Il presente contributo si sofferma sulle novità del DDL Capitali in corso di approvazione alla Camera dei Deputati rilevanti per le società italiane quotate in mercati regolamentati dell’Unione Europea con particolare riguardo alla lista consiliare, al voto maggiorato, al rappresentante comune ed all’internal dealing.
Il DDL Capitali in corso di approvazione alla Camera dei Deputati (C. 1515) prevede alcune rilevanti novità per le società italiane quotate in mercati regolamentati dell’Unione Europea; e quindi non solo mercati domestici (art. 119, TUF) tra cui spiccano l’art. 12 dedicato alle modalità di presentazione della lista del consiglio di amministrazione e il potenziamento del voto maggiorato per le società già quotate (art. 14).
Quanto alla nomina degli amministratori nell’ipotesi in cui il consiglio di amministrazione decida di presentare una propria lista di candidati viene introdotto un complesso meccanismo in un quadro già molto articolato (amministratori indipendenti e di minoranza, quota di genere) che non ha eguali nell’Unione Europea e che determina una ulteriore compressione dell’autodisciplina societaria. Tutto ciò potrebbe contribuire ad alimentare la continua fuga di emittenti verso ordinamenti allineati con le prassi internazionali ove la presentazione della lista consiliare è più che ben accetta e non soggetta a limiti così stringenti come quelli delineati nel DDL Capitali. Si tratta, in buona sostanza, di un intervento che potrebbe avere un impatto negativo sulla competitività del quadro normativo domestico rispetto a soluzioni più semplici ed elastiche presenti in altri ordinamenti europei.
Il DDL Capitali nel nuovo art. 147-ter.1 disegna una strada intricata e articolata su diversi livelli. Innanzi tutto, qualora l’organo amministrativo intenda partecipare alla nomina del nuovo consiglio di amministrazione la lista deve essere approvata con un quorum rafforzato pari ad almeno i due terzi, il che, in divenire, potrà dare un diritto di veto alla minoranza che raccoglie almeno il 20% dei voti tenuto conto dei criteri premiali di assegnazione dei seggi in sede di votazione (v. infra).
Oltre a ciò, per evitare la presentazione di liste corte da parte del consiglio uscente, la lista deve recare un numero di candidati pari al numero dei componenti da eleggere maggiorato di un terzo. Tale risultato poteva essere ottenuto altrimenti con l’obbligo di includere un numero di candidati pari o superiore al massimo dei posti disponibili. Così facendo sarà più difficile la formazione della rosa dei candidati tenuto conto che alcuni di essi saranno certamente esclusi in sede di nomina con effetti reputazionali indesiderati che scoraggeranno molti a dare la propria disponibilità a essere inclusi nella lista. Peraltro, nell’esperienza italiana la lista consiliare è lunga nella più parte dei casi, né potrebbe essere diversamente, dovendo la proposta consiliare essere autosufficiente per assicurare una composizione ottimale dell’organo amministrativo anche in assenza di una lista lunga da parte dei soci.
È, altresì, previsto un termine anticipato per il deposito e pubblicazione della lista consiliare individuato nel 40° giorno precedente la data dell’assemblea, così da consentire ai soci la valutazione delle proposte con congruo anticipo prima della presentazione di eventuali proprie liste.
Quanto al meccanismo di elezione in caso di vittoria della lista consiliare viene introdotto un complesso sistema di votazione a due fasi: prima delle liste e successivamente individuale. Tale scelta lascia perplessi in quanto potrebbe essere innovativa quanto al superamento della lista bloccata, ma ciò dovrebbe valere per tutte le liste presentate e non solo per quella del consiglio uscente creando così una inutile disparità di trattamento tra liste. D’altra parte, l’appesantimento procedurale pare difficilmente comprensibile: è come se i soci non si fossero resi conto di aver votato la lista consiliare e debbano ripetere il consenso in via individuale, il che contribuisce a minare la compattezza della lista stessa. In altri termini, crescono le complicazioni e le disarmonie senza concreti benefici.
Inoltre, la votazione individuale potrebbe presentare tortuosità di non poco conto visto che alla votazione sui singoli candidati potranno partecipare tutti i soci compresi quelli che a loro volta hanno presentato liste di maggioranza o minoranza, che potrebbero avere comportamenti opportunistici o anche di rappresaglia legati alla delusione di vedere la propria lista sconfitta.
L’art. 12 dispone una struttura differenziata di assegnazione dei posti nell’organo amministrativo se la lista degli azionisti abbia ottenuto più o meno del 20% dei voti. Nel primo caso (>20%) è riservato alle altre liste (in numero non superiore a 2 per voti raccolti e in proporzione agli stessi), un numero di amministratori proporzionale ai voti ottenuti dalle liste di minoranza, con una soglia di sbarramento del 3%, e, quindi, con un sostanzioso premio, che può comprendere anche l’assorbimento dei voti delle liste che non hanno superato la soglia del 3%. Nel secondo caso (<20%) sarà assegnato un numero di amministratori non inferiore al 20%.
