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Attualità

Deducibilità degli accantonamenti ai fondi di ripristino ambientale

9 Marzo 2023

Giosuè Manguso, AndPartners Tax and Law Firm

Blasco Monteforte Specchi, AndPartners Tax and Law Firm

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo affronta il tema, noto per le imprese del settore energy, della deducibilità degli accantonamenti ai fondi di ripristino ambientale, alla luce della posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate con la risposta n. 64/2023.


Gli accantonamenti ai fondi per oneri di ripristino ambientale che si manifesteranno con la chiusura delle miniere sono riconosciuti ai fini Ires e Irap se rappresentativi di oneri certi e determinabili. Questa è la sintesi della condivisibile risposta n. 64/2023 dell’Agenzia delle entrate, che, consolidando la storica posizione interpretativa dell’Amministrazione finanziaria al riguardo, consente di formulare alcuni spunti di riflessione. Prima di rappresentare l’ambito normativo in cui si è inserita la risposta in questione, si riporta brevemente il regime contabile degli oneri di “ripristino ambientale”.

Il regime contabile degli oneri di ripristino ambientale

Dopo aver ribadito che gli accantonamenti per rischi e oneri “sono destinati soltanto a coprire perdite o debiti di natura determinata, di esistenza certa o probabile, dei quali tuttavia alla chiusura dell’esercizio sono indeterminati o l’ammontare o la data di sopravvenienza”, il principio Oic n. 31 si occupa dei fondi per oneri di ripristino (paragrafi 31-35) e di una loro particolare categoria rappresentata dai fondi per il recupero ambientale (paragrafi 47-60).

Diversamente, i principi contabili internazionali IAS/IFRS (principio contabile IAS 16) non solo prevedono la necessità di effettuare una “provision” quando gli obblighi in esame si manifestano come “obbligazione attuale” (legale o implicita) quale risultato di un evento passato e che sia probabile che sarà necessario l’impiego di risorse per adempiere (ovvero che possa essere effettuata una stima attendibile dell’ammontare dell’obbligazione), ma, quando tale obbligazione è correlata ad uno specifico asset, impongono la rilevazione dei costi in commento ad incremento del costo ammortizzabile dello stesso asset.

Ciò premesso, in presenza di un’obbligazione a smantellare gli impianti o macchinari utilizzati e a ripristinare la situazione ambientale del sito in cui tali beni si trovano, le imprese “Ias-adopter” non devono rilevare contabilmente questo onere, da sostenere al termine dell’utilizzo dell’area o dei beni che sulla stessi insistono, quale accantonamento per la futura spesa. Infatti, il principio contabile Ias 16 stabilisce che l’onere sotteso a tale obbligazione deve essere rilevato quale incremento del costo del bene da smantellare (o dell’area da ripristinare) invece che come accantonamento ad un fondo (principio contabile Ias 16, par. 16). In particolare, questo onere deve essere contabilizzato in base al proprio valore attuale; poi, ogni anno, gli interessi passivi rilevati – per il graduale venir meno del valore attuale del fondo – allineeranno il valore del fondo a quello dell’onere nell’esercizio in cui quest’ultimo sarà sostenuto.

Sempre tale onere, poi, in ciascun esercizio, sarà oggetto di ammortamento (unitamente al costo del bene di cui l’onere rappresenta un incremento) in proporzione ai ricavi dell’anno rispetto ai ricavi stimati complessivamente per il periodo di utilizzo dell’area/beni oggetto di smantellamento al termine della concessione.

Poiché gli oneri di ripristino ambientale sono già noti e contabilmente rilevati alla stipula dell’atto di utilizzo di una determinata area e che tale utilizzo si protrae nel tempo, è ben possibile che periodicamente si assista alla rideterminazione del valore attuale di tale onere (principio contabile Ias 16, par. 76).

Infine, nell’esercizio in cui si verifica il completo utilizzo dell’area oggetto di utilizzo, e dal quale inizierà il periodo post-chiusura dell’impianto utilizzato dall’impresa, saranno sostenuti gli oneri di ripristino ambientale (cc.dd. “oneri di decommissioning”) utilizzando il fondo spese costituito all’inizio dei lavori. Laddove gli oneri effettivamente sostenuti risultassero differenti da quelli “coperti” dal fondo, la differenza rappresenterà un componente di reddito di competenza del medesimo esercizio [1].

