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Attualità

Delibera CICR Agosto 2016 e anatocismo: prime riflessioni interpretative e operative in materia di finanziamenti a medio e lungo termine

13 Ottobre 2016

Antonio U. Petraglia

Di cosa si parla in questo articolo

Com’è noto, in data, 3 Agosto 2016, il CICR ha emanato la delibera attuativa in materia di anatocismo (cfr. contenuti correlati).

Al riguardo, concentrando la ns. analisi, in materia di finanziamento a medio e lungo termine, la delibera non aggiunge molto rispetto a quanto previsto dalla norma primaria se non (art. 3):

  1. che è vietata la produzione di interessi su interessi, salvo (significativamente, si ribadisce) quelli di mora;
  2. che a quest’ultimi (anche questa disposizione è emblematica) si applica il codice civile;
  3. Il decreto si applica agli interessi maturati a partire dal 1° ottobre 2016 con adeguamento dei contratti in corso (art. 5).

Quindi, dal 1° Ottobre, il sistema Bancario ha dovuto assumere decisioni operative in materia di interessi.

Cosa è cambiato rispetto alla norma primaria?

A nostro avviso, non è cambiato molto anche perché, nell’attività d’interpretazione della norma, occorre aver presenti i seguenti fondamentali canoni ermeneutici:

  1. Il CICR, anche storicamente nell’esegesi del Giudice delle leggi, ha ampi poteri normativi ed interpretativi; ma è anche vero che la sua attività deve, rigorosamente, svolgersi nell’alveo della norma delegante (pena eccesso di delega);
  2. Sia la norma primaria che quella secondaria devono ricevere un’interpretazione orientata ai canoni costituzionali e a quelli, sovraordinati, della normativa comunitaria.

Ora, a nostro avviso, ove si recepiscano tali canoni interpretativi, l’interpretazione già da noi sostenuta, relativamente alla norma primaria circa la decorrenza automatica degli interessi di mora sulle intere rate scadute dei finanziamenti, non dovrebbe subire modifiche anche a seguito della recente Delibera CICR.

Invero, l’unico elemento, importante, innovativo portato dal CICR in materia è il riferimento al codice civile per gli interessi moratori.

Al riguardo, secondo una prima tesi, sarebbe possibile sostenere, come già fatto in passato, che tale riferimento sarebbe al disposto dell’art. 1283 c.c. (ed alla stringente nota, normativa ivi contenuta).

Questa interpretazione potrebbe fondarsi sui seguenti rilievi:

  1. Essa sarebbe innovativa in melius (per il sistema bancario) perché la norma primaria direbbe che gli interessi si possono applicare sul solo capitale;
  2. Oppure è pleonastica, perché già questo era arguibile dalla norma primaria (allora, sostanzialmente, lo scenario sarebbe immutato rispetto agli altri soggetti giuridici debitori, secondo il generale sistema del codice civile).

Quindi, secondo tale approccio, se prima gli interessi non avrebbero potuto calcolarsi sugli interessi, ora, con la Delibera CICR, si direbbe che tali interessi possono prodursi pure a beneficio delle Banche, ma sempre nei limiti generali dell’art. 1283 c.c.

Resterebbe poi da capire se il CICR avesse poteri per operare una tale dilatazione rispetto al ventilato approccio molto limitativo della normativa primaria.

In nome dei canoni ermeneutici sopra invocati, allora delle due l’una: o il CICR va in eccesso di delega; o si limita a fare un’esegesi della norma primaria.

In definitiva, secondo questa tesi, ora, gli interessi di mora, per i finanziamenti a medio e lungo termine, sono regolati dall’art. 1283 c.c. e, dunque, per determinare la loro produzione occorre attivare il farraginoso meccanismo di tale articolo (aspettare 6 mesi dalla scadenza e agire per decreto ingiuntivo e/o in executivis).

In realtà, tale tesi, pur autorevolmente sostenuta, non è appagante, anche perché alla fine arriva a sostenere un processo di regolazione dell’anatocismo uguale al codice civile; e, dunque, non si capirebbe perché il legislatore (primario e secondario) sia ricorso a tutta una serie di formule articolate per giungere ad una tale semplice conclusione; raggiungibile in modo ben più lineare.

