Premessa
Con il presente scritto s’intende approfondire il regime delle delegazioni di pagamento notificate agli istituti tesorieri/cassieri ex art. 206 D.Lgs n. 267/2000 (“TUEL”) a garanzia dei mutui contratti dagli enti locali onde specificamente stabilire se, in caso d’incapienza dei fondi dell’ente, la banca tesoriera debba pagare con fondi propri.
Si anticipa sin da subito che è opinione di chi scrive che sulla base della normativa di riferimento, letta anche alla luce della sua evoluzione nel tempo, si può ritenere che l’istituto bancario tesoriere è un mero delegato al pagamento che non assume obbligazione autonoma, mentre è l’ente locale a porsi come unico soggetto passivo del pagamento[1].
In questa medesima prospettiva, del resto, è stato recentemente ritenuto che l’atto di delega di cui all’art. 206 TUEL non costituisca titolo esecutivo che consenta di preannunciare l’esecuzione direttamente nei confronti del tesoriere, bensì esclusivamente nei confronti dell’ente locale[2].
Si consideri al riguardo quanto segue.
1. Il regime giuridico delle delegazioni di pagamento “pubblicistiche” ex art. 206 TUEL
La delegazione di pagamento pubblicistica è istituto rinvenibile nell’ordinamento nazionale a partire dall’istituto originariamente disciplinato dall’art. 94 del TU finanza locale, approvato con il R.D. 14 settembre 1931, n. 1775 relativo alle delegazioni di pagamento che l’ente locale poteva emettere a garanzia di contratti di mutuo e notificare al proprio agente della riscossione[3].
La giurisprudenza di legittimità a suo tempo formatasi sul regime giuridico delle delegazioni di pagamento sulle imposte di consumo emesse dai Comuni a garanzia dei mutui contratti, ebbe modo di affermare che “Nei confronti dell’ente mutuante, il soggetto che accetta le delegazioni non assume una obbligazione in proprio nome, ma sempre come delegato del comune e per conto di quest’ultimo, dato che le delegazioni di pagamento si presentano quale mezzo normale di estinzione del mutuo stesso. Pertanto, sia nei confronti de comune, sia nei confronti dell’ente mutuante, il soggetto sul quale vengono rilasciate le delegazioni di pagamento assume la veste di semplice adiectus solutionis causa” [4].
Come si vedrà, tale originaria impostazione dei rapporti tra ente pubblico delegante e soggetto delegato al pagamento non muta anche alla luce della legislazione oggi vigente.
Nell’ambito della legislazione vigente, l’art. 3 comma 3 della legge n. 843 del 1978 ha stabilito che “a partire dal 1° gennaio 1979, le province e i comuni possono rilasciare a garanzia di mutui, debiti ed altri impegni, delegazioni di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli di bilancio. Gli enti mutuatari sono obbligati a notificare al tesoriere l’atto di delega, che non è soggetto ad accettazione. Il tesoriere, in relazione all’atto di delega notificata, è tenuto a versare agli enti creditori, alle prescritte scadenze, con comminatoria dell’indennità di mora in C. di ritardato versamento, l’importo oggetto della delegazione, provvedendo, ove necessario, agli opportuni accantonamenti” (cfr. ora l’art. 206 del d.lgs. n. 267 del 2000, si veda anche – per i prestiti obbligazionari – l’art. 35 della l. 23.12.1994, n. 724[5]).
Per effetto della disposizione appena riportata (come detto, ora trasposta nell’art. 206 del TUEL) “ad un soggetto legato da rapporto di servizio con il Comune, quale indubbiamente è il tesoriere comunale viene imposto un ulteriore specifico obbligo di servizio, di natura pubblicistica, avente ad oggetto denaro pubblico”[6].
La delegazione di pagamento di cui trattasi ed il relativo regime, infatti, si colloca nell’ambito di un rapporto tra banca tesoriera ed ente locale che è da qualificare come rapporto concessorio.
In questa prospettiva è stato ritenuto che “il contratto avente ad oggetto l’affidamento del servizio di tesoreria comunale deve essere qualificato in termini di rapporto concessorio, e non già come appalto di servizi, avendo ad oggetto la gestione del servizio di tesoreria comunale implicante il conferimento di funzioni pubblicistiche, quali il maneggio di danaro pubblico e il controllo di regolarità sui mandati e prospetti di pagamento nonchè sul rispetto dei limiti degli stanziamenti in bilancio; le relative controversie appartengono pertanto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quali controversie relative a concessioni di pubblici servizi, allorquando implichino indagini e statuizioni sulla validità e sulla operatività dei provvedimenti e di clausole del rapporto concessorio ovvero che abbiano ad oggetto non già la mera debenza e la misura del corrispettivo, ma il momento genetico del rapporto di concessione del servizio di tesoreria, restando invece al giudice ordinario soltanto le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi” [7].