Il riconoscimento fiscale dei fondi per oneri di ripristino ambientale secondo l’Agenzia delle entrate

La correlazione costi-ricavi è un principio stabilito ai fini contabili. Infatti, il principio contabile OIC 11 stabilisce che i “costi devono essere correlati con i ricavi dell’esercizio. Detta correlazione costituisce un corollario fondamentale del principio di competenza ed intende esprimere la necessità di contrapporre ai ricavi dell’esercizio i relativi costi”. Lo stesso principio contabile è seguito dai soggetti “Ias-adopter”; infatti, la suddetta rilevazione contabile dei costi di smantellamento ad incremento del costo ammortizzabile dei beni (principio contabile Ias 16) ed ammortizzati lungo il periodo di utilizzo del bene testimonia come anche i principi contabili Ias/Ifrs realizzino una correlazione tra costi e ricavi [2].

Anche se tale principio non è stato espressamente codificato nel sistema del reddito di impresa, esso è stato sempre adottato dall’Amministrazione finanziaria per evitare una distribuzione asimmetrica dei componenti positivi e negativi di reddito. In particolare, adottando un comportamento che tenesse conto delle dinamiche temporali dei costi e dei ricavi delle imprese operanti in determinati settori economici (es: raccolta rifiuti, smaltimento rifiuti tossici, costruzione strade e autostrade e sfruttamento minerario), l’Amministrazione finanziaria ha anticipato la competenza di alcuni componenti di reddito ai periodi in cui maturavano i relativi ricavi.

Nella risoluzione n. 9/240 del 22 ottobre 1981, l’allora Ministero delle finanze, chiamato a identificare il periodo di competenza degli oneri di urbanizzazione previsti da una Convenzione del Comune che aveva autorizzato l’impresa alla lottizzazione di alcuni terreni, ha chiarito che il principio di competenza di un reddito richiede la presenza di ricavi e costi di periodo, e, dunque, in mancanza di questo ultimi, oppure se i costi sono sostenuti successivamente ai ricavi, occorre anticiparli al periodo in cui sono conseguiti i ricavi [3].

Tali oneri presentano il requisito della certezza e della obiettiva determinabilità, e, dunque, l’Amministrazione finanziaria, condividendo l’impostazione contabile dell’istante, ha stabilito che “nell’esercizio in cui vengono imputati i ricavi derivanti dalla vendita dei lotti di terreno dovranno altresì essere imputati i relativi costi per opere di urbanizzazione, anche se non effettivamente sostenuti a quel momento”.

Nella risoluzione n. 52 del 2 giugno 1998, invece, il Ministero delle finanze si è pronunciato su un’altra ipotesi di oneri che seguono i ricavi, vale a dire gli oneri di chiusura e post-chiusura delle discariche, oneri che sono sostenuti a decorrere dal periodo di imposta in cui il contribuente, a seguito del riempimento dell’area destinata alla discarica, ha terminato la produzione di ricavi [4]. Ciò premesso, nel presupposto che le imprese che gestiscono discariche siano tenute a adempimenti e oneri identificati nelle convenzioni, si ha che tali imprese sono a conoscenza di tutti gli elementi “per una valutazione sufficientemente realistica dei costi che è tenuta a sostenere quando verranno meno i ricavi per effetto della cessazione dello smaltimento dei rifiuti tramite la discarica medesima”. Poi, lo stesso Ministero delle finanze richiama la citata risoluzione n. 9-240/1981, nella quale, come abbiamo visto, è stato affermato che non potendosi parlare di produzione di reddito nel caso in cui manchino i ricavi, sono i costi che devono seguire i ricavi e non viceversa. Di conseguenza, una volta stabilito l’esercizio di competenza dei ricavi, divengono automaticamente deducibili in quello stesso esercizio tutti i costi relativi ad esso correlati.

Il Ministero di Finanze, poi, indica anche i criteri di ammortamento fiscale dei costi di chiusura e post-chiusura di bonifica, precisando che “…tenuto conto che le discariche hanno, in base alle disposizioni autorizzative, una limitata e determinata capacità complessiva di rifiuti conferibili, si ritiene che possa condividersi il criterio proposto dalla Federazione istante, secondo il quale i costi globali di chiusura e post-chiusura possono essere ripartiti negli esercizi di svolgimento dell’attività in proporzione alla percentuale di riempimento della discarica stessa”.

