Con provvedimento del 21 dicembre 2016, il Queen’s Bench ha confermato la giurisdizione inglese in merito alle domande proposte da un intermediario bancario nei confronti di un ente provinciale italiano, volte ad accertare la validità, e comunque la conformità alla normativa di legge, di taluni contratti derivati stipulati tra questi.
A fronte dell’eccezione di litispendenza internazionale mossa dall’ente provinciale italiano, fondata sul precedente avvio, presso il Tribunale di Roma, di un’azione risarcitoria nei confronti dell’intermediario, la Corte britannica ha rilevato che:
a) L’azione promossa dalla banca è fondata sull’ISDA Master Agreement, mentre l’azione promossa in Italia dall’ente provinciale è fondata su previsioni contrattuali diverse, tra le quali la violazione dell’obbligo di cura dell’interesse del cliente dovuto in base a un contratto di consulenza triennale [di circa un mese anteriore ai derivati, n.d.r.] relativo alla gestione finanziaria dell’ente;
b) Seppure è possibile che ci sia la sovrapposizione di questioni di diritto italiano nei due procedimenti, ciò non significa che i procedimenti solo per questo abbiano identità di causa ex art. 29 reg. 1215/2012;
c) I procedimenti non hanno lo stesso oggetto. Nella causa inglese, la banca agisce con una azione di mero accertamento relativea agli Swaps, senza pretesa ad alcun genere di danno. Nel giudizio italiano, l’ente provinciale non afferma che gli Swaps siano nulli, bensì pretende i danni conseguenti all’affermato inadempimento dei doveri derivanti dal contratto di consulenza.
d) Infine, gli esiti dei procedimenti non sono inconciliabili. La condanna al risarcimento dei danni presuppone infatti che gli Swaps siano validi, poichè diversamente non potrebbero essere dovuti dei danni.