Curatore fallimentare
Come accennato in diverso articolo del medesimo Autore (cfr. contenuti correlati), anche il curatore fallimentare è stato interessato dalle novità introdotte dal decreto legge 27 giugno 2015, n. 83, con modifiche finalizzate alla trasparenza nei criteri di nomina e alla celerità della procedura. In particolare, sono stati rivisti i requisiti per la nomina: non sono più due, bensì cinque gli anni per la rilevazione di eventuali conflitti d’interessi, così come non potrà più essere nominato curatore chi abbia svolto la funzione di commissario giudiziale in una procedura di concordato preventivo che abbia coinvolto il medesimo debitore, ovvero faccia parte di un’associazione professionale con il soggetto che abbia svolto tale funzione. Inutile dire che, sempre a giudizio di chi scrive, tale norma vorrebbe evitare il ripetersi di distorsioni e abusi che purtroppo hanno caratterizzato alcune procedure di concordato preventivo negli anni, con commissari giudiziali autori di relazioni penalizzanti per la società debitrice in quanto maggiormente interessati alla successiva nomina a curatori più che al buon esito della procedura stessa.
Inoltre, il Legislatore ha previsto che il curatore debba possedere una struttura organizzativa e risorse cha appaiano adeguate per il rispetto dei termini previsti dal programma di liquidazione, imponendo anche al tribunale di valutare ciò, motivando in modo specifico, nella sentenza dichiarativa di fallimento, la sussistenza dei requisiti di nomina, e tenendo altresì conto delle eventuali indicazioni espresse dai creditori nel procedimento per la dichiarazione di fallimento di cui all’art. 15 l.fall.
A ciò si aggiunga che, ai sensi del decreto legge in esame, è istituito presso il Ministero della Giustizia un registro nazionale per raccogliere i provvedimenti di nomina dei curatori, dei commissari giudiziali e dei liquidatori, con l’annotazione dei provvedimenti di chiusura dei fallimenti e di omologazione dei concordati, nonché l’ammontare dell’attivo e del passivo delle procedure chiuse, con possibilità per il pubblico di accedervi in via telematica.
Non vi è dubbio che tali novità sono tutte nell’ottica di una maggiore chiarezza e trasparenza nei processi di nomina dei curatori, che purtroppo non sempre hanno caratterizzato le decisioni in materia.
Inoltre, il Legislatore ha posto la propria attenzione sulla durata dei fallimenti, e in particolare sulla mancanza di celerità nel programma di liquidazione. Così, con le novità introdotte, il curatore dovrà predisporre il programma di liquidazione da sottoporre all’approvazione dei creditori entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario e, in ogni caso, non oltre centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento, pena la possibilità di essere revocato per giusta causa in caso di mancato rispetto del termine senza giustificato motivo. In più – e forse questa è la novità più rilevante sul punto – il programma di liquidazione dovrà specificare il termine entro il quale sarà ultimata la liquidazione dell’attivo, che non potrà in ogni caso eccedere i due anni dalla sentenza dichiarativa di fallimento (fatta salva la possibilità per il curatore di indicare, in maniera motivata, la necessità di un termine maggiore, seppur limitatamente a specifici cespiti dell’attivo). Anche in tal caso, il mancato rispetto dei termini previsti dal programma di liquidazione senza giustificato motivo rappresenta una giusta causa di revoca del curatore.
Da ultimo, sempre per incentivare una maggiore celerità nei fallimenti, il nuovo art. 118 l.fall. consente di chiudere la procedura fallimentare anche in pendenza di giudizi, per i quali il curatore mantiene comunque la legittimazione processuale, con peraltro la previsione di una specifica disciplina per quanto concerne le somme necessarie per le spese future. Allo stesso tempo, il giudice delegato e il curatore restano in carica solo ai fini di cui sopra, per come previsto dall’art.120 l.fall. novellato.
Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria
L’ultima e rilevante novità in materia fallimentare è rappresentata dall’introduzione di due nuovi strumenti giuridici: un particolare accordo di ristrutturazione dei debiti applicabile qualora il monte debitorio sia rappresentato per almeno la metà dell’indebitamento da debiti verso banche e intermediari finanziari, nonché una convenzione di moratoria con i medesimi soggetti (art. 182-septies l.fall.).
Solitamente, nella prassi, accade che il ceto creditorio nomini un proprio advisor e negozi con il debitore, in maniera il più possibile compatta, un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.fall., che, lo si ricorda, è un contratto di natura privatistica e non una procedura concorsuale, cosicché è vincolante solo ed esclusivamente per i creditori aderenti. Molte volte, pertanto, è capitato che alcuni creditori finanziari – solitamente soggetti stranieri o piccole banche nel panorama nazionale, ma non solo – si siano “sfilati” dalle negoziazioni, avvantaggiandosi indebitamente (in virtù del pagamento integrale per i creditori estranei all’accordo, come previsto dall’art. 182-bis l.fall.) del sacrificio economico delle altre banche o intermediari finanziari creditori.