Infine, viene indicata anche la ripartizione specifica dell’utilizzo del “fondo spese di ripristino ambientale” (contabilizzato quale incremento del costo del bene ammortizzabile) in ciascun anno compreso nel periodo trentennale di chiusura e post-chiusura delle discariche. Il valore del fondo di ripristino ambientale non è altro che la somma (a valori nati come attualizzati ma poi adeguati nel tempo) dei costi annuali stimati dal perito. Conseguentemente, la società dovrà confrontare nel periodo post-chiusura i costi effettivamente sostenuti con quelli stimati con il fondo accantonato in base alle indicazioni del perito. Eventuali differenze saranno imputate a conto economico come sopravvenienza.

Più recentemente (risposta n. 272/2022), l’Agenzia delle entrate ha assunto una posizione differente da queste ultime appena citate. Infatti, nella fattispecie rappresentata dall’istante allo scadere della Convenzione stipulata con il GSE S.p.A. ed avente ad oggetto la gestione di un impianto fotovoltaico, era previsto a carico dell’impresa convenzionata l’obbligo di procedere alla dismissione dell’impianto e di rispristinare i luoghi dove ora insiste l’impianto [5]. Anche se, come nel caso delle discariche, nella gestione della chiusura dell’impianto fotovoltaico, gli oneri di smantellamento dello stesso e di ripristino ambientale sarebbero stati sostenuti in periodi in cui non sarebbero più stati generati ricavi, l’Agenzia delle entrate è giunta a differenti conclusioni, non emergendo dalla convenzione che alla data del termine del periodo di convenzione con il GSE, la società si sarebbe vincolata a cessare l’attività di produzione di energia procedendo alla bonifica del terreno e smaltimento dei pannelli [6]. Inoltre, con riferimento alle possibili analogie che la fattispecie presenta rispetto ai costi di chiusura delle discariche, la stessa Agenzia si è espressa nei seguenti termini: “Nella fattispecie rappresentata, da ultimo, non sono applicabili le indicazioni fornite ai gestori delle discariche ai fini della deducibilità dei «costi di bonifica dei terreni su cui sono posizionate le discariche» , in quanto, mentre per questi ultimi è certo il periodo di cessazione dell’attività in quanto legato al riempimento della discarica, ovvero ad un dato oggettivo, nel caso qui in esame, come sopra precisato, non vi sono elementi che consentono di stabilire con certezza la cessazione dell’attività di produzione di energia e, dunque, determinare un periodo durante il quale gli oneri in parola possono essere ripartiti in funzione dell’utilizzo dei pannelli fotovoltaici. Resta ferma la deducibilità degli oneri qui in commento nel momento in cui il predetto fondo sarà utilizzato a seguito del sostenimento dei costi di ripristino dei luoghi su cui insiste l’impianto”.

Risposta n. 64/2023 dell’Agenzia delle entrate

Con la risposta in parola l’Agenzia ha chiarito il trattamento fiscale dei costi futuri previsti per la chiusura mineraria dei pozzi in produzione e per la bonifica dei luoghi, consolidando l’interpretazione secondo cui – in deroga ai principi generali che disciplinano gli accantonamenti nel reddito di impresa – i costi di chiusura di un’area sono fiscalmente riconosciuti in un periodo di imposta antecedente a quello in cui saranno sostenuti a condizione che vi sia certezza dell’obbligazione tributaria e che gli stessi presentino un ammontare obiettivamente determinabile.

In merito al primo requisito, la Corte di Cassazione n. 16349 del 17 luglio 2014 ha chiarito che il requisito della certezza è soddisfatto allorquando i costi di ripristino ambientale assumono giuridica certezza attraverso l’accordo che le imprese interessate sottoscrivono gli enti competenti, al fine di ottenere le autorizzazioni necessarie per lo sfruttamento delle cave. Nel caso di specie la condizione di certezza è verificata dalla sussistenza di un obbligo di ripristino ambientale dei luoghi che si inserisce quale condizione necessaria al rilascio dell’autorizzazione.

