Il presente contributo tratta il tema della razionalizzazione della disciplina dei conferimenti di partecipazioni nell’ambito del disegno di Legge Delega per la Riforma fiscale.
L’art. 6 della bozza di Ddl delega per la riforma fiscale, approvato dal Governo il 16.3.2023, disciplina i principi di rivisitazione del sistema impositivo relativo ai redditi delle società e degli enti. In tale ambito la lettera e) del menzionato articolo prevede espressamente “la sistematizzazione e razionalizzazione della disciplina dei conferimenti di azienda e degli scambi di partecipazioni mediante conferimento, con particolare riferimento alle partecipazioni detenute nelle holding, nel rispetto dei relativi principi vigenti di neutralità fiscale e di valutazione delle azioni o quote ricevute dal conferente in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla conferitaria per effetto del conferimento”.
Rivolgendo dunque l’attenzione agli scambi di partecipazioni mediante conferimenti, disciplinati dall’art. 177 del TUIR, che – come noto – prevede un regime cd di “realizzo controllato”, ovvero del principio per cui le azioni o quote ricevute dal conferente sono valutate sulla base della corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla conferitaria per effetto del conferimento, l’intervento richiesto dalla legge delega appare focalizzato a quelli disciplinati dal comma 2-bis del citato art. 177 del TUIR, aventi ad oggetto le partecipazioni di “collegamento” detenute in società “holding”[1] [2] a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 11-bis del D.L. 34/2019 (c.d. “Decreto Crescita”).
L’art. 177, comma 2-bis del TUIR, ampliando l’ambito di applicazione del regime del “realizzo controllato”, da sempre rivolto esclusivamente alle operazioni per mezzo delle quali la società conferitaria acquisisce il controllo della società oggetto di conferimento, prevede che il medesimo possa trovare applicazione anche per le partecipazioni che in ogni caso superano determinate soglie[3]:
i) le partecipazioni conferite devono rappresentare complessivamente una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 per cento o al 20 per cento, ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 per cento o al 25 per cento (percentuali riferite rispettivamente a titoli negoziati in mercati regolamentati o altre partecipazioni);
ii) le partecipazioni devono essere conferite in società, esistenti o di nuova costituzione, interamente partecipate dal conferente.
Ulteriori limitazioni sono – altresì poste – con riguardo a conferimenti di partecipazioni detenute in società “holding”, poiché in tal caso è previsto che le soglie indicate sub i) debbano essere verificate in capo al conferente avendo riguardo a tutte le società indirettamente partecipate (che esercitano un’impresa commerciale secondo la definizione dell’art. 55 del TUIR), tenendo conto della demoltiplicazione determinata dalla catena partecipativa.
In tale contesto le criticità emerse nella prassi operativa sono numerose. In primo luogo, occorre sottolineare che la prassi amministrativa ha più volte evidenziato che per individuare la natura di “holding” o meno di una società oggetto di conferimento, ai fini dell’applicazione dell’art. 177 del TUIR, occorre avere riguardo ai valori correnti dell’attivo patrimoniale di quest’ultima come previsto dall’art. 87, comma 5 del TUIR in relazione all’applicazione dell’istituto della “participation exemption”[4]. Peraltro, laddove ai fini della disciplina della “participation exemption” una siffatta verifica sembra sia limitata alle dirette partecipate della società oggetto di analisi (sempre che la stessa non sia – a sua volta – qualificabile come “holding” di società di gestione di partecipazioni)[5], nella fattispecie in esame l’approccio “look through” nell’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria dovrebbe applicarsi per tutte le società della catena partecipativa. Il ricorso al criterio del “valore corrente” – per contro – renderebbe complessa una siffatta verifica, richiedendo la predisposizione di perizie / relazioni di stima, che potrebbero in ogni caso, proprio per la loro natura valutativa soggettiva, essere oggetto di revisione e il possesso anche di una sola partecipazione non di collegamento (vedasi infra) potrebbe inficiare l’applicazione del regime di “realizzo controllato”.
