Con Sentenza n. 1717 del 6 marzo 2023, il Tribunale di Milano si è espresso in materia di contratti derivati e mark to market.
Di seguito le massime espresse dal Tribunale di Milano sul tema.
- “il mark to market non” costituisce “l’oggetto del contratto di IRS: l’oggetto del contratto derivato è lo scambio di differenziali calcolati su un certo importo, detto nozionale, ad una determinata scadenza, mentre il mark to market costituisce un elemento diverso e in particolare rappresenta il valore di sostituzione del derivato in un dato momento; in secondo luogo l’elemento essenziale del contratto è costituito da un accordo in cui due controparti si scambiano pagamenti periodici di interessi, calcolati su una somma di denaro detta capitale nozionale di riferimento, per un periodo di tempo predefinito pari alla durata del contratto, e cioè fino alla scadenza dello stesso”;
- “tale valore non fa parte, quindi, dell’oggetto del contratto e d’altro canto il mark to market non è stato inserito esplicitamente dalle Sezioni Unite della Suprema Corte (v. Cass. S.U. n. 8770/20) tra gli elementi essenziali di un interest rate swap. La Corte, che si è occupata in tale occasione soltanto della questione dei contratti derivati stipulati da Comuni italiani sulla base della normativa vigente sino al 2013 (poi la legge ha escluso la possibilità di farvi ricorso), si è limitata ad affermare che l’ente locale poteva utilmente ed efficacemente stipulare un derivato di copertura solo in presenza di una precisa misurabilità/determinazione dell’oggetto contrattuale comprensiva sia del criterio del mark to market sia degli scenari probabilistici sia dei cd. costi occulti, ‘allo scopo di ridurre al minimo e dei rendere consapevole l’ente di ogni aspetto di aleatorietà del rapporto costituente una rilevante disarmonia nell’ambito delle regole relative alla contabilità pubblica, introduttiva di variabili non compatibili con la certezza degli impegni di spesa riportati in bilanciò. Non si comprende, pertanto, perché le predette affermazioni svolte dalle Sezioni Unite debbano rivestire, addirittura “innegabilmente” (v. invece in tal senso Cass. n. 21830/21), portata generale”;
- “non emerge, tantomeno in modo ‘palese’ (v. invece in tal senso Cass. n. 21830/21) che le Sezioni Unite abbiano espresso un ‘chiaro segnale adesivo’ all’orientamento che valorizza l’indicazione del mark to market, ovvero dei suoi criteri di calcolo, l’esplicitazione dei costi impliciti e la prospettazione dei cd. scenari probabilistici quali elementi essenziali del derivato, rilevanti ai fini della sua validità: non è ciò che risulta dal paragrafo 6.2, il quale si apre con l’affermazione che appare necessario verificare se si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell’alea senza concludere poi nei successivi paragrafetti sino al 6.7, in modo chiaro e univoco, quale sia stato il risultato di tale accertamento; né peraltro, una volta qualificato il contratto di swap come negozio a causa variabile, si comprende bene la differenza individuata dal Supremo Collegio tra la finalità assicurativa e la finalità di copertura di rischi sottostanti a cui i medesimi possono di volta in volta rispondere”;
- “difatti, che il mark to market non esprime affatto un valore concreto ed attuale, ma esclusivamente una proiezione finanziaria basata sul valore teorico di mercato in caso di risoluzione anticipata. Il valore del mark to market, infatti, è influenzato da una serie di fattori ed è quindi sistematicamente aggiustato in funzione dell’andamento dei mercati finanziari, dovendosi poi attrarre nell’ambito dei relativi parametri di determinazione anche l’up front erogato e l’utile per la banca (v. Cass. pen. 47421/11 e Cass. n. 9644/16)”;
- “anche le Sezioni Unite hanno affermato che (v. Cass. S.U. n. 8770/20) il mark to market rappresenta il costo al quale una parte può anticipatamente chiudere il contratto o un terzo estraneo all’operazione è disposto, alla data della valutazione, a subentrare nel derivato: così da divenire, in pratica, il valore corrente di mercato dello swap (il metodo de quo consiste, insomma, in una simulazione giornaliera di chiusura della posizione contrattuale e di stima del conseguente debito/credito delle parti). Nei fatti, per MTM s’intende principalmente la stima del valore effettivo del contratto ad una certa data (anche se, in astratto, il mark to market non esprime un valore concreto ed attuale, ma una proiezione finanziaria)”;
- “il mark to market è, dunque, tecnicamente un valore e non un prezzo, una grandezza monetaria teorica calcolata per l’ipotesi di cessazione del contratto prima del termine naturale. Più precisamente è un metodo di valutazione delle attività finanziarie che si contrappone a quello storico o di acquisizione attualizzato mediante indici di aggiornamento monetario, che consiste nel conferire a dette attività il valore che esse avrebbero in caso di rinegoziazione del contratto o di scioglimento del rapporto prima della scadenza naturale”;
- “la mancata previsione nel contratto di tali metodi e formule per calcolare il mark to market non può condurre alla dichiarazione di nullità del contratto”; “infatti per la Suprema Corte (v. Cass. S.U. n. 8770/20) il mark to market rappresenta il costo al quale una parte può anticipatamente chiudere il contratto o un terzo estraneo all’operazione è disposto, alla data della valutazione, a subentrare nel derivato: così da divenire, in pratica, il valore corrente di mercato dello swap (il metodo de quo consiste, insomma, in una simulazione giornaliera di chiusura della posizione contrattuale e di stima del conseguente debito/credito delle parti). Pertanto, lo stesso non attiene né all’oggetto del contratto di IRS (lo scambio di differenziali calcolati su un certo importo, detto nozionale, ad una determinata scadenza) né alla causa del contratto (la negoziazione e monetizzazione di un rischio finanziario, che si forma nel relativo mercato e che può appartenere o meno alle parti) per come sopra individuati”;
- “pertanto, se un contratto di IRS contiene gli elementi essenziali che sono le date di stipulazione, di inizio di decorrenza degli interessi, di scadenza e di pagamento, nonché il capitale di riferimento (cd. nozionale) ed i diversi tassi di interesse ad esso applicabili, lo stesso risulta perfettamente valido ed efficace e possibile di esecuzione”;
- “la mera mancanza dell’indicazione della formula matematica per calcolare il mark to market – ossia il costo al quale una parte può anticipatamente chiudere il contratto o un terzo estraneo all’operazione è disposto, alla data della valutazione, a subentrare nel derivato-, essendo pertinente ad una mera facoltà futura se prevista contrattualmente e comunque eventuale nello svolgimento del programma negoziale voluto dalle parti, non può certamente condurre ad una valutazione di nullità del contratto, posto che per affermare la nullità di un negozio occorre individuare il vizio inficia gravemente l’atto e che giustifica una condanna così perentoria circa la inidoneità dell’atto a produrre gli effetti voluti dalle parti”.