Il requisito della determinabilità sussiste invece ogniqualvolta sia possibile giungere ad un’analitica quantificazione dei costi che si basi sugli impegni presi dalle imprese nei confronti degli enti proponenti sulla scorta di specifici apporti peritali. I due elementi in questione erano presenti nella fattispecie oggetto di interpello.

L’Agenzia delle entrate, dunque, ribadisce l’assunto secondo cui, l’effettiva associazione degli oneri negli esercizi di competenza dei ricavi – ancorché i primi siano sostenuti in un esercizio successivo al conseguimento dei secondi – rappresenta un obbligo del contribuente a determinare il reddito secondo il principio di competenza, e non una sua facoltà, dal momento che, in tema di reddito d’impresa, le regole sull’imputazione temporale dei componenti negativi (dettate in via generale dall’art. 109 del Tuir) sono inderogabili, sottratte, cioè, alla discrezionalità del contribuente.

Questo principio è stato ribadito anche ai fini Irap, sostenendo il riconoscimento ai fini del tributo regionale degli accantonamenti in questione, riportando le medesime condivisibili motivazioni espresse nella circolare n. 26/2012, le quali superano quelle, di più ampia portata e relative ai veri e propri accantonamenti, chiariti con la circolare n. 12/2008 (deducibilità soltanto nel periodo in cui l’onere oggetto di accantonamento sarà sostenuto e sempre se tale onere sarà classificato in una voce che assume rilevanza ai fini della determinazione della base imponibile Irap).

Spunti di preliminari riflessioni

Gli oneri di chiusura delle miniere sono stati ammessi in deduzione anticipatamente (sotto forma di accantonamenti) rispetto al periodo in cui saranno sostenuti in quanto, per l’Agenzia delle entrate, sussisterebbero gli elementi di certezza dell’onere e di obiettiva determinabilità dell’ammontare, che trasformano ai fini delle imposte sui redditi un onere, qualificato contabilmente come accantonamento e, dunque, indeducibile, in costo deducibile.

Questi due elementi, che conducono ad un condivisibile riconoscimento ai fini fiscali dell’onere già nell’esercizio in cui è contabilmente rilevato, sembrerebbero avere una portata generale e prevalere su quanto affermato dalla stessa Agenzia delle entrate nella citata risposta n. 272/2022. Infatti, la risposta n. 64/2023 poggia soltanto sulla certezza giuridica degli oneri e sulla relativa obiettiva determinabilità, garantita da perizie tecniche periodiche, senza richiedere, come invece avviene nella risposta n. 272/2022, anche la specifica individuazione del periodo in cui tali oneri saranno sostenuti.

L’interpretazione dell’Agenzia delle entrate sottesa alla risposta n. 272/2022 non si ritiene condivisibile anche per le seguenti motivazioni.

In primo luogo, l’Agenzia delle entrate ritiene indeducibile l’accantonamento per effetto del principio di “derivazione rafforzata”, applicabile anche ai soggetti “Oic-adopter” [7]. Pertanto, continua l’Agenzia delle entrate, tali accantonamenti non sono ammessi in deduzione anche laddove contabilizzati in una voce di conto economico differente dagli accantonamenti [8]. Tale motivazione non viene utilizzata nella risposta n. 64/2023, circostanza che dovrebbe indurre a ritenere non condivisa, e superata, l’interpretazione contenuta nella precedente risposta n. 272/2022.

Inoltre, è stato lo stesso contribuente istante ad indicare la data di inizio e di termine di utilizzo dell’impianto fotovoltaico (termini che coincidono con quelli della convenzione delle tariffe incentivanti riconosciute dal gestore dei servizi elettrici, e che decorrono dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2033). Conseguentemente, gli oneri da sostenere successivamente alla cessazione dell’attività, stimati da soggetti tecnici terzi, ben avrebbero potuto essere anticipati lungo il periodo di utilizzo, seguendo un criterio oggettivo di ripartizione temporale. A questo proposito, non si ritiene dirimente la facoltà dell’istante di prorogare l’utilizzo dell’area senza tariffe incentivanti, facoltà che, secondo l’Agenzia delle entrate, farebbe venir meno la certezza del periodo in cui gli oneri sarebbero stati sostenuti. Infatti, laddove non fosse stato possibile accertare con precisione il periodo nel quale (o dal quale) sarebbero stati sostenuti gli oneri di dismissione, comunque questi oneri sarebbero stati sopportati in periodi successivi a quelli della produzione dei ricavi; pertanto, alla scadenza della concessione, in presenza di una eventuale proroga di utilizzo dell’area, il fondo accantonato alla data della proroga sarebbe stato oggetto di rideterminazione, con il conseguente riconoscimento fiscale degli accantonamenti eventualmente contabilizzati per aggiornare il valore dei costi di ripristino alla nuova data di utilizzo degli impianti fotovoltaici.

