Il decreto legge 17 marzo 2020, n. 18 all’art. 106, comma 6, prevede che le banche popolari (non quotate), le banche di credito cooperativo, le società cooperative e le società mutue di assicurazione possono designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante previsto dall’articolo 135-undecies del TUF[1]. L’avviso di convocazione può altresì prevedere che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il predetto rappresentante designato. L’esercizio di tale facoltà è consentito in deroga a tutti i vigenti limiti legali e statutari sul numero di deleghe conferibili a un unico soggetto[2]. Si tratta di una facoltà estesa a queste società in via temporanea, in quanto l’art. 106 si applica soltanto alle assemblee convocate entro il 31 luglio 2020 (data di scadenza dell’emergenza sanitaria per l’epidemia Covid-19 dichiarata con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020), ovvero entro la data successiva fino alla quale sarà in vigore lo stato di emergenza (comma 7). Il citato comma 6 rinvia all’art. 135 undecies TUF, con espressa esclusione del suo comma 5[3].
La ragione dell’intervento d’urgenza consiste nella necessità di coniugare due esigenze di preminente interesse pubblico: da un lato, assicurare il buon funzionamento dell’organo assembleare nel periodo dell’approvazione dei bilanci in società, pur non quotate, ma con azionariato grandemente diffuso e rilevanti per il mercato finanziario, le quali altrimenti non potrebbero utilizzare il rappresentante designato; d’altro lato, evitare occasioni di contagio nel rispetto del divieto di spostamento delle persone contenuto nel d.p.c.m. 8 marzo 2020 (penalmente sanzionato), oggetto di probabile proroga. L’eccezionalità emergenziale della nomina del rappresentante designato da parte di quelle società pone in secondo piano i profili di tutela del socio che rilascia la delega[4]. In base a questo criterio interpretativo di fondo occorre allora verificare come coordinare la regolamentazione del citato art. 135 undecies con le regole di diritto comune, dato che la platea di riferimento è composta appunto di società non quotate.
Intanto poiché l’art. 135 undecies TUF viene richiamato con l’eccezione espressa soltanto del suo 5 comma, se ne deduce che la rimanente disciplina di tale articolo dovrebbe essere interamente applicata. Pertanto la delega conferita al rappresentante designato dalla società per l’assemblea deve essere rilasciata mediante il modulo predisposto dalla Consob, con le relative istruzioni di voto per ciascuna proposta di delibera all’Ordine del giorno (art. 135 undecies, comma 2, TUF)[5].
La nomina del rappresentante spetta alla società e quindi proviene dal Consiglio di amministrazione[6]. Il soggetto designato può anche essere Consigliere, Sindaco o dipendente della società stessa o di società controllate. Infatti l’utilizzazione facoltativa del rappresentante designato, previsto in via ordinaria per le società quotate, comporta l’inapplicabilità del divieto posto dall’art. 2372, comma 5, c.c. per le deleghe all’assemblea di società per azioni[7], in quanto il divieto stesso non opera per le quotate a sensi dell’art. 2372, comma 8, c.c. In altre parole, l’utilizzazione dello strumento tipico delle società quotate impedisce l’applicazione delle ordinarie regole sulle deleghe di voto dettate dalla legge per le società azionarie non quotate.
Le generalità del rappresentante e le modalità di trasmissione delle deleghe devono essere contenute nell’avviso di convocazione e non possono essere indicate successivamente. Per le società quotate l’art. 125 bis, comma 4, n. 3, TUF comprende queste indicazioni tra le menzioni obbligatorie dell’avviso di convocazione. La stessa soluzione si impone anche per le non quotate in esame considerando che il termine della convocazione vale anche come tempo rimesso ai soggetti convocati per rilasciare la delega e quindi non pare ammessa una successiva comunicazione se l’avviso nulla prevede sul rappresentante. In tal senso depone anche il comma 6 dell’art. 106 in esame, laddove si prevede che l’avviso di convocazione può “altresì” indicare l’intervento esclusivamente tramite il rappresentante designato.
Va accertato se il rappresentante designato possa votare in modo difforme dalle istruzioni ricevute e se possa comunque votare in caso di assenza di istruzioni nella delega.
Sul primo punto non opera, come già detto, l’art. 135 undecies, comma 5, TUF, che contiene una disciplina specifica del voto difforme alle istruzioni ricevute, essendo tale comma escluso dal richiamo fatto dall’art. 106, comma 6. Quindi trova spazio la disciplina generale del mandato, che rappresenta il tipo contrattuale al quale appartiene la delega di voto in assemblea. Il rappresentante designato può “discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possono essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione”, come dispone l’art. 1711, comma 2, c.c., che si trova ripreso nell’art. 134, comma 2, Reg. Emittenti. Ciò rileva in particolare in caso di modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sopravvenute dopo la pubblicazione dell’avviso di convocazione, espressamente previste nel citato art. 134 Reg. Emittenti.