In concreto, il criterio per qualificare la società oggetto di conferimento come “holding” ai fini della normativa in esame, non è allo stato attuale fondato su criteri oggettivi quali – a mero titolo esemplificativo – quelli previsti dall’articolo 162-bis del TUIR, che prevede il confronto del valore contabile delle partecipazioni con il valore contabile complessivo dell’attivo patrimoniale, da riferirsi al bilancio dell’esercizio in cui il conferimento viene posto in essere. Risulta invece necessario prendere in considerazione il rapporto tra il valore corrente delle partecipazioni detenute dalla società scambiata e il suo valore economico complessivo alla data in cui il conferimento ha efficacia giuridica[6].
Il secondo aspetto da considerare – che si evince dal tenore del comma 2 bis dell’art. 177 del TUIR – riguarda il fatto che il requisito di cui alla lett. a)[7] rispetto ad una società “holding” debba essere integrato rispetto a tutte le partecipazioni anche indirettamente possedute.[8] L’interpretazione restrittiva di tale requisito risulta estremamente penalizzante, limitando l’applicazione del regime di “realizzo controllato” nel caso di gruppi complessi: si pensi a società quotate ovvero a gruppi che hanno posto in essere un processo di crescita “laterale”, a mezzo di acquisizioni e / o joint venture non “liquidabili”, in quanto sovente oggetto di patti parasociali ovvero di clausole di earn out che devono essere regolate nel medio lungo periodo[9]. In tale contesto, in passato è stato più volte prospettato in dottrina un intervento volto a limitare la portata della norma con la previsione di esclusioni di carattere soggettivo (quali ad esempio l’assimilazione delle società quotate a società operative) ovvero attraverso l’introduzione di soglie quantitative di irrilevanza (in percentuale o in valore assoluto) rispetto alle partecipazioni “non qualificate”..
A ciò si aggiunga che in tale contesto, nella prassi operativa, non è stato possibile escludere ipotesi di strutturazione di riorganizzazioni volte a superare l’incoerenza tra il regime dei conferimenti di “controllo” rispetto a quelli di collegamento aventi ad oggetto società “holding”. E’ peraltro evidente, che – ad eccezione della semplice dismissione delle partecipazioni sotto soglia – percorsi complessi sono certamente soggetti a sindacati di legittimità con riferimento alla norma antiabuso di cui all’art. 10-bis della Legge 212/2000: si veda a mero titolo esemplificativo la risposta n. 14/2023, laddove l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che la riorganizzazione proposta comportasse un indebito vantaggio fiscale in quanto la strutturazione della medesima era finalizzata ad “eludere” le condizioni di cui al comma 2-bis dell’art. 177 del TUIR, non verificate nella fattispecie per alcuni soggetti.
Alla luce delle problematiche evidenziate, un intervento sistematico con la Legge Delega è sicuramente auspicato, per consentire riorganizzazioni di gruppo spesso necessarie per salvaguardare realtà imprenditoriali importanti in delicati processi di ricambio generazionale[10].
Nel medesimo contesto sarebbe ulteriormente auspicabile, nonostante manchi un esplicito riferimento dell’ambito del Ddl, che il Legislatore intervenga (in via interpretativa anche sul pregresso) su altri aspetti sistemici dei conferimenti “a realizzo controllato” regolati dall’art. 177 del TUIR (non necessariamente relativi all’ambito di applicazione del comma 2-bis). Si pensi – ad esempio – alle problematiche operative che ha comportato il principio di diritto n. 10/2020[11], in forza del quale le operazioni di conferimento contabilmente “minusvalenti” potrebbero risultare oggetto di un sindacato di valutazione, non necessariamente volto a disconoscere la rilevanza fiscale della minusvalenza, ma mettendo in discussione addirittura la base di determinazione del calcolo di plusvalenze imponibili[12].