Inoltre, per la prima volta dopo la risoluzione n. 52/1998, viene chiarita anche la gestione di costi post-chiusura effettivi differenti da quelli previsti, prevedendone la imputazione a conto economico e il conseguente riconoscimento ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap. In merito a queste sopravvenienze vi è da dire che non sempre sono disponibili perizie attestanti i costi post chiusura annualmente previsti; spesso, infatti, la perizia indica il numero di anni in cui si completeranno i lavori di ripristino ambientale ed i costi che sarà necessario sostenere a tale fine. In queste occasioni, sarebbe opportuno che il confronto con i costi stimati avvenisse al completamento delle attività di smantellamento degli impianti e/o di ripristino ambientale, con l’effetto di imputare a conto economico l’eventuale componente di reddito soltanto nell’ultimo esercizio di tale attività di gestione di post-chiusura. Coerente con tale lettura si presenta la stessa precisazione dell’Agenzia delle entrate che non impone necessariamente una comparazione annuale tra i costi post-chiusura previsti ed anticipati ai fini contabili e fiscali e quelli effettivamente sostenuti.

Un’ultima riflessione riguarda la portata della risposta n. 64/2023 per i soggetti “Oic-adopter”, la quale ha eliminato ogni dubbio sulla anticipata deducibilità di oneri che saranno sostenuti a chiusura attività. Questo principio dovrebbe poter valere, a questo punto, non solo per le imprese che, titolari di un diritto di utilizzo di un’area demaniale (cave, miniere, discariche, etc.), si obblighino a sostenere costi successivamente ai periodi in cui saranno conseguiti i ricavi, ma, più in generale, per tutte le attività caratterizzate da una distribuzione asimmetrica di ricavi ed oneri, con questi ultimi sostenuti in periodi privi di ricavi, purchè nel periodo in cui se ne contabilizzano gli accantonamenti sussistano i requisiti – di oneri giuridicamente certi e con un ammontare obiettivamente determinabile – necessari a “riqualificare” ai fini fiscali un accantonamento contabile in onere deducibile. Non solo. È da valutare quanto questa interpretazione ufficiale possa andare anche oltre ad una distribuzione asimmetrica dei costi e dei ricavi, dovendo essere seguita in ogni ipotesi in cui gli accantonamenti sono contabilizzati a fronte di oneri giuridicamente certi ed obiettivamente determinabili. In particolare, nel quadro normativo ed interpretativo in cui è intervenuta la risposta n. 64/2023 non può essere ignorata, ad esempio, la posizione che la Corte di cassazione (ex plurimis sentenza 6 agosto 2019, n. 20946) ha assunto sulla deducibilità degli accantonamenti per indennità degli agenti (e fatta propria dall’Agenzia delle entrate nella circolare n. 33/2013), la quale, riconoscendo che, per effetto delle modifiche all’art. 1751 c.c. (“Indennità di cessazione del rapporto”) è venuto meno il carattere aleatorio dell’indennità, quest’ultima deve essere ammessa in deduzione nel periodo in cui viene contabilizzata. Anche per tali accantonamenti, infatti, è stata dichiarata la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi pur nella consapevolezza che non sarà noto il periodo di imposta in cui tali indennità saranno corrisposte, caratteristica condivisa con gli accantonamenti ai fondi di ripristino ambientale oggetto di chiarimento con la risposta n. 64/2023.

 

[1] Le perizia di stima dei costi di post-chiusura delle discariche dovrebbero prevedere per ogni tipologia di onere da sostenere (es: smaltimento del percolato, manutenzioni ordinarie e straordinarie di impianti e attrezzature, monitoraggio ambientale, sorveglianze dell’area, gestione amministrativa) un piano annuale di tali oneri atto a coprire l’intero periodo di durata della fase successiva alla chiusura della discarica.