Rientra quindi nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione dell’ambito di applicazione del contratto di tesoreria e/o degli obblighi da esso derivanti, ivi compresi quelli discendenti dalla delegazione di pagamento “pubblicistica” eventualmente adottata.
Chiarito quanto precede, si rileva che i riferimenti normativi che regolano la delegazione di pagamento c.d. “pubblicistica” si rinvengono, da ultimo, nel citato art. 206 TUEL, il quale prevede che quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti gli enti locali possono rilasciare delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale. L’atto di delega, non soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte dell’ente locale e costituisce titolo esecutivo[8].
Si precisa che l’eventuale accettazione esplicita della delegazione di pagamento notificata al tesoriere ex art. 206 TUEL implicherebbe l’applicabilità della disciplina codicistica (art. 1268 e ss cod. civ.[9]) e quindi l’insorgenza di autonoma obbligazione di pagamento in capo alla banca delegata.
Inoltre, l’art. 216 TUEL (Condizioni di legittimità dei pagamenti effettuati dal tesoriere) dispone che i pagamenti possono avere luogo solo se i mandati risultano emessi entro i limiti dei rispettivi interventi stanziati in bilancio o dei capitoli per i servizi per conto di terzi. A tal fine l’ente trasmette al tesoriere il bilancio di previsione approvato nonché tutte le delibere di variazione e di prelevamento di quote del fondo di riserva debitamente esecutive. Nessun mandato di pagamento può essere estinto dal tesoriere se privo della codifica. Il tesoriere provvede all’estinzione dei mandati di pagamento emessi in conto residui passivi solo ove gli stessi trovino riscontro nell’elenco dei residui sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario e consegnato al tesoriere.
Tale ultima disposizione deve essere coordinata con quella, successiva, di cui all’art. 220 TUEL (Obblighi del tesoriere per le delegazioni di pagamento), la quale prevede che a seguito della notifica degli atti di delegazione di pagamento di cui al precedente articolo 206, il tesoriere è tenuto a versare l’importo dovuto ai creditori alle scadenze prescritte, con comminatoria dell’indennità di mora in caso di ritardato pagamento.
Alla luce di dette disposizioni di legge tuttavia emerge che, a fronte di uno o più mutui in essere (che presuppongono l’iscrizione delle somme in bilancio, contestuale, al Titolo V delle entrate ed ai Titoli II e III delle spese) è necessario che siano presenti a bilancio sufficienti stanziamenti di competenza”. In difetto si determinerebbe una situazione suscettibile d’influire negativamente sul mantenimento degli equilibri di bilancio dell’ente.
L’art. 183 del TUEL, nel fissare le regole generali per gli impegni di spesa, al comma 5 prevede che “Le spese in conto capitale si considerano impegnate ove sono finanziate nei seguenti modi: a) con l’assunzione di mutui a specifica destinazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l’ammontare del mutuo, contratto o già concesso, e del relativo prefinanziamento accertato in entrata (…)”. Si tratta di regole contabili che impongono all’ente locale l’iscrizione in bilancio della rata di ammortamento dei mutui contratti fino alla totale estinzione degli stessi.
In altri termini, l’adozione e notifica della delegazione di pagamento pubblicistica genera un vincolo di destinazione che implica che le somme derivanti dall’entrata oggetto di delegazione di pagamento (nel limite indicato da essa) non possano essere destinate dall’ente che al pagamento delle rate di ammortamento del mutuo.
La Corte dei Conti ha al riguardo precisato che “In ogni caso il tesoriere non può procedere al pagamento di spese senza che vi siano i fondi necessari allo scopo e ciò anche nelle ipotesi nelle quali non sia necessario un previo mandato di pagamento” [10].
Da tali disposizioni di legge si evince – come detto – che, secondo lo schema normativo, il tesoriere non assume obbligazione autonoma, mentre è l’ente locale a porsi come unico soggetto passivo del pagamento, rimanendo il tesoriere un mero delegato al pagamento.
