attivi ponderati per il rischio calcolati tramite i modelli interni e risulta quindi complementare al Leverage ratio che contiene lo sviluppo della leva basato su rwa density contenute.

Nella testo definitivo del 19 giugno, il calcolo dell’output è previsto unicamente a livello consolidato.

In termini di transizione al nuovo standard prudenziale, per le Banche che adottano i modelli interni, l’introduzione dell’output floor è la componente progettuale che assorbe maggiori risorse in quanto necessita di definire un processo di calcolo dedicato a livello consolidato, richiedendo, al contempo, il coinvolgimento delle controllate che dovranno fornire specifiche informazioni addizionali con tempistiche prefissate.

3. Modifiche normative in vigore dal 9 Luglio 2024

Nel testo definitivo del CRR 3 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, il legislatore ha, altresì, definito talune disposizioni che le Banche sono già tenute a recepire immediatamente, quindi in anticipo rispetto dell’effettiva entrata in vigore del complesso delle norme (1 Gennaio 2025).

Tra le principali novità normative si segnala:

  • il ripristino parziale del c.d. ‘filtro prudenziale’ introdotto con il Regolamento (EU) 2020/873 che consentiva alle Banche di sterilizzare temporaneamente gli effetti sui fondi propri dei profitti e delle perdite non realizzati in relazione alle esposizioni in titoli di Stato valutate al Fair value OCI fino al 31.12.2025. Per l’adozione di tale trattamento, resta fermo l’obbligo di informare l’Autorità di Vigilanza almeno 45 giorni prima della data d’invio delle segnalazioni di vigilanza;
  • con riferimento al concetto di impresa strumentale, viene esteso l’attuale perimetro prevedendo l’inclusione delle casistiche dove la controllata svolga attività di leasing operativo, proprietà o gestione di beni, prestazione di servizi di elaborazione dati o qualsiasi altra attività, nella misura in cui tali attività siano accessorie all’attività bancaria. La modifica del perimetro di consolidamento prudenziale può determinare da subito rilevanti impatti anche sugli altri profili regolamentari (es. Nuova definizione di default, NSFR, etc);
  • per le Banche che hanno ricevuto l’autorizzazione all’utilizzo dei modelli interni, è stato prolungato il regime transitorio sulle correzioni alla stima della LGD in caso di vendita su larga scala di esposizioni in stato di default (cd. massive disposal) fino alla data del 31 dicembre 2024;
  • infine, è stato esteso il regime transitorio sulle esposizioni verso le amministrazioni centrali e le Banche centrali degli Stati membri qualora denominate e finanziate in una valuta di un altro Stato membro fino al 31.12.2026.

4. Conclusioni

L’attuale disciplina prudenziale ha evidenziato carenze circa la variabilità delle stime degli assorbimenti patrimoniali calcolati secondo i modelli interni, la comparabilità e la sensibilità al rischio delle metriche standardizzate.

Le disposizioni adottate dal nuovo framework regolamentare sul Rischio di Credito, CVA, Mercato e Operativo agiscono in tal senso revisionando l’attuale impianto di quantificazione dei requisiti patrimoniali.

L’impatto delle modifiche regolamentari è oggetto ormai da diversi anni di monitoraggio periodico da parte del Comitato di Basilea a livello globale e dell’Autorità Bancaria Europea (EBA) a livello europeo. La comprensione degli impatti sui ratio patrimoniali è stata curata nel tempo dalla maggior parte degli intermediari che adottano i modelli interni anche per via di tali analisi condotte mediante numerosi QIS (Quantitative Impact Study).

La più recente analisi pubblicata dall’EBA a settembre 2023, condotta su un campione di c.a 160 Banche[9], ha stimato un aumento medio ponderato dei requisiti minimi di capitale per le Banche europee che adottano modelli interni, a regime, di circa il 13% del Tier 1.

Tali stime non considerano gli ulteriori potenziali impatti derivanti dagli adeguamenti normativi pubblicati nelle più recenti versioni normative e quelli che saranno ricompresi nella versione definitiva del Regolamento. Inoltre, vale la pena evidenziare come gli impatti sono soggetti ad una significativa variabilità che dipende dalle caratteristiche di ciascun Istituto.

Per le Banche che adottano i modelli interni, gli effetti dell’output floor sulla posizione patrimoniale possono essere valutati come negligible in sede di prima adozione al 2025 mentre è da ritenersi estremamente variabile tra i diversi Istituti su base fully-phased (al 2030).

Per le Banche che adottano gli approcci standardizzati sul credito, la traiettoria degli RWA dipende dalla composizione delle asset class ed è possibile ipotizzare dei saving patrimoniali su base transitional ed un incremento delle dotazioni patrimoniali minime su base fully phased.

