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Giurisprudenza

Decadenza agevolazione prima casa in caso di acquisto pro indiviso

7 Aprile 2025

Francesco Castro, Dottorando di ricerca in diritto dell’Unione Europea e ordinamenti nazionali, Università degli studi di Ferrara

Cassazione Civile, Sez V,  3 febbraio 2025, n. 2505 – Pres. Federici, Rel. Putaturo Donati Viscido di Nocera

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Con l’ordinanza n. 2505 del 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della decadenza dalle agevolazioni “prima casa” nei casi di acquisto pro indiviso di un immobile, affermando il principio per cui la responsabilità per il recupero dell’agevolazione fiscale (in caso di rivendita infraquinquennale senza riacquisto entro l’anno) incombe solidalmente su tutti i comproprietari, indipendentemente dalla quota ideale posseduta.

Giova preliminarmente ricordare che l’art. 16, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972, nella formulazione vigente ratione temporis, prevedeva che fosse pari al 4% l’aliquota dell’IVA dovuta per le operazioni che avevano per oggetto i beni e i servizi elencati nell’allegata Tabella A del decreti medesimo, tra cui erano menzionate anche, alla parte II, n. 21, le case di abitazione non di lusso, in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis) all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al testo unico dell’imposta di registro approvato con D.P.R. n. 131/1986.

Nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate aveva revocato l’agevolazione fiscale per l’IVA al 4% goduta dal contribuente persona fisica, a seguito della rivendita – entro cinque anni – dell’immobile acquistato con il figlio in comunione pro indiviso (1% alla madre, 99% al figlio), senza che vi fosse stato un riacquisto entro l’anno di altro immobile da destinare ad abitazione principale. 

Avverso l’avviso accertamento, la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che lo accoglieva parzialmente ritenendo che “la pretesa tributaria dovesse essere limitata alla quota parte relativa all’equivalente dell’1% dell’acquisto”.

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, invece, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate, ritenendo la contribuente obbligata in solido al pagamento dell’intera imposta, interessi e sanzioni. La Corte di Cassazione ha confermato tale impostazione, rigettando i quattro motivi di ricorso della contribuente.

La Suprema Corte, mediante richiamo all’art. 1, nota II-bis, punto 4, della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, ha osservato come, in caso di agevolazioni concesse a più acquirenti in comunione, il successivo recupero fiscale per decadenza vada effettuato nei confronti di tutti gli acquirenti, senza distinzione sulle quote, la cui rilevanza si esaurisce nel rapporto interno.

Il Collegio ha quindi ribadito il principio secondo cui anche l’acquisto di una quota “esigua” dell’immobile (nel caso, 1%) non impedisce, sul piano civilistico e fiscale, la solidarietà passiva, se l’acquisto è avvenuto contestualmente all’altro coacquirente.

Allo stesso modo, la rivendita effettuata congiuntamente da entrambi i comproprietari rende entrambi soggetti alla decadenza dell’agevolazione e al relativo recupero integrale.

Pertanto, la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di benefici per l’acquisto della prima casa, in caso di acquisto dell’immobile adibito ad abitazione non di lusso, in comunione e pro indiviso da parte di più soggetti, la decadenza dell’agevolazione ai sensi dell’art. 1, nota II-bis, punto 4, della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, per effetto di rivendita infraquinquennale senza riacquisto entro l’anno, comporta in capo agli acquirenti la responsabilità solidale dell’obbligazione tributaria, restando le quote ideali rilevanti solo nei rapporti interni”.

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