In questa prospettiva d’analisi si può rilevare anche che l’art. 3, comma 6, della citata legge n. 843/1978, disposizione ancora formalmente vigente ed antesignana dell’attuale art. 206 del D.Lgs 267/2000, prevede che: “I tesorieri delle province e dei comuni, sulla base degli elenchi di cui al precedente comma, sono tenuti al pagamento delle rate di ammortamento alle scadenze stabilite, fermo restando il limite delle anticipazioni di tesoreria di cui all’articolo 1 del decreto-legge 29 dicembre 1977, n. 946, convertito, con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1978, n. 43. “
Si può quindi rilevare che il tesoriere sarà tenuto al pagamento anche in difetto di fondi (ivi compresi fondi a specifica destinazione – cfr art. 195 TUEL) solo nell’ipotesi in cui sia stata tempestivamente e correttamente attivata dall’ente l’anticipazione di tesoreria necessaria a superare momentanee crisi di liquidità e, in ogni caso, nei limiti di tale anticipazione[11].
Attualmente, l’anticipazione di tesoreria è regolata dall’art. 222 del D.lgs 267/2000. Si ricorda che l’anticipazione di tesoreria non costituisce ulteriore indebitamento dell’ente atteso che articolo 3, comma 17, secondo periodo, della legge 24.12.2013, n. 350 prevede che: «Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato art. 119 (ndr: Cost), le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio».
Alle previsioni legislative in materia si aggiungono le statuizioni convenzionali intercorrenti tra l’ente locale ed il proprio tesoriere (convenzioni di Tesoreria) tra le quali, usualmente, si rinvengono specifiche clausole di disciplina delle particolari ipotesi di pagamenti effettuati senza previo mandato, le quali di regola prevedono che il tesoriere effettui i pagamenti derivanti da obblighi tributari, da somme iscritte a ruolo, da delegazioni di pagamento, e da altri obblighi di legge, anche in assenza della preventiva emissione del relativo mandato di pagamento e che entro un certo (breve) termine e comunque entro il termine del mese in corso l’ente locale emetta il relativo mandato ai fini della regolarizzazione.
Il difetto del mandato di pagamento, tuttavia, riguarda una carenza di carattere formale/procedurale diversa dalla carenza strutturale di fondi. Tale difetto è carenza regolarizzabile. Occorre quindi porre attenzione non tanto alle previsioni convenzionali che stabiliscano l’obbligo di pagamento anche in difetto di mandato, quanto a quelle che dovessero eventualmente prevedere il pagamento in difetto di fondi e/o in difetto dell’attivazione dell’anticipazione di tesoreria. Tali previsioni convenzionali sarebbero contrastanti con le disposizioni di legge dianzi richiamate.
2. Le delegazioni di pagamento “pubblicistiche” ex art. 206 TUEL quale atto negoziale paritetico soggetto al diritto privato “speciale” applicabile alla P.A.
Fermo quanto precede, occorre ricordare che la delegazione di pagamento di natura pubblicistica (che è, comunque, atto di natura negoziale) s’inserisce nel complesso regime giuridico della gestione delle entrate e uscite degli enti locali, al quale sovrintende la Corte dei Conti, nell’ambito del rapporto concessorio che intercorre tra l’ente locale ed il tesoriere (rapporto sul quale, come detto, sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo).
Come già rilevato, la Corte dei Conti ha chiaramente statuito che il tesoriere non solo non deve, ma neppure può disporre di fondi dell’ente locale, procedendo al pagamento di spese, anche se assistite da delegazione di pagamento, senza che vi siano i fondi destinati dal Comune allo scopo, e ciò anche nelle ipotesi nelle quali non sia necessario un previo mandato di pagamento.
Si deve al riguardo premettere che le delegazioni di pagamento ex art. 206 TUEL hanno natura di atti negoziali paritetici la cui disciplina afferisce al diritto privato “speciale” talora applicabile alla Pubblica Amministrazione, dunque derogatoria rispetto a quella ordinaria e generale stabilita dal codice civile.
In altre parole, la delegazione di pagamento pubblicistica di cui al combinato disposto di cui agli artt. 206 e 220 TUEL è istituto che si pone in rapporto di specialità rispetto alla ordinaria e generale disciplina della delegazione di pagamento di cui al codice civile.
Sicché, come osserva la Cassazione, “nei rapporti nei quali lo Stato agisce “jure privatorum”, le disposizioni che definiscono l’area di incidenza dei privilegi della p.a., comportanti una restrizione dell’autonomia negoziale dei privati, vanno interpretate in senso restrittivo, in linea col precetto di cui all’art. 41, 1° comma della Costituzione”[12].
