1) In virtù del necessario perseguimento del fine di lucro, sono legittimi, se congrui rispetto all’entità e la natura dell’operazione finanziaria che vanno a coprire, i costi, anche di natura propriamente finanziaria, applicati dall’istituto di credito in occasione della stipulazione di contratti derivati, essendo tali oneri finanziari per loro natura non preventivabili e, quindi, non preventivamente quantificabili.
2) I costi che l’istituto di credito applica ad un contratto derivato di tipo swap, qualora siano congrui rispetto all’entità e alla natura dello strumento finanziario a cui sono legati, devono essere definiti costi “impliciti” e non “occulti” e, pertanto, non incidono sull’equilibrio contrattuale.
3) La dichiarazione di operatore qualificato resa dal funzionario a tal fine legittimato impegna l’ente locale, a prescindere dalle sue dimensioni e dal tipo di contratto finanziario sottoscritto, qualora sia scaturita da un procedimento complesso al quale hanno partecipato anche gli organi di indirizzo politico.
4) Non viola gli obblighi informativi precontrattuali e contrattuali l’istituto di credito che valuta come operatore qualificato un Ente pubblico, seppur di piccole dimensioni, qualora la dichiarazione di possedere i requisiti di operatore qualificato provenga dal funzionario che ha pieni poteri a rilasciare la dichiarazione e non ci siano ulteriori elementi che possano far sospettare che la dichiarazione non sia veritiera.
5) L’investitore che intenda contestare la dichiarazione resa all’intermediario ha l’onere di provare che i requisiti di professionalità non esistevano al momento della dichiarazione e che l’intermediario ne fosse a conoscenza o che quest’ultimo fosse in possesso di dati ed elementi oggettivi che gli permettessero di fare una diversa valutazione del profilo del cliente (condivide e richiama Cass. N. 12138/2009).