1. Con la Risoluzione n. 30/E del 26 febbraio 2019 (anche la “Risoluzione), l’amministrazione finanziaria è intervenuta per chiarire alcuni aspetti riguardanti il trattamento fiscale delle remunerazioni corrisposte dai soggetti emittenti strumenti ibridi di patrimonializzazione, vale a dire strumenti finanziari che potrebbero avere – sulla base del loro contenuto sostanziale – (i) natura di passività finanziaria, in quanto strumenti che possono generare “diritti/doveri di percezione/pagamento e/o di rimborso di capitale in capo al sottoscrittore/emittente”, ovvero (ii) natura di strumenti rappresentativi di capitale, in quanto portatori di un diritto di partecipazione ai risultati economici della società emittente e senza alcun obbligo/vincolo di pagamento dell’emittente. La questione sollevata nella Risoluzione attiene all’emissione di strumenti di tipo “Additional Tier 1” (anche “AT1”), utilizzati in ambito bancario in quanto prodotti che hanno la caratteristica di partecipare all’assorbimento delle perdite del soggetto emittente (la Banca) nel caso in cui gli indici patrimoniali di quest’ultimo dovessero scendere al di sotto di un certo livello di patrimonializzazione (livello “Tier 1”, per l’appunto). In considerazione di ciò, gli strumenti AT1 – anche quando contabilizzati tra le poste di capitale dell’emittente come componente di equity – potrebbero generare fluissi di cassa a titolo di remunerazione in misura fissa assimilabile ad una passività finanziaria.
2. A tal proposito, il principio contabile IAS 32 “Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio d’esercizio e informazione integrativa” al paragrafo 11 richiama, nell’ambito delle passività finanziarie, ogni obbligazione contrattuale a “consegnare disponibilità liquide o un’altra attività finanziaria a un’altra entità” o “a scambiare attività o passività finanziarie con un’altra entità a condizioni che sono potenzialmente sfavorevoli all’entità”; mentre ricomprende nell’ambito degli strumenti rappresentativi di capitale un qualsiasi contratto che rappresenti “una interessenza residua nelle attività dell’entità dopo aver dedotto tutte le sue passività”. Emerge quindi che la classificazione contabile e il trattamento fiscale di tali strumenti potrebbe divergere, dal momento in cui il postulato della “prevalenza della sostanza sulla forma” richiamato dai principi contabili internazionali IAS/IFRS può portare a conclusioni difformi rispetto a quelle suggerite dai canoni giuridico-formali contenuti nel dispositivo fiscale del TUIR. In particolar modo, la norma tributaria di cui all’art. 44 comma 2 del TUIR prevede, alla lett. a), che si considerino similari alle azioni “i titoli e gli strumenti finanziari (…) la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente”, mentre, secondo la lett. c), n. 2) dello stesso comma, sono similari alle obbligazioni “i titoli di massa che contengono l’obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma (…) e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione”.
3. Ciò premesso, il tema che si pone riguarda il coordinamento tra le norme contabili e le regole di determinazione della base imponibile IRES in materia di classificazione/qualificazione degli strumenti ibridi di patrimonializzazione e della conseguente remunerazione, tenuto conto che il “principio di derivazione rafforzata” dal bilancio – postulato con l’art. 83 comma 1, terzo periodo del TUIR – attesta il riconoscimento ai fini fiscali delle qualificazioni, imputazioni temporali e classificazioni richiamate nel bilancio dei soggetti IAS-adopter (medesime considerazioni valgono, tra l’altro, per i soggetti estensori del bilancio ai fini OIC). Il teorema generale è stato ribadito dal DM 8 giugno 2011 (recante “Disposizioni di coordinamento tra i principi contabili internazionali,adottati con regolamento UE entrato in vigore nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2010, e le regole di determinazione della base imponibile dell’IRES e dell’IRAP”, anche il “DM”), il quale – nel caso specifico che qui interessa ai fini della Risoluzione – introduce tuttavia un’eccezione al “principio di derivazione rafforzata” a favore della “distinzione formale contenuta nell’art. 44 del TUIR”, motivo per cui “indipendentemente dalla qualificazione e della classificazione adottata in bilancio, si considerano: a) similari alle azioni gli strumenti finanziari che presentano i requisiti di cui alla lettera a) del comma 2 dell’art. 44 del testo unico; b) similari alle obbligazioni gli strumenti finanziari che presentano i requisiti di cui alla lettera c) del comma 2 dell’art. 44 del testo unico” (si veda l’art. 5 comma 1 del DM). Ne consegue la formazione di un doppio binario tra valori civilistici e fiscali sulla remunerazione corrisposta dal soggetto emittente di strumenti ibridi (e, simmetricamente, per la tassazione del soggetto sottoscrittore sui rendimenti percepiti) qualora:
- a fronte dell’iscrizione di un debito nel passivo del bilancio (con relativa imputazione a conto economico dell’onere finanziario), la qualificazione fiscale della remunerazione sia ricondotta ad uno strumento di partecipazione agli utili (come dividendo indeducibile); e
- a fronte dell’iscrizione di un apporto di patrimonio netto nel bilancio, la qualificazione fiscale della remunerazione sia ricondotta al pagamento di un onere finanziario (passività) deducibile ai fini delle imposte sui redditi.
4. Stante il principio generale sancito dalla novella testé citata, il successivo comma 2 dell’art. 5 attesta l’indeducibilità di ogni tipo di remunerazione dovuta su strumenti finanziari che, pur qualificati ai fini IAS/IFRS come passività finanziarie, si ritengono (ai sensi dell’art. 44, comma 2, lett. a) del TUIR) titoli similari alle azioni “per la quota che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo”. Parimenti, il comma 3 ricorda che la remunerazione relativa a strumenti contabilizzati quali poste di capitale ai fini IAS/IFRS, ma che si qualificano come passività ai fini fiscali (ai sensi dell’art. 44 comma 2, lett. c) del TUIR), sono rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile IRES, tenuto conto che “si considerano imputati a conto economico i componenti imputati direttamente a patrimonio per effetto dei principi contabili adottati dall’impresa”. Sulla base di quanto precede l’Agenzia delle Entrate ha richiamato, per i prodotti AT1, la disciplina sugli strumenti di debito assimilabili alle obbligazioni (a norma dell’art. 44 del TUIR), motivo per cui gli eventuali oneri generati da tali strumenti sono fiscalmente rilevanti in capo al soggetto emittente (e, specularmente, qualificati/classificati dal soggetto sottoscrittore) sulla base delle disposizioni contenute nell’art. 96 del TUIR, nel limite della quota di rendimento non ancorato al risultato del soggetto emittente (l’eccedenza ricadrà, infatti, sotto le disposizioni dell’art. 109, comma 9, lett. a) del TUIR, in quanto componente indeducibile).
5. Questa interpretazione è stata confermata dall’Agenzia delle Entrate anche con un richiamo alle norme recanti disposizioni in materia di adeguatezza patrimoniale in relazione agli strumenti finanziari emessi da intermediari vigilati dalla Banca d’Italia o da soggetti vigilati dall’ISVAP (Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138), dove il comma 22 dell’art. 2 chiarisce che “le remunerazioni dei predetti strumenti finanziari sono in ogni caso deducibili ai fini della determinazione del reddito del soggetto emittente; resta ferma l’applicazione dell’articolo 96 e dell’articolo 109, comma 9, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
Sembra quindi plausibile, come anche evidenziato dall’Agenzia delle Entrate in chiusura di Risoluzione, che le medesime considerazioni ivi esposte siano anche applicabili alla generalità degli strumenti finanziari ibridi emessi da società non-finanziarie.