Si tratta, infatti, di disposizioni che fanno eccezione rispetto alle regole generali previste dal codice civile ordinariamente applicabili e dunque rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 14 delle c.d. “preleggi” secondo cui le leggi che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.
Ancora, nel senso dell’interpretazione restrittiva, è noto che la Costituzione, nel tutelare l’integrità patrimoniale dei singoli, pone una riserva di legge ordinaria al riguardo (cfr. artt. 23, 41 e 42 Cost.), così come il codice civile, all’art. 2740, precisa che le limitazioni della responsabilità patrimoniale (nel nostro caso, degli enti locali) “non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge”.
Ne deriva, a maggior ragione, che dal regime giuridico della delegazione di pagamento pubblicistica ex artt. 206 e 220 TUEL non può desumersi in via interpretativa una significativa incisione dell’integrità patrimoniale del soggetto privato che assume convenzionalmente il ruolo di tesoriere dell’ente locale, incisione che si avrebbe laddove si ritenesse la banca tenuta a rispondere con il proprio patrimonio di obbligazioni assunte autonomamente dall’ente locale in tutte le ipotesi in cui, per le ragioni più varie, l’ente locale non dovesse essere in grado di fare tempestivamente fronte alle obbligazioni assunte nei confronti di soggetti terzi.
Una simile lettura “interpretativa” si risolverebbe, del resto, in una limitazione della responsabilità patrimoniale degli enti locali non espressamente e tassativamente prevista da una norma di legge.
3. La funzione di garanzia e titolo esecutivo delle delegazioni di pagamento “pubblicistiche” ex art. 206 del D.lgs 267/2000
3.1. Come noto, per gli enti locali la delegazione di pagamento ex art. 206 del TUEL assolve anche ad una funzione di garanzia a favore del creditore dell’Ente. La garanzia ivi prevista è atipica (impropria) e qualificabile come forma di obbligazione accessoria che, in base ai principi generali, segue necessariamente quella principale relativa al pagamento della rata del mutuo concessa. Più che altro, la garanzia si risolve in un procedimento di pagamento che dovrebbe assolvere alla funzione di più sicura restituzione dei prestiti contratti dall’Ente.
Il rilascio della delegazione di pagamento da parte dell’ente locale è atto di natura gestoria di carattere negoziale e paritetico e, in quanto tale, non revocabile.
In questa prospettiva la causa di garanzia è assicurata dall’adozione normativa di un modello – costituente in ambito privatistico una delle tante modalità di estinzione di una obbligazione pecuniaria- in cui la posizione del creditore è tutelata a mezzo della dissociazione del soggetto debitore rispetto a quello istituzionalmente deputato ad eseguire i pagamenti per conto del primo, dal vincolo sulle somme destinate alla soddisfazione del credito nonchè dal mandato di pagamento rilasciato in via preventiva ed a mezzo di notifica formale al soggetto pagatore[13].
Al riguardo è utile considerare che l’art. 206 del TUEL prevede che la delegazione di pagamento pubblicistica non debba essere accettata dal tesoriere: dalla notifica di tale delegazione di pagamento, infatti, in capo al tesoriere – legato all’ente pubblico dal rapporto concessorio pubblicistico regolato dalla convenzione di concessione- sorge solo un obbligo (di servizio, ossia di carattere pubblicistico) relativo al destinatario dei pagamenti, ma senza che ciò determini il sorgere altresì di un’obbligazione autonoma in capo al tesoriere nei confronti dell’istituto di credito delegatario[14].
D’altra parte, neppure avrebbe avuto senso prevedere una forma di accettazione atteso che il tesoriere – in base al rapporto concessorio – non potrebbe scegliere se accettare o meno quello che è, in definitiva, un obbligo di servizio.
La previsione di un’accettazione, al contrario, avrebbe potuto ingenerare confusione con il regime giuridico proprio della delegazione di pagamento privatistica, nella quale, com’è noto, in caso di accettazione il delegato assume nei confronti del delegatario obbligazione autonoma e diretta rispetto a quella del delegante.
Questo effetto non si produce nel caso di delegazione pubblicistica perché, come detto, il tesoriere/delegatario, ricevuta la notifica della delegazione di pagamento pubblicistica, non ha facoltà di scegliere se accettarla o meno, dovendo agire in esecuzione di un “obbligo di servizio” pubblicistico, che discende dal rapporto concessorio di tesoreria, che si attiva proprio (e solo) con la notifica della delegazione di pagamento.