[2] In merito al riconoscimento ai fini delle imposte sui redditi dei criteri di qualificazione, imputazione e classificazione previsti da corretti principi contabili Ias/Ifrs, introdotto dall’art. 1, commi 58 e 59, della legge n. 244 del 2007 (c.d. “legge finanziaria 2008”), si rinvia alla Relazione illustrativa al d.m. 1° aprile 2009, n. 48, il quale, per i fondi di ripristino ambientale ha specificato che “Analogo ragionamento può riguardare la collocazione dei fondi di ripristino e di bonifica che gli IAS impongono di contabilizzare in contropartita di un costo integrativo dell’investimento che concorre, come tale, a formare il valore ammortizzabile del bene. Tale rappresentazione, infatti, si ritiene esprima una regola di qualificazione che deve rilevare anche ai fini fiscali”. In merito ad approfondimenti sul riconoscimento fiscale dei componenti di reddito derivante dai fondi di ripristino ambientale si rinvia a Assonime, “Guida all’applicazione dell’Ires e dell’Irap per le imprese Ias-adopter – documento I”, maggio 2011.

[3] In particolare, l’allora Ministero delle Finanze ha sostenuto che “occorre verificare se è possibile correlare ai ricavi dell’esercizio derivanti dalle vendite dei lotti di terreno i costi ad essi riferibili per le opere di urbanizzazione, anche se non ancora materialmente sostenuti. Si tratta, cioè, di stabilire se detti costi abbiano le caratteristiche di competenza quanto al tempo, della certezza quanto alla esistenza e che siano oggettivamente determinabili nel loro ammontare. In proposito si rileva che il carattere della competenza scaturisce dalla considerazione che nel caso in cui manchino i ricavi non può parlarsi di produzione del reddito, dal che deriva che sono i costi che devono seguire i ricavi. Di conseguenza, una volta stabilito l’esercizio di competenza dei ricavi, divengono automaticamente deducibili in quello stesso esercizio tutti i costi relativi”.

[4] “I ricavi, infatti, essendo correlati al conferimento dei rifiuti in discarica, sono interamente acquisisti dal gestore dell’impresa di stoccaggio durante il periodo di funzionamento della stessa, ancorchè i ricavi incorporino quote relative ai costi da sostenere in periodi successivi alla cessazione del loro conseguimento”.

[5] Cfr. Daniela Delfrate, “Oneri ambientali, focus ai ricavi”, in Italia Oggi7 del 24 ottobre 2022, pag. 10, per una conferma da parte della risposta n. 272/2022 della deducibilità degli oneri di ripristino ambientale lungo il periodo di utilizzo di un’area demaniale.

[6] “In altri termini, seppur la società istante è obbligata a sostenere i costi di ripristino ambientale al termine dell’attività sulla base di disposizioni di legge e accordi contrattuali, e a fronte di tale obbligo effettui preventivamente accantonamenti in un apposito fondo, non sussiste – per quanto descritto in istanza – la certezza del momento in cui gli stessi saranno effettivamente sostenuti”.

[7] Si ricorda che, con l’art. 13-bis del decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, il riconoscimento ai fini delle imposte sui redditi dei criteri di qualificazione, imputazione e classificazione previsti da corretti principi contabili si applica anche ai soggetti Oic-adopter a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015. Per effetto dell’art. 8, comma 1, del decreto legge 21 giugno 2022, n. 73, conv., con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2022, n. 122, il principio di “derivazione rafforzata” si applica, dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto (data che coincide con il 22 giugno 2022), anche alle “micro-imprese” (art. 2435-ter c.c.), che hanno optato per la redazione del bilancio in forma ordinaria.

[8] Cfr. relazione illustrativa all’art. 9 d.m. 8 giugno 2011, richiamato dall’art. 2, comma 1, lett. b) n. 5, del decreto ministeriale 3 agosto 2017  “Disposizioni di coordinamento per la determinazione della base imponibile dell’IRES e dell’IRAP dei soggetti ITA GAAP e dei soggetti IAS adopter , ai sensi dell’art. 13 -bis del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19”.

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