Con la sentenza n. 504 del 29 giugno 2023 in materia di derivati stipulati con enti pubblici, il Tribunale di Spoleto ha confermato la validità dei contratti derivati interest rate swap (i.r.s.) conclusi tra un istituto bancario e un ente pubblico sotto il profilo formale, oggettivo e causale, precisando altresì che il criterio c.d. mark to market non concorre ad individuare la causa di tale contratto, ma rappresenta il costo al quale una parte può anticipatamente chiudere il contratto o il prezzo per il terzo che intende subentrarvi, così divenendo indicatore del valore corrente di mercato dello swap.
La vicenda trae origine da un giudizio promosso da un ente pubblico per la dichiarazione di nullità di un contratto derivato di tipo i.r.s. stipulato con un istituto bancario e avente come sottostante un prestito obbligazionario emesso dall’ente medesimo, spiegando numerose causae petendi, tra cui il difetto causale per assenza della finalità di copertura del rischio e l’indeterminabilità dell’oggetto a fronte della mancata indicazione, in sede di conclusione del contratto derivato, del criterio c.d. mark to market.
Il Tribunale di Spoleto ha rigettato le prospettazioni attoree, andando ad aggiungersi ai più recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di contratti derivati i.r.s.
Tra i temi di maggior interesse trattati dal tribunale umbro nella sentenza in commento, figurano, come detto, la mancanza di causa del contratto derivato e l’indeterminabilità dell’oggetto del medesimo contratto.
Con riferimento al primo profilo, il Tribunale ha significativamente statuito che “la funzione di copertura non concorre ad individuare la causa del contratto in esame”, ricordando l’insegnamento del noto arresto giurisprudenziale delle Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza n. 8770/2020, secondo il quale la causa del derivato i.r.s. non coincide con quella della scommessa, ma nella negoziazione e monetizzazione di un rischio finanziario che può appartenere o meno alle parti, dal momento che il contratto, frutto di una tradizione giuridica diversa da quella italiana, è espressione di una logica probabilistica, non avendo un’entità specificamente ed esattamente determinata.
Infatti, il Tribunale ha ricordato che nel caso dei derivati contratti da enti pubblici, come nella fattispecie di cui alla pronuncia in commento, la funzione primaria perseguita risiede, a ben vedere, nella rimodulazione del piano di ammortamento del prestito obbligazionario sottostante; funzione che non viola quanto disposto né dalla lettera f) dell’art. 3, secondo comma D.M. n. 389/2003, né dall’art. 41, secondo comma, secondo alinea, L. n. 448/2021.
Quanto all’indeterminabilità dell’oggetto a causa della mancata indicazione del criterio c.d. mark to market, la sentenza in questione ha ritenuto che esso non esprima il valore attuale del contratto, bensì una sua proiezione finanziaria, fondata su un valore teorico-prospettico del mercato nell’eventualità che esso venga risolto anticipatamente.
In altre parole, esso si sostanzierebbe nel costo che la parte sosterrebbe per chiudere il contratto, ovvero il prezzo che il terzo, disposto a subentrare, dovrebbe pagare, ad una certa data di valutazione, per potervi subentrare, offrendo quindi una simulazione giornaliera di chiusura della posizione e di stima delle conseguenti partite di debito/credito delle parti.
Il Tribunale di Spoleto ha quindi significativamente escluso che l’assenza dell’indicazione del mark to market conduca alla nullità del negozio.
In tal senso, la sentenza in commento ha condiviso il più recente orientamento giurisprudenziale di merito che hanno sancito la validità del contratto i.r.s. sotto il profilo oggettivo, individuando lo stesso nelle reciproche obbligazioni delle due parti di pagare l’una all’altra, a seconda dei casi, secondo scadenze prestabilite, il differenziale tra due somme, calcolate su un medesimo capitale di riferimento, con applicazione di due determinati parametri differenti per ciascuna delle due parti (cfr. Trib. Reggio Emilia, 23 febbraio 2023, n. 227, Trib. Pistoia, 22 dicembre 2022, n.1082, Corte App. Milano 22 marzo 2021 n. 921, Corte App. Milano 28 luglio 2020 n. 2003, Corte App. Milano 27 dicembre 2018 n. 5788, Corte App. Milano 24 settembre 2016 n. 3710).