Più in dettaglio, il tesoriere, ricevuta la delegazione di pagamento, effettua i pagamenti di “danaro pubblico”, alle scadenze previste nel piano di ammortamento assistito da delegazione, nella sola e semplice qualità di adiectus solutionis causa, senza assumere al riguardo alcuna obbligazione autonoma e/o a qualunque titolo dovere rispondere con il proprio patrimonio.
Trattandosi, quindi, di un’obbligazione di tipo pubblicistico, spetta alla Corte di Conti la cognizione delle questioni attinenti all’operato del tesoriere (e quindi alla responsabilità per l’eventuale omissione di tutti gli adempimenti necessari al corretto e tempestivo adempimento di detto obbligo): «[il] tesoriere comunale, indubbiamente legato da rapporto di servizio con l’ente, [ha] un ulteriore specifico obbligo di servizio, di natura pubblicistica ed avente ad oggetto denaro pubblico, consistente nel versamento agli enti creditori, alle scadenze prescritte, degli importi oggetto della delega degli enti mutuatari; ne consegue che la responsabilità per i danni subiti dal comune a causa dell’asserita violazione di tale obbligo rientra chiaramente nell’ambito della giurisdizione della Corte dei conti» [15].
In ultima analisi, la delegazione di pagamento costituisce mero atto applicativo degli “obblighi di servizio” che trovano la loro disciplina nel testo convenzionale, e di cui la notifica determina l’insorgenza/attivazione. Ecco spiegata la funzione della notifica della delegazione di pagamento al tesoriere, che ha rilevanza nei soli rapporti interni tra tesoriere e Comune, derivando da una convenzione che – nei confronti del soggetto a favore del quale è stata rilasciata la delegazione di pagamento – è res inter alios acta.
3.2. La natura di “titolo esecutivo” che la legge riconosce alla delegazione di pagamento in relazione alla rate di mutuo/prestito che ne sono oggetto implica che il creditore potrà direttamente iniziare l’esecuzione forzata nei confronti dell’ente (nella forma dell’esecuzione forzata presso il tesoriere) e non che le entrate (dei primi tre titoli del bilancio dell’ente locale) corrispondenti agli importi maturati in base alla delegazione di pagamento siano divenuti di proprietà del creditore una volta che il tesoriere non abbia tempestivamente pagato[16].
Né tantomeno la disciplina vigente e la prassi in materia consentono che, in caso di dissesto dell’ente, la delegazione di pagamento si risolva in un trattamento privilegiato del creditore beneficiario della delegazione.
Si aggiunge che, sotto il profilo letterale, nessun elemento contenuto nelle disposizioni di cui agli artt. 206 e 220 TUEL consente di ritenere che la delegazione di pagamento costituisce titolo esecutivo nei confronti del tesoriere.
D’altra parte, sul piano sistematico, un diversa interpretazione si porrebbe in aperto contrasto, ad esempio, con l’art. 159 (norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali) del medesimo TUEL, il quale espressamente prevede che non sono ammesse procedure di esecuzione e/o di espropriazione forzata presso soggetti diversi dai tesorieri precisando che non sono soggette ad esecuzione forzata le somme di competenza degli enti locali destinate al “pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso” ma a condizione “che l’organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità”.
La conseguenza è che, se l’organo esecutivo non adotta tale delibera, sono assoggettabili ad esecuzione forzata anche le somme destinate al pagamento dei mutui e di tali pagamenti, sicché il creditore può servirsi, nei confronti del comune, del titolo esecutivo costituito dalla delegazione di pagamento per soddisfarsi sui fondi a ciò destinati dal comune (seppure, poi, in concreto, l’esecuzione si svolga presso il tesoriere), ma ciò non implica anche che il tesoriere dovrebbe poi rispondere con il proprio patrimonio, risultando inammissibilmente e inspiegabilmente esposto a responsabilità patrimoniale a causa di comportamenti omissivi dell’ente locale.
Ancora, e sempre ricordando che la previsione dell’art. 206 TUEL secondo cui la delegazione di pagamento rilasciata dall’ente locale costituisce titolo esecutivo, deve escludersi che con la semplice notifica della delegazione di pagamento il tesoriere possa essere costituito fideiussore delle obbligazioni assunte dall’ente locale delegante senza avere mai espresso in modo univoco tale volontà e senza che ve ne sia traccia nell’ambito del rapporto contrattuale/convenzionale che lega il tesoriere all’ente locale e che regola l’esplicarsi del rapporto di tesoreria.