Né, ribadiamo, forse, il CICR aveva il potere di richiamare il codice civile in via interpretativa e, soprattutto, in via innovativa ampliando la casistica di produzione degli interessi moratori.

Forse, invece, la soluzione è nettamente diversa.

Già il legislatore primario, delegante, con il nuovo testo dell’art. 120 T.U.B., in via di deroga (già al 1283 c.c.), in un ambito in cui significativamente sta regolando l’anatocismo, ammette che gli interessi possono produrre interessi se questi sono di mora; cioè se afferiscono ad un qualcosa che scade; questa è la ratio che si coglie già nella normativa primaria, altrimenti non aveva alcun senso far riferimento agli interessi moratori (consentiti sugli interessi convenzionali).

La deroga o eccezione rispetto alla regola primaria (gli interessi decorrono solo sul capitale) è data dall’espressione (“salvo quelli di mora”) la quale sancisce il principio della produzione automatica di tali interessi ogni qual volta vi sia una scadenza civilistica derogando evidentemente al principio dell’art. 1283 c.c. il quale, regola, in modo strutturalmente diverso, il fenomeno di produzione degli interessi sugli interessi contemplando certi requisiti per la loro maturazione (come visto, scadenza di sei mesi e domanda giudiziale posteriore). Ammettendo, invece, la produzione della mora, la normativa speciale (rectius: eccezionale rispetto al sistema del codice civile) contempla un sistema automatico di maturazione di tale interesse in presenza di una scadenza infruttuosa, sia essa legale o contrattuale, proprio prescindendo dal meccanismo dell’art. 1283 c.c. (che, in caso contrario, sarebbe stato richiamato in via applicativa già dal legislatore primario). Il riferimento del CICR al codice civile si spiegherebbe, in tale prospettiva, quindi, come il richiamo alle altre norme sugli interessi di mora (artt. 1282 e 1224 c.c.) diverse dal 1283 c.c.(derogato). Sarebbe dunque già la norma primaria del 120 T.U.B. (da ultimo formulata) che neutralizza il sistema del 1283 c.c. introducendo una disciplina strutturalmente diversa ed incompatibile con esso.

Depone per tale interpretazione:

  • L’argomento letterale (“salvo quelli di mora” e il mancato richiamo al 1283 c.c.);
  • L’argomento teleologico: lo spirito della legge è quello di consentire l’automatica produzione di un meccanismo fisiologico sanzionatorio in presenza di una scadenza civilistica in senso tecnico (perché, in caso contrario, si incentiverebbe l’inadempimento);
  • L’argomento sistematico ed un’interpretazione orientata ai canoni della Costituzione ed ai principi dell’Unione.

Non esiste infatti, a livello europeo, una norma, nel sistema bancario, che, alle scadenze di rate di mutuo, prevede la mora solo sul capitale, anche in considerazione dei frequenti fenomeni di collateralizzazione dei mutui ipotecari (covered bond ecc..) e del principio della naturale fecondità del danaro che impone una esegesi a favore del creditore (e del sistema economico bancario finanziario in genere) e non a quella del debitore inadempiente (il quale, paradossalmente, con l’interpretazione contraria sarebbe, addirittura, disincentivato al regolare adempimento, prevedendosi un meccanismo di maturazione degli interessi sottoposto a farraginose regole generali civilistiche poco consoni alla efficace tutela del credito bancario indirettamente previsto per la salvaguardia dei risparmiatori.)

In conclusione, anche se, indubbiamente, la questione è controversa, in via interlocutoria, pure in assenza di chiarimenti o di interpretazioni consolidate o potrebbe, visti pure i tempi ristretti per gli adeguamenti (dal 1° ottobre), sostenersi l’interpretazione qui propugnata, per la quale, in materia di mutuo e finanziamenti con piano rateale in genere, non dovrebbero operarsi interventi sul sistema organizzativo, informatico o contrattuale, maturando la mora automaticamente sulle intere rate di finanziamento scadute ed insolute.

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