Per le Banche che adottano i modelli avanzati sul rischio di credito, la traiettoria degli RWA dipende dall’effetto combinato di taluni interventi che generalmente implicano un incremento degli RWA (es. adozione metodologia F-IRB per talune esposizioni) con altri che implicano una diminuzione degli RWA (es. rimozione del fattore incrementativo del 6% dei RW).

In relazione ai requisiti patrimoniali sul rischio operativo è possibile prevedere una ampia dispersione degli impatti tra le Banche a livello domestico, con direzionalità differenti tra Istituti di contenute e medie dimensioni e i grandi Gruppi Bancari, nonché tra Banche che adottano i metodi BIA/TSA e le Banche con i modelli interni. Tuttavia, l’esercizio della discrezionalità riguardante la sterilizzazione degli effetti dell’ILM ha significativamente ridotto la variabilità.

È ragionevole prevedere per le Banche di piccole e medie dimensioni che adottano i metodi BIA un potenziale saving di capitale derivante dall’utilizzo di un coefficiente beta del 12% in luogo dell’attuale 15% in qualche misura compensato dalla rivista configurazione del BIC rispetto al c.d. “Indicatore Rilevante” come definito oggi dalla CRR.

Per le Banche di maggiori dimensioni, diversamente in ragione del prevalente utilizzo dei metodi TSA e AMA, è atteso un incremento dei requisiti di capitale.

In tale contesto, si osserva che numerosi Istituti che adottano i modelli interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali hanno già attivato specifiche progettualità pluriennali per indirizzare la transizione alle nuove regole di Basilea 3. Per gli altri Istituti l’attivazione è progressiva e dipende anche dalle complessità che ciascun Istituto sarà chiamato a gestire per la transizione ai nuovi requisiti.

 

[1] Commission Delegated Regulation of 24.7.2024 amending Regulation (EU) No 575/2013 of the European Parliament and of the Council with regard to the date of application of the own funds requirements for market risk (in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale).

[2] Si specifica che l’elenco ivi riportato è da intendersi una sintesi non esaustiva delle principali modifiche.

[3] Con riferimento alle esposizioni fuori bilancio, l’EBA ha pubblicato il “Consultation paper on draft RTS on the allocation of off-balance sheet items and UCC considerations under CRR 3” finalizzato a definire i criteri per l’assegnazione degli «altri elementi fuori bilancio» non già inclusi nell’allegato I della CRR e ad individuare i fattori che potrebbero potenzialmente limitare la capacità degli enti di annullare gli impegni liberamente cancellabili. La consultazione su tale RTS si è chiusa in data 4 Giugno

[4] Sul tema, l’EBA ha pubblicato le “Draft Guidelines on ADC exposures to residential property under Article 126a of Regulation (EU) 575/2013” che definiscono i criteri e le soglie da attenzionare per l’assegnazione di un fattore di ponderazione favorevole del 100% alle esposizioni ADC residenziali. Il documento è tuttora in consultazione (scadenza 19 Agosto).

[5] Un impegno è considerato “rotativo” qualora consenta al debitore di ottenere un prestito nel contesto del quale il debitore stesso ha la flessibilità di decidere con quale frequenza e con quali intervalli di tempo utilizzare il prestito, consentendogli di utilizzare, rimborsare e riutilizzare prestiti ad esso anticipati. Gli accordi contrattuali che consentono pagamenti anticipati e successivi riutilizzi di tali pagamenti anticipati sono considerati rotativi.

[6] Sul tema, l’EBA ha pubblicato il “Consultation paper on draft RTS on operational risk loss” che definisce i criteri per la raccolta e la registrazione delle perdite in operative. Il documento è tuttora in consultazione (scadenza 30 Settembre)

[7] Con riferimento al CVA, l’EBA ha pubblicato il “Consultation Paper on draft RTS on CVA risk of SFTs” che definisce i criteri e il perimetro di esposizioni derivanti da operazioni di finanziamento tramite titoli a valore equo classificabili come «sostanziali» ai fini CVA. Il documento è tuttora in consultazione (scadenza 8 Ottobre)

[8] Come già osservato in ambito Rischio di Credito, anche per l’output floor la CRR 3 prevede l’adozione di un regime transitorio che consentirà, nel periodo 2025-2029, l’applicazione progressiva del valore floor definito, consentendo potenzialmente alle Banche di ridurre l’impatto derivante dal ricalcolo a standard delle esposizioni.

[9]https://www.eba.europa.eu/publications-and-media/press-releases/eba-second-mandatory-exercise-basel-iii-full-implementation

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Eleonora d’Elia, Associate Partner, KPMG

Giovanni Florian, Senior Manager, KPMG

Il presente contributo si sofferma sulle novità introdotte dal Regolamento (UE) 2024/1623 (CRR III), che ha recepito la riforma di Basilea III (c.d. Basilea 3+ o Basilea IV), con riferimento al trattamento dei rischi di credito, mercato, CVA e operativo,
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