Una diversa lettura si porre in contrasto anche con il precetto di cui all’art. 1937 cod. civ. (secondo il quale la volontà di costituirsi fideiussore deve essere espressa in modo chiaro ed univoco) e si dovrebbe arrivare a sostenere che il combinato disposto degli artt. 206 e 220 TUEL sarebbe fonte legale di una sorta di obbligo fideiussorio “implicito” a carico del tesoriere, la cui insorgenza sarebbe ricollegata alla semplice notifica della delegazione di pagamento pubblicistica. Si avrebbe, cioè, una ipotesi di fideiussione legale, tale per cui il tesoriere sarebbe costituito (a sua insaputa) fideiussore dei debiti contratti dall’ente locale semplicemente mediante la mera notifica della delegazione di pagamento.
4. Conclusioni
Alla luce di quanto si è andato sinora esponendo si può concludere che le delegazioni di pagamento pubblicistiche, notificate al tesoriere ex art. 206 TUEL, s’inseriscono in un rapporto concessorio di tesoreria e da esse non deriva in capo al tesoriere, secondo le previsioni di legge, un obbligo di pagamento in difetto di fondi e/o l’ultrattività della delegazione una volta che si sia interrotto/esaurito il rapporto concessorio. In altre parole, dalla notifica di tale delegazione di pagamento deriva in capo al tesoriere – legato all’ente pubblico dal rapporto concessorio pubblicistico regolato dalla convenzione di concessione- esclusivamente un obbligo (di servizio, ossia di carattere pubblicistico) relativo al destinatario dei pagamenti, ma senza che ciò implichi l’insorgenza di un’obbligazione autonoma in capo al tesoriere nei confronti dell’istituto di credito delegatario.
[1] Contra, in dottrina, cfr Cavallo Perin, Romano, Commentario Breve al Testo Unico sulle Autonomie Locali, Padova, 2006, pag.907, commento all’art. 206. Ivi si legge: “La notificazione dell’atto di delega (…) individua il tesoriere come debitore principale del pagamento della rata di ammortamento, indipendentemente dalla materiale disponibilità di fondi dell’ente e dall’obbligo di accantonare tempestivamente sulle entrate le somme necessarie al pagamento di quanto delegato”.
[2] Trib Milano, Sez. III civ, 30.03.2020, n. 2224 in cui si precisa che “sotto il profilo del dato letterale ed ermeneutico delle disposizioni, non è possibile affermare che il legislatore abbia previsto un’obbligazione autonoma del tesoriere configurandolo alla stregua di un garante personale, tenuto al pagamento in caso di inadempienza del soggetto obbligato principale. L’art. 206 TUEL, difatti, delimita i casi in cui può essere rilasciata la delegazione di pagamento c.d. pubblicistica (cfr. in proposito l’incipit della norma) e l’oggetto della delegazione di pagamento, prevedendo esclusivamente in capo al delegato l’obbligo di destinare una parte dei fondi pubblici dell’ente locale al rimborso dei finanziamenti dallo stesso richiesti ed ottenuti (“entrate (ndr future) afferenti ai primi tre titoli del bilancio di previsione”). La disposizione citata non prevede, invece, alcuna sostituzione dal lato passivo dell’obbligazione. Il debitore è e rimane, pur a fronte dell’atto di delega, l’ente locale, mentre il tesoriere è tenuto solamente ad effettuare i pagamenti in conformità alla delegazione di pagamento onde estinguere l’obbligazione sussistente in capo al Comune di Foppolo. La circostanza che la delegazione di pagamento sia da notificarsi al tesoriere e non sia soggetta ad accettazione, lungi dal costituire un elemento a sostegno della tesi, (…), della insorgenza di un’obbligazione diretta(…) ., conferma che il tesoriere (il quale, normalmente in virtù del servizio di tesoreria deve eseguire i pagamenti a seguito dell’emissione dei mandati, deliberati dall’amministrazione locale), a seguito della notificazione della delegazione di pagamento è tenuto ad accantonare, in adempimento della convenzione di tesoreria, le entrate future dell’ente locale di cui gestisce la contabilità nei limiti indicatigli, destinandole alle scadenze prefissate al rimborso delle rate dei finanziamenti contratti. Nel caso in cui non vi sia disponibilità dei fondi, il tesoriere non è, tuttavia, tenuto a rispondere in proprio dell’obbligazione, salvo che sia configurabile una sua responsabilità nella gestione delle entrate del Comune. L’accettazione