Nel caso di delega inviata al rappresentante designato priva delle istruzioni di voto per singole proposte di delibera (neppure per l’astensione) si possono seguire due linee interpretative. Da un lato sembra doversi applicare l’art. 135 undecies, comma 1, TUF per il quale la delega non ha effetto per le proposte mancanti di istruzioni, con conseguente riflesso per il calcolo del quorum assembleare (comma 3). D’altro lato la natura eccezionale ed emergenziale della disposizione dell’art. 106, che mira a consentire lo svolgimento delle assemblee di società non quotate ma dotate di ampia base sociale riducendo gli assembramenti, suggerisce di adottare una diversa soluzione. In una simile situazione di emergenza ritengo si possa comprimere l’ordinaria tutela del socio, affidata all’inefficacia della delega priva di istruzioni, a favore dell’interesse generale al funzionamento dell’organo assembleare e quindi applicare la disciplina comune del mandato, che impone al mandatario di chiedere l’integrazione dell’incarico e in mancanza di operare (qui: di votare) secondo il migliore interesse del mandante[8].
Il diritto comune opera anche in tema di sostituzione del rappresentante. Infatti può essere prevista nella delibera di nomina[9]: a) la designazione da parte della società di un rappresentante in sostituzione del primo designato, nel caso che questi non possa partecipare all’assemblea; b) l’autorizzazione al rappresentante, data sempre dalla società ex art. 135 novies TUF, a nominare un sostituto di sua scelta, in quanto la norma speciale del TUF prevale sulla regola generale posta dall’art. 2372, comma 3, c.c., che imporrebbe l’indicazione del sostituto nella delega data dai soci. Peraltro la natura emergenziale della norma in esame pare consentire anche l’applicazione della regola generale posta dall’art. 1717 c.c., per il quale il mandatario, anche senza autorizzazione, può sostituire altri a sé stesso[10]. L’adozione di questa regola è anzi necessaria nel caso che la società abbia disposto come modalità esclusiva la partecipazione in assemblea del solo rappresentante designato e questi non possa partecipare.
[1] In generale sul rappresentante che viene designato dalle società quotate, salvo contraria disposizione statutaria, per la partecipazione alle assemblee v. BUSANI, Il rappresentante designato per il conferimento delle deleghe di voto, in Società, 2011, 307 ss.;BUSI, Il recepimento in Italia della Direttiva sui diritti degli azionisti 11 luglio 2007, n. 36/CE e le modificazioni statutarie conseguenti, in A.V., Atti notarili. Diritto comunitario e internazionale, in Tratt. notarile, dir. da Preite, 4, I, Torino, 2011,1239 s.; l’ampio utilizzo attuale dell’istituto fa ritenere superato il giudizio di sua inutilità espresso da MONTALENTI, Impresa. Società di capitali. Mercati finanziari, Torino, 2017, 257.
Va ricordato che il rappresentante designato dalla società non deve avere alcuno specifico requisito e potrebbe anche essere portatore di interessi diversi da quelli dei soci deleganti ed essere in “conflitto di interessi” con essi, come previsto dall’art. 135 undecies, 4 comma, TUF.
[2] Il comma 6 deroga all’art. 150 bis, comma 2 bis, TUB (per le banche popolari lo statuto indica il numero massimo di deleghe tra dieci e venti) e all’art. 2539, comma 1, c.c. (per le cooperative azionarie il massimo è di dieci deleghe), oltre che a ogni regola statutaria.
[3] Per il comma 5 la Consob stabilisce i casi in cui il rappresentante, che non sia in conflitto di interessi, può esprimere un voto difforme dalle istruzioni ricevute.
[4] Che l’istituto del rappresentante designato risponda all’interesse sociale è ben chiarito dalla dottrina: v. ACCETTELLA, Le deleghe di voto, in A.V., I diritti degli azionisti nelle società quotate, a cura di Ciocca e Marasà, Torino, 2015, 318.
[5] Si tratta dell’Allegato 5A previsto dall’art. 134 Regolamento Emittenti.
[6] Cfr. BUSANI, op. cit., 311, per il quale il Consiglio potrebbe delegare un suo componente o un dipendente della società per designare il rappresentante; ACCETTELLA, op. cit., 317 s.
[7] L’art. 2372 c.c. è applicabile alle società cooperative in forza del richiamo contenuto nell’art. 2516 c.c.: cfr. App. Roma, 11 ottobre 2002, in Società, 2003, 591, con nota di Galli.
[8] Così prevede l’art. 1739 c.c. per la spedizione, ispirato a un principio comune a ogni mandato: LUMINOSO, Il mandato, in Diritto civile, dir. da Lipari e Rescigno, vol. III, t. III, 2009, 448; v. MAFFEIS, Il mandato, in A.V., I contratti di collaborazione, a cura di Sirena, in Tratt. dei contratti, dir. da Rescigno e E. Gabrielli, Torino, 2011, 189 s.
Identica soluzione varrebbe per la delega parziale, che viene comunque computata per il quorum, in relazione alle proposte prive di indicazioni di voto da parte del delegante.
[9] Cfr. BUSANI, op. cit., 309.
[10] Il mandatario risponde dell’operato del sostituto, se la sostituzione non è necessaria per la natura dell’incarico e risponde delle istruzioni impartite al sostituto (art. 1717 c.c.).