Così, il nuovo accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-septies l.fall. è stato introdotto per evitare tali distorsioni, consentendo al debitore di chiedere che gli effetti dell’accordo sottoscritto con i creditori finanziari sia esteso anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, purché siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede, e i crediti delle banche e degli intermediari finanziari aderenti rappresentino il settantacinque per cento dei crediti della categoria. La norma precisa, inoltre, che i creditori ai quali il debitore può chiedere l’estensione degli effetti dell’accordo sono considerati soggetti aderenti all’accordo ai fini del raggiungimento della soglia del sessanta per cento di cui al primo comma dell’art. 182-bis l.fall.
Alla luce di quanto precede, più che a un accordo di ristrutturazione dei debiti il nuovo strumento giuridico assomiglia maggiormente a un mini concordato preventivo, in virtù dell’esistenza del principio di maggioranza e della falcidia di una quota di creditori dissenzienti, caratteristiche tipiche delle procedure concorsuali.
Sempre al fine di evitare che alcuni creditori finanziari si avvantaggino impunemente della situazione, il nuovo articolo dispone in modo specifico che non si tenga conto delle ipoteche giudiziali iscritte dalle banche o dagli intermediari finanziari nei novanta giorni antecedenti alla data di pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese.
Infine, il nuovo articolo 182-septies l.fall. disciplina gli adempimenti pubblicitari e i procedimentali necessari. In particolare, è previsto l’obbligo di notifica del ricorso e della documentazione di cui all’articolo 182-bis l.fall. alle banche e agli intermediari finanziari ai quali è richiesta l’estensione degli effetti dell’accordo medesimo, con il termine per proporre opposizione decorrente proprio dalla data di notificazione del ricorso. Il tribunale procede con l’omologazione una volta accertato che le trattative si siano svolte in buona fede, le banche e gli intermediari finanziari ai quali il debitore ha chiesto l’estensione dell’accordo presentino posizioni e interessi economici omogenei rispetto agli aderenti, abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, nonché sull’accordo e sui suoi effetti e siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative. Inoltre, i soggetti obbligati ad aderire dovranno poter essere soddisfatti, in base all’accordo, in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente applicabili.
Le finalità che hanno condotto all’introduzione del nuovo accordo di ristrutturazione sono alla base anche del secondo strumento giuridico di cui all’art. 182-septies l.fall., ovverosia la convenzione di moratoria temporanea dei crediti nei confronti di banche o intermediari finanziari.
Anche in tal caso si tratta di una novità che deriva da situazioni sorte nella prassi, in quanto è spesso accaduto che nella fase prodromica alla negoziazione degli strumenti giuridici per la soluzione alternativa alla crisi d’impresa non tutti i creditori finanziari abbiano aderito ad accordi di moratoria sottoscritti dalla gran parte del ceto creditorio.
Ora, il nuovo istituto consente al debitore di ottenere gli effetti della moratoria anche nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari non aderenti se gli stessi siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi nelle condizioni di parteciparvi in buona fede, e qualora un professionista con i requisiti di cui all’art. 67, co. 3, lett. d), l.fall. attesti l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici fra i creditori interessati dalla moratoria, con possibilità per il creditore non aderente e obbligato all’adesione di opporsi entro trenta giorni dalla comunicazione della convenzione stipulata.
La norma precisa, infine, che si deve trattare di un mero pactum de non petendo e non di un accordo di standstill, poiché la convenzione non può obbligare i creditori non aderenti a eseguire nuove prestazioni, oppure a concedere affidamenti o ancora a mantenere l’utilizzo di affidamenti esistenti o a erogare nuovi finanziamenti, restando specificatamente inteso che per nuova prestazione non si intende la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati.
Infine, il decreto legge, prima di ultimare le novità fallimentari con il Capo VI relativo alla possibile rateizzazione del prezzo per le vendite e gli atti di liquidazione, specifica che ai due nuovi strumenti giuridici previsti dal nuovo art. 182-septies l.fall. si applichino le disposizioni penali di cui agli artt. 236 e 236-bis l.fall.
Senza soffermarsi su tale tematica, a giudizio di chi scrive soprattutto il riferimento all’art. 236 l.fall. relativo al concordato preventivo potrebbe ulteriormente mettere il dubbio la natura giuridica degli strumenti giuridici di cui all’art. 182-septies l.fall. quali istituti di tipo concorsuale e non accordi di natura meramente privatistica.