dell’atto di delega non è poi prevista proprio perché la norma in esame non configura un istituto che comporta l’assunzione di un’obbligazione in capo al tesoriere – non essendo tenuto ad adempiere con sue risorse – e, proprio per questa ragione, non è richiesta alcuna manifestazione di volontà da parte sua. Il tesoriere è indicato quale soggetto delegato solo ed esclusivamente in virtù del servizio di tesoreria che presta a favore del Comune, e non in quanto a sua volta debitore dell’ente locale, ed, in virtù dell’atto di delega, potrà procedere al pagamento senza attendere che venga preventivamente emesso l’apposito mandato prima della scadenza delle rate”. Vedi anche in senso conforme Trib. Milano, Sez. III civ., 8.04.2020, n. 2364, pubblicate su www.giustiziainsieme.it
[3] MONACO, «Delegazione di pagamento», in NN.D.I., IV, Torino, 1960, 356, fornisce una ricostruzione “storica” della delegazione di pagamento “pubblicistica”, a partire dall’istituto allora disciplinato dall’art. 94 del TU finanza locale, approvato con il R.D. 14 settembre 1931, n. 1775 relativo alle delegazioni di pagamento che l’ente locale poteva emettere a garanzia di contratti di mutuo e notificare al proprio agente della riscossione. Nello scritto in questione si sottolinea che in quel regime i delegati dovevano espressamente accettare la delegazione (cfr. pag. 359, prima colonna, ultimo periodo) e potevano essere delegati gli agenti della riscossione “i quali in conseguenza dell’avvenuta delegazione sono tenuti a versare i cespiti riscossi al delegatario anziché al delegante” ed anche gli esattori comunali, etc., nonché il tesoriere dello Stato, incaricato del servizio di tesoreria (cfr. pag. 358, prima colonna, lett. D) e si chiarisce anche che: “Una volta accertato che l’agente della riscossione non assume alcuna obbligazione nei confronti del delegatario, ma si limita ad adempiere alla sua obbligazione nei confronti del delegante, pagando, per ordine di quest’ultimo, al delegatario, non si spiegherebbe l’esistenza di un’azione diretta del delegatario nei confronti del delegato in caso d’inadempimento. Ma l’apparente anomalia si giustifica, ove si consideri che la delegazione di pagamento ha un suo particolare effetto: quello di attuare una vera e propria surrogazione legale del delegatario al delegante nell’esercizio dell’azione a quest’ultimo spettante nei confronti dell’agente delegato. Abbiamo visto infatti nelle pagine precedenti che il delegatario può svolgere la stessa procedura speciale e sommaria di esecuzione sulla cauzione che viene normalmente posta in essere dall’ente pubblico a carico dell’agente che non provvede al puntuale versamento dei cespiti a lui dati in carico per la riscossione” (pag. 361, fine seconda colonna e 362 inizio prima colonna). A ben vedere, quindi, la delegazione di pagamento non ha mai storicamente determinato obbligazione autonoma del delegato nei confronti del delegatario o costituito titolo esecutivo nei confronti del tesoriere delegato e non già del Comune.
[4] Così, Cass. Civ., SS. UU., 24 marzo 1969, n. 933, in Foro It., vol. 92, n. 7/8, c. 1969 e ss.
[5] L’art. 35, comma 8, della l. n. 724/1994 prevede che: “Il rimborso del prestito è assicurato attraverso il rilascio delle delegazioni di pagamento di cui all’art. 3 della legge 21 dicembre 1978, n. 843. Il rimborso del prestito emesso dalle regioni è assicurato dall’iscrizione in bilancio con impegno della regione a dare mandato al tesoriere ad accantonare le somme necessarie. E’ vietata ogni forma di garanzia a carico dello Stato; è vietata altresì ogni forma di garanzia delle regioni per prestiti emessi da enti locali.”
[6] così Corte Conti, Sez. II, 20.06.2007, n. 208.
[7] Così Consiglio di Stato, sez. V, 25/02/2014, n. 877; vedi anche Cass. S.U. 16.07.2001, n. 9648; Id., 7.02.2002, n. 1734; Id., 6.07.2005, n. 14198; Id., 3.04.2009, n. 8113; Cons. Stato, Sez. V, 6.06.2011, n. 3377.
[8] La natura di titolo esecutivo della delegazione di pagamento è stata prevista, per la prima volta, dall’art. 14, D.Lgs. 11 giugno 1996, n. 336, che ha modificato l’art. 48 del D.Lgs 25 febbraio 1995, n. 77. Tale previsione è stata introdotta per agevolare e semplificare l’esecuzione forzata del credito nei confronti dell’ente locale.