Come già accennato, una volta entrato a regime il nuovo sistema [1] potrebbe portare a una sovra rappresentazione delle minoranze nei consigli di amministrazione con rischi di ingovernabilità, in quanto possono esservi situazioni in cui la maggioranza consigliare è rappresentata da un solo amministratore in eccedenza, con evidenti rischi di indesiderati ribaltoni nel corso di durata dell’incarico o addirittura potrebbero presentarsi casi, come osservato da CONSOB in sede di audizione alla Camera, in cui la lista consiliare arrivata prima per numero di voti (con una maggioranza relativa dei consensi) non nomini la maggioranza dei consiglieri.
Resta, per contro, indefinita la ripartizione dei seggi nell’ipotesi in cui la lista consiliare non risulti prima per numero di voti. In tale ipotesi, lo statuto potrà considerarla come una lista di minoranza o escluderla dalle liste in lizza, ma in questo ultimo caso sarà necessario valutare se ciò possa nuocere al buon governo societario, che dovrebbe essere orientato a includere anche le liste consiliari appoggiate da una minoranza spesso anche robusta.
Infine, in caso di aggiudicazione della maggioranza dei seggi alla lista del consiglio di amministrazione l’art. 12 dispone che l’eventuale comitato controlli e rischi sia presieduto da un amministratore indipendente nominato dalle liste di minoranza dei soci, con una chiara limitazione dell’autonomia del consiglio di amministrazione nell’individuazione dell’amministratore con le competenze più adatte anche rispetto al coordinamento dei lavori.
L’art. 14 del DDL Capitali prevede l’integrale sostituzione del vigente art. 127-quinquies del TUF, che viene novellato con la facoltà per gli emittenti di prevedere in statuto che, oltre all’attuale maggiorazione attuale pari a 2 voti per azione, può essere conseguita dopo minimi 2 anni di possesso ininterrotto, possa essere attribuito 1 voto, per ogni ulteriore periodo di 12 mesi, con una maggiorazione sino a massimi 10 voti per azione. Inoltre, viene prevista la possibilità, in caso di fusione, scissione o trasformazione transfrontaliere, di includere in statuto, ai fini del computo del periodo continuativo di 2 anni, anche il periodo di titolarità ininterrotta maturato nella società incorporata, scissa o soggetta a trasformazione. In questo caso la minoranza dell’incorporante, nel caso in cui il voto maggiorato non sia previsto nello statuto della stessa incorporante prima dell’operazione, potrebbe subire rilevanti diluizioni, grazie alla conservazione del periodo di possesso continuato pregresso riconosciuto agli azionisti della incorporata (anche non quotata).
In caso attribuzione di più di 2 voti dovrà essere attribuito il diritto di recesso per gli azionisti che non abbiano concorso alla delibera assembleare di modifica dello statuto (assenti, dissenzienti e astenuti), che potrebbe non rappresentare una valida tutela per le minoranze, in particolare tenuto conto del criterio per la liquidazione (la media ponderata dei prezzi di chiusura dell’ultimo semestre) e della possibilità per il socio di controllo di scegliere in maniera opportunistica il momento in cui assumere la delibera assembleare al fine di godere, ad esempio, di momenti di ribasso del corso dei titoli. Inoltre, bisogna tenere conto della possibilità che al voto potrà partecipare chi ha già maturato il voto maggiorato ordinario e per l’effetto si trova ad avere più dei due terzi del capitale votante. Forse una soluzione alternativa potrebbe essere quella di adottare un meccanismo di whitewash così da rendere necessario l’ottenimento del consenso delle minoranze.
La modifica dovrebbe aiutare a limitare la fuga di emittenti italiani verso giurisdizioni maggiormente permissive come l’Olanda, divenuto porto di approdo di diverse large cap con conseguente delisting e rilevante perdita di capitalizzazione del mercato domestico.
Resta da valutare come coordinare la disciplina di cui al Listing Package UE, attualmente in discussione in sede di trilogo UE, che andrà a disciplinare le azioni di categoria con voto plurimo (e non le azioni a voto maggiorato) offrendo la facoltà alle società quotande (e non già quotate) su un mercato regolamentato o un mercato di crescita per le PMI, di potenziare il voto con un moltiplicatore sino a 12, ma con strette limitazioni quanto al peso sul capitale sociale e sui voti, ai quorum in sede assembleare e all’esercizio del voto rispetto alle delibere proposte da soci. Sarebbe, infatti, quantomeno curioso avere un quadro normativo frammentato, di difficile comprensione e di maggior favore per le società ammesse alle negoziazioni rispetto a quelle che stanno per entrare sul mercato.