[1] La relazione governativa chiarisce infatti che il legislatore delegato dovrà eliminare talune irrazionalità ed effetti distorsivi “attualmente derivanti dalle norme che regolano (…) gli scambi di partecipazioni mediante conferimento di cui all’articolo 177 del medesimo testo unico. In particolare, in relazione a questa seconda fattispecie, il criterio direttivo si riferisce espressamente al caso in cui oggetto del conferimento è la partecipazione in una società holding per il quale il comma 2-bis del citato articolo 177 detta condizioni particolari di applicazione della normativa (…). Laddove, invece, il conferimento riguardi partecipazioni detenute in società holding è richiesto che le percentuali minime si riferiscano a tutte le società indirettamente partecipate che esercitano un’impresa commerciale e si determinino, relativamente al conferente, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa. In base alla consolidata interpretazione della norma in esame, la demoltiplicazione si applica anche alle società operative di secondo livello; in sostanza, l’approccio “look-through” va applicato sino ai livelli inferiori della catena e la presenza di una sola partecipazione in una società operativa “sotto soglia” preclude la fruizione del regime di realizzo controllato”.
[2] Si veda a tal proposito anche il Dossier n.80/2023 del Servizio Studi della Camera del 19.4.2023.
[3] Nella presente sede occorre anche ricordare che la società conferita deve rispettare specifici requisiti di carattere soggettivo, ovvero deve essere un soggetto di cui alle lettere a) e b) dell’art. 73 del TUIR, di fatto rendendo – allo stato attuale – inapplicabile il regime di cui trattasi a società extra UE (laddove per le società residenti nella UE un regime per certi versi simile a quello in esame è previsto dagli articoli 178 e ss del TUIR). Si veda a tal proposito anche la risoluzione n. 43/E/2017.
[4] Si veda a tal fine la recente risposta n. 4 del 4 gennaio 2023, che conferma la più risalente 868/2021.
[5] Si veda in tal senso anche Michelutti – Zecca, Nel conferimento di partecipazioni distorsioni da eliminare, Il Sole 24 Ore del 2 aprile 2023.
[6] Si veda a tal proposito anche Luca Miele, Razionalizzazione di conferimenti e scambi di partecipazioni con criterio ampio, Eutekne, 15 marzo 2023.
[7] Soglie minime di partecipazione di cui si è detto in precedenza.
[8] Cfr. ex multis, le risposte numero 429/2020, 238/2021, 57/2021.
[9] A tal proposito, si tenga peraltro conto che la prassi ministeriale si è rivelata ragionevolmente flessibile sul punto, ovvero alla liquidazione / dismissione di partecipazioni “sotto soglia” non risulterebbe applicabile un sindacato di “abuso del diritto” (cfr. risposte numero 429/2020, 450/2022).
[10] Si veda anche Nobili – Innocenti, Conferimenti di quote, per le Holding realizzo controllato da rivedere, Il Sole 24 Ore del 17 aprile 2023.
[11] Il citato principio di diritto prevede infatti che “L’applicazione del criterio di valutazione di cui al citato articolo 177 comma 2 solo alle plusvalenze trova fondamento nella relazione illustrativa all’articolo 5 del Decreto legislativo n. 358 del 1997 (trasfuso nell’attuale articolo 177 del TUIR), che fa espresso riferimento alla “determinazione della plusvalenza” ed appare coerente, a livello sistematico, con l’esigenza di ammettere la deduzione delle (eventuali) minusvalenze da conferimento solo in presenza di un “valore normale” delle partecipazioni nella società “scambiata” inferiore al rispettivo valore fiscale (ossia, solo nel caso in cui le partecipazioni conferite siano effettivamente minusvalenti) (.). Nelle ipotesi in cui ricorrano i presupposti per l’applicazione del “criterio generale” del valore normale (i.e conferimenti minusvalenti) (…), il corrispettivo del conferente deve essere valutato ai sensi dell’art. 9, comma 2, del TUIR. (…) Pertanto, la valutazione del corrispettivo realizzato dal conferente presuppone il confronto tra due valori e sarà effettuata prendendo in considerazione il maggiore tra il valore normale delle azioni conferite, rilevato al momento del regolamento dell’operazione, e il valore normale delle azioni ricevute, determinato ai sensi dell’articolo 9, comma 4, lett. a), (…)”.
[12] Si veda a tal proposito, ex multis, Piazza – Sironi, Partecipazioni, minuvalenze con deducibilità limitata, Il Sole 24 ore del 1 agosto 2020.