[9] In questa sede non rileva approfondire il regime giuridico della delegazione di pagamento civilistica, e ci si limita solo a ricordare che l’art. 1268 c.c. disciplina la delegazione passiva (c.d. di debito, o promittendi), con cui il debitore (delegante) assegna al creditore (delegatario) un nuovo debitore (delegato), il quale si obbliga verso il creditore. La delegazione si sostanzia nell’assegnazione di un altro debitore, di regola cumulativa, poiché l’effetto naturale della delegazione è il cumulo di responsabilità: il creditore acquista un nuovo debitore, senza perdere il precedente. Perché il delegante sia liberato, occorre un espressa dichiarazione in tal senso del creditore. L’art. 1269 c.c. disciplina la delegazione di pagamento (c.d. solvendi, o dandi), con la quale il debitore delega un terzo per eseguire il pagamento al creditore. Il terzo, ancorché sia debitore del delegante, non è tenuto ad accettare l’incarico, salvi gli usi diversi; se il delegante non glielo abbia vietato, il terzo delegato può obbligarsi nei confronti del creditore (art. 1269, comma 1, c.c.), nel qual caso la delegatio solvendi si trasforma in una delegatio promittendi. Cfr Magazzù A., Delegazione, in Dig. Priv., 1988; Dore C. La delegazione di pagamento, Ed. Scient. Italiane, 2017
[10] cfr Corte Conti, Sez. Reg. Controllo Lombardia parere n. 93/2011 del 15.02.2011.
[11] in dottrina, cfr Cavallo Perin, Romano, Commentario Breve al Testo Unico sulle Autonomie Locali, Padova, 2006, pag.934, commento all’art. 220. Ivi si legge: “Il vincolo d’indisponibilità che il tesoriere può apporre, a seguito della notifica della delegazione di pagamento, non si estende esclusivamente alle disponibilità di bilancio rintracciabili nei primi tre titoli dell’entrata (art 165), ma anche all’anticipazione di tesoreria (art. 222) la cui attivazione, in carenza di disponibilità di fondi dell’ente, non soggiace agli eventuali vincoli procedurali previsti dal regolamento dell’ente e/o dalla convenzione di tesoreria”.
[12] Cassazione civile sez. III, 28 gennaio 2002, n.981.
[13] Cfr TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 20.01.2007, n. 53, in cui si precisa che la delegazione di pagamento ex art. 206 TUEL ha carattere consustanziale e servente, rispetto ai negozi assistiti (il mutuo, il prestito obbligazionario e l’apertura di credito), secondo la tipica natura accessoria che connota il negozio strumentale (nella specie di garanzia impropria) ed è così espressione della capacità di diritto privato dell’ente, risultando irrevocabile e/o suscettibile di annullamento in autotutela secondo uno schema operativo invece pubblicistico.
[14] Nella medesima linea di ragionamento è stato ritenuto che in virtù dell’art. 206 TUEL “l’ente (delegante) ordina al proprio tesoriere (delegato – senza che questi assuma un’obbligazione autonoma rispetto a quella dell’ente delegante – di costituire una provvista destinata al soddisfacimento del debito assistito dalla delegazione (con priorità rispetto ad altri pagamenti dovuti dall’ente e tuttavia senza costituire un titolo d prelazione) ed alimentata mediante accantonamenti sulle entrate dell’ente afferenti i primi tre titoli del bilancio annuale” Del Fante C., Il futuro degli investimenti locali: istituzioni, strumenti e attori, ANCI, 2007.
[15] Cfr. Corte dei Conti, Sez. II App., Sent., 20 giugno 2007, n. 208, cit.
[16] Gaudianello D., Gli enti locali possono prestare garanzie reali?, in dirittobancario.it sostiene che: “A ben vedere, se la delegazione di pagamento costituisce titolo esecutivo con riferimento alle rate che ne sono oggetto, questo significa solo che il creditore potrà direttamente iniziare l’esecuzione forzata nei confronti dell’ente (nella forma dell’esecuzione presso il tesoriere) e non che le entrate (dei primi tre titoli del bilancio dell’ente locale) corrispondenti agli importi maturati in base alla delegazione siano divenuti di proprietà del creditore una volta che il tesoriere non abbia tempestivamente pagato. La norma non prevede questo meccanismo di appropriazione, che è tipico solo dell’escussione di una garanzia reale”, mentre la delegazione di pagamento costituisce garanzia impropria”.