L’art. 14 del DDL Capitali dispone l’esenzione dall’obbligo di OPA nel caso il superamento della soglia rilevante se la maggiorazione derivi da un’operazione di fusione, trasformazione transfrontaliera o scissione proporzionale ex D. Lgs. 19/2023 e sempre che non si determini una modifica del rapporto di controllo, diretto od indiretto, sulla società risultante da tali operazioni senza applicazione del c.d whitewash così come previsto per le fusioni domestiche, che paiono uscire discriminate dal confronto. Sul punto vale notare che la scissione mediante scorporo di cui all’art. 51, D. Lgs. 19/2023, – con assegnazione di parte del patrimonio della società scissa a una o più beneficiarie, a fronte dell’assegnazione di partecipazioni di queste ultime alla società scissa stessa – anche nei confronti di società beneficiarie preesistenti (v. Consiglio Notarile di Milano, massima n. 209, 16 novembre 2023) potrà anch’essa beneficiare dell’esenzione dall’obbligo di promuovere l’OPA se adottata mediante l’approvazione della relativa delibera da parte delle minoranze (c.d whitewash).
L’articolo 11 del DDL Capitali, ove previsto dallo statuto, consente lo svolgimento dell’assemblea delle società quotate esclusivamente tramite il rappresentante designato dalla società ai sensi dell’articolo 135-undecies, TUF, al quale possono essere conferite deleghe o sub-deleghe ex art. 135-novies, TUF (v. nuovo articolo 135-undecies.1, TUF). La disposizione rende, permanente quanto previsto dall’art. 106, D. L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 27/2020, la cui efficacia viene prorogata 31 dicembre 2024 [2], che dà la facoltà alle società quotate di designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante designato previsto dall’articolo 135-undecies, TUF.
In tale caso di procedimentalizzazione estrema del procedimento assembleare non è consentita la presentazione di proposte di deliberazione in assemblea, ma coloro che hanno diritto al voto possono presentare individualmente proposte di delibera sulle materie all’ordine del giorno ovvero proposte la cui presentazione è consentita dalla legge entro il 15° giorno precedente la data della prima o unica convocazione dell’assemblea [3]. Le proposte di delibera debbono essere messe a disposizione del pubblico nel sito internet della società entro i 2 giorni successivi alla scadenza del termine.
Anche Il diritto di porre domande ex art. 127-ter, TUF, dovrà essere esercitato unicamente prima dell’assemblea. La società dovrà fornire almeno 3 giorni prima dell’assemblea le risposte alle domande pervenute.
In questo caso lo statuto potrebbe comunque garantire a una maggioranza qualificata il diritto di richiedere, a beneficio di tutti i soci, che l’assemblea di tenga in presenza o tramite la partecipazione con mezzi di telecomunicazione affinché vi possa un confronto collegiale su proposte anche molto distanti con conseguente conta dei voti.
Il DDL Capitali abroga, infine, l’art. 114, comma 7, TUF, che prevede l’obbligo per i soci che detengono azioni almeno il 10% del capitale, nonché per chi controlla l’emittente e per le persone strettamente legate a tali soggetti, di comunicare alla Consob e al pubblico le operazioni effettuate aventi ad oggetto azioni dall’emittente o altri strumenti finanziari a esse collegati. In questo caso si tratta dell’eliminazione di una ipotesi di gold plating rispetto alla disciplina UE in tema di abusi di mercato.
[1] Il comma 3 dell’art. 12 dispone: «Gli emittenti provvedono all’adeguamento degli statuti in maniera da consentire l’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo a decorrere dalla prima assemblea convocata per una data successiva al 1° gennaio 2025».
[2] Il comma 2 dell’art. 106 consente un più ampio ricorso ai mezzi di telecomunicazione per lo svolgimento delle assemblee, anche in deroga alle disposizioni statutarie. In particolare, viene stabilito che, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie possono prevedere che: (a) il voto venga espresso in via elettronica o per corrispondenza; (b) l’intervento all’assemblea avvenga mediante mezzi di telecomunicazione; (c) l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto senza in ogni caso la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio.
[3] La legittimazione alla presentazione individuale di proposte di delibera è subordinata alla ricezione da parte della società della comunicazione prevista dall’articolo 83-sexies (ovvero della comunicazione che attesta la legittimazione all’intervento in assemblea e all’esercizio del diritto di voto, effettuata dall’intermediario, in conformità alle proprie scritture contabili, in favore del soggetto a cui